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il verdetto

“Ecomostro” di Pellaro, la confisca fu «sproporzionata». Italia condannata al risarcimento

Sentenza della Cedu sui terreni a Punta Perotti, Golfo degli Aranci e in Calabria. «I processi contro Gironda sono terminati con la prescrizione»

Pubblicato il: 12/07/2023 – 12:45
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“Ecomostro” di Pellaro, la confisca fu «sproporzionata». Italia condannata al risarcimento

STRASBURGO La Corte europea dei diritti umani ha stabilito che l’Italia deve pagare quasi un milione di euro a titolo di indennizzo a tre aziende e un individuo per i terreni che le autorità hanno confiscato per salvaguardare l’ambiente e le bellezze naturali del Belpaese. I terreni in questione sono un appezzamento a Punta Perotti, adiacente a quello dove sorgeva l’ecomostro (per la cui confisca l’Italia è stata condannata a Strasburgo nel 2009), uno a Golfo Aranci e altri a Testa di Cane e Fiumarella di Pellaro, in Calabria. L’indennizzo stabilito oggi, che per l’esattezza ammonta a 970 mila euro, è la diretta conseguenza della condanna inflitta dalla Corte di Strasburgo all’Italia nel giugno del 2018 per aver violato il diritto alla proprietà delle imprese (Giem Srl, Rita Sarda Srl e Falgest Srl) e di Filippo Gironda, proprietario al 50% di uno dei terreni, con una confisca ritenuta «sproporzionata», dato che tra l’altro le aziende «non sono mai state imputate in alcun processo per il reato di abusivismo», e i processi contro Gironda sono terminati con la prescrizione.

A quanto ammontano i risarcimenti

Quanto riconosciuto come indennizzo dalla Cedu non corrisponde minimamente alle somme richieste dalle imprese e da Gironda, che domandavano milioni di euro, ma è molto più alto di quello prospettato dal governo italiano, che in totale era pronto a pagare 349 mila euro. Nel calcolare quanto dovuto dall’Italia la Cedu ha tenuto conto principalmente di due fattori: le proprietà erano già state restituite e i terreni non erano più edificabili. La parte del leone, in base a quanto stabilito dai giudici di Strasburgo, va alla Falgest Srl. e Gironda: 700mila euro congiuntamente per il danno patrimoniale, 10 mila ciascuno per danni morali, e 70 mila per le spese processuali per i beni vicino a Reggio Calabria. Lo Stato dovrà invece versare 35mila euro per danni patrimoniali a Giem Srl, a cui deve anche 10mila per danni morali e 70mila per le spese legali per la proprietà a Punta Perotti. Mentre Rita Sarda Srl dovrà essere indennizzata con 35mila euro per danni patrimoniali e altri 30mila per le spese legali.

La pronuncia del 2018

La fissazione dei risarcimenti arriva dopo una pronuncia del 2018. Riguardo a Filippo Gironda, in quella sentenza la Corte afferma che l’Italia non ha rispettato il suo diritto alla presunzione d’innocenza. L’uomo, scrive la Corte, «è stato dichiarato colpevole, in sostanza, dalla Corte di Cassazione, nonostante il fatto che i processi per il reato imputatogli fosse finito per prescrizione».
«Certamente è una sentenza che restituisce giustizia alle persone ma nulla può, purtroppo, in ordine all’utilizzo degli immobili che in questi anni sono stati oggetto di gravi atti di vandalismo che comportano ingenti danni economici», disse all’epoca Giuseppe Falduto, uno dei soci della Falgest srl e del centro commerciale “Porto Bolaro”, in relazione al pronunciamento della Corte di Giustizia europea, in composizione plenaria, che ha accolto il ricorso delle società “Falgest srl” e “Gironda” alle quali erano stati sequestrati 40 appartamenti nel 2000 in località “Punta Pellaro”, nella periferia sud di Reggio Calabria.
Le unità abitative facevano parte di un residence turistico, quasi ultimato. Le imprese erano state denunciate per presunti abusi edilizi in relazione alla destinazione d’uso degli immobili, costruzioni sequestrate dal giudice di primo grado, nonostante l’assoluzione penale dei responsabili delle due aziende. In Appello, i giudici avevano non solo confermato l’innocenza degli imprenditori, ma liberato gli immobili anche dal gravame della confisca. Il Procuratore Generale, avverso l’assoluzione, aveva però avanzato ricorso in Cassazione e la Suprema Corte, ribaltando la sentenza di secondo grado, aveva la sentenza di primo grado, ripristinando anche la misura della confisca del bene. Da qui, i titolari delle due imprese, assistiti dall’avvocato Andrea Saccucci, hanno proposto ricorso alla Corte di Giustizia europea che ha sancito adesso con la sua sentenza l’impossibilità dell’applicazione della confisca in mancanza di una condanna penale definitiva.

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