Un’emergenza calabrese, soprattutto calabrese. La “pressione” della ‘ndrangheta sulla pubblica amministrazione in Calabria è un dato ormai cristallizzato e lo conferma anche l’ultimo aggiornamento statistico, prodotto dall’osservatorio sicuramente più privilegiato e informato: il ministero dell’Interno. Nel tradizionale dossier che il Viminale pubblica nel periodo di Ferragosto, infatti, emerge che la Calabria, sia pure in coabitazione, continua a registrare il record negativo di Comuni sciolti per presunte infiltrazioni della criminalità organizzata o di Comuni il cui commissariamento determinato dallo scioglimento è prorogato perché ancora non si sono ripristinate le condizioni per un ritorno alla gestione ordinaria. Nel dossier del ministero guidato da Matteo Piantedosi si specifica che dal 22 ottobre scorso in totale in Italia i provvedimenti di scioglimento adottati nei confronti di Comuni “infiltrati” sono stati 10: di questi 3 in Calabria come 3 in Sicilia, poi 2 nel Lazio (Anzio e Nettuno, peraltro infiltrati dalla ‘ndrangheta) e uno in Puglia e n Campania. Le proroghe di scioglimento invece – sempre dal 22 ottobre 2022 – sono state 14, e di queste 5 in Calabria, una in più rispetto alla Campania e due in più rispetto alla Sicilia. In Calabria inoltre da ottobre 2022 ci sono in corso due accessi ispettivi antimafia in due Comuni (qui il record è della Campania con 3). Se si considerano questi dati in riferimento alla popolazione e al numero dei Comuni delle regioni interessate è evidente che i dati della Calabria sono quelli più preoccupanti. La Calabria infine – secondo il report del Viminale – è la seconda regione nella quale per il Viminale si sono registrati più atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali nei primi sei mesi del 2023: sono stati 29, come Lombardia, due in meno della Campania. (c. a.)
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