VIBO VALENTIA «Per questa volta è andata così, la prossima volta quando portate il pane di mattina, portatelo a 2.50 perché qui il pane, a Mileto, a Vibo è così, nella vostra provincia fate quello che volete». «A Mileto, a Vibo è così». Il prezzo del pane era imposto dalle ‘ndrine che controllavano il territorio. Anche i panifici, distributori di un bene essenziale, dovevano sottostare alle regole non scritte dell’organizzazione criminale. Un business gestito da un vero e proprio cartello criminale mediante il quale venivano ripartite le zone di vendita in relazione ad accordi criminali intrapresi dalle strutture di ‘ndrangheta operanti nei diversi territori. Una forza asfissiante emersa nell’inchiesta “Maestrale-Carthago” coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che ha portato a misure cautelari nei confronti di 84 soggetti (29 in carcere, 52 ai domiciliari e 3 con obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria). Nell’inchiesta sono rimasti coinvolti professionisti, imprenditori e appartenenti alle varie consorterie del Vibonese. Le ‘ndrine esercitavano il controllo, oltre che sui panifici, anche sugli esercizi commerciali del settore turistico-alberghiero sulla “Costa degli Dei”.
Al di sotto di due euro e cinquanta al chilo non si poteva scendere. La gestione criminale dei rivenditori del pane – scrivono gli investigatori nelle carte dell’inchiesta – emerge da una conversazione captata mediante intercettazione telematica attiva sullo smartphone di Pasquale Mesiano con Raffaele Corigliano. Oggetto della conversazione la gestione della vendita del pane effettuata di comune accordo con i referenti delle strutture criminali e la fissazione di un prezzo di cartello che nella provincia di Vibo Valentia è 2,50 euro per chilo. Ma quando un nuovo esercizio commerciale, un’azienda della grande distribuzione che apre a Pizzo – «disconoscendo il “Sistema Vibo”, mette in promozione il pane a 1 euro» – saltano i piani e i due iniziano a lamentarsi: «Eh com’è Pasquale!… domani mi apre quella struttura nuova e se ne sono usciti con il pane ad 1 euro!…».
«Senti vedi che è un problema venerdì sai? Per il fatto del pane… ma lo devi fare per forza? ah!, e allora fatelo! Giusto! però poi non è che va aumentato per gli altri! eh eh! con questa botta qua diventerà un porcile dopo, la cosa non si appiana più…”», è il tentativo di intercessione (andato male), attraverso una terza persona per impedire a questi di praticare la campagna promozionale. Nel corso delle conversazioni – scrivono ancora gli inquirenti – emerge la preoccupazione circa le ripercussioni della scelta commerciale dell’azienda che determinerà una pretesa specifica dei commercianti che finora hanno rispettato il prezzo di cartello di 2,50 € al kg. Emblematica è la frase pronunciata Mesiano relativa alla rottura del prezzo di cartello per la Provincia di Vibo «che rompiamo la provincia di Vibo». Effettivamente a seguito della scelta promozionale dell’esercizio commerciale a Pizzo, «alcuni panifici, contravvenendo alle regole sul prezzo imposto cercheranno di vendere il pane a 0,90 centesimi, scatenando le ire di Mesiano. Era proprio la famiglia Mesiano – scrivono gli investigatori – a «controllare in maniera capillare tutto il mercato del pane». In una chiamata intercorsa tra Pasquale Mesiano e il fratello Saverio ci si chiedeva come mai un esercizio commerciale non stesse ordinando più il pane “secco” da loro quando invece, fino a poco tempo fa, faceva ordini corposi anche di 10 cartoni per volta: «[…] pane secco da voi ne sta prendendo? …Da me non ne prende! Da voi non lo prende neanche! Ma da chi cazzo lo prende il pane secco? e perché è strano a Pasquale, questa il pane secco lo prendeva, e ne prendeva 10 cartoni solo di mais!».
«A Vibo è così», una frase utilizzata probabilmente anche in altri settori, ad esempio quello turistico-alberghiero, riguardo al quale le ‘ndrine, sulla “Costa degli Dei”, dimostrano grande interesse. Sono diversi i passaggi contenuti nelle carte dell’inchiesta in cui si fa riferimento al tema. Nel settore in questione, scrivono gli investigatori, i Mancuso hanno dimostrato di esercitare «il loro potere con l’imposizione di “tangenti”, di “forniture” e di “guardianie” che, di fatto, garantiscono l’ingerenza della cosca nella gestione delle citate attività».
Nelle carte dell’inchiesta l’ipotesi investigativa secondo cui la compagine criminale Barbieri/Bonavita/Accorinti di fatto, pone in essere una attività estorsiva a danno di una struttura turistica nel Vibonese, «viene riscontrata sia dalle somme di denaro pretese, sia da altri atteggiamenti tipici dell’agire mafioso. Questa – si legge – si concretizza, altresì, attraverso la forza intimidatrice derivante dallo status criminale ormai riconosciuto e attuato sul territorio dai suoi appartenenti, che, nella fattispecie, monopolizza il libero mercato dell’offerta. Nel corso del monitoraggio, infatti, è stato possibile accertare un controllo diretto, da parte di questi, che – in modo del tutto arbitrario – indirizzano gli acquisti del villaggio verso un determinato fornitore. Condotta, questa, che si concretizza nel vantaggio della compagine criminale di operare un capillare controllo del territorio, arrecando, contestualmente, un danno patrimoniale alla struttura turistica, impedita nella libertà di selezione dei propri fornitori di materie prime». «L’invadenza» della famiglia Bonavita negli affari delle strutture ricettive, e pertanto «il controllo diretto che questi esercitano in termini di riscossione delle tangenti ed imposizione dei fornitori, viene esercitata anche attraverso il diritto di veto che gli stessi esercitano nei confronti delle assunzioni del personale all’interno del villaggio». E poi ancora, altro esempio di strapotere dei clan è il controllo del settore turistico nel territorio di Briatico, in cui, scrivono gli inquirenti, emergeva chiaramente anche nella divisione delle spiagge di quel comune, tant’era che personaggi della ‘ndrangheta locale si sostituiscono alla gestione pubblica assegnando delle vere e proprie “concessioni demaniali”».
x
x