Ho letto la replica della dottoressa Petrusewicz al mio intervento su Rende. Tralascio ogni considerazione sugli aspetti inerenti l’inchiesta Reset poiché ho sempre detto che essa non mi riguarda. Certo , lo scioglimento del Comune è avvenuto partendo da quella inchiesta ma il mio giudizio su Rende rimane essenzialmente e unicamente politico e auguro veramente di cuore all’avvocato Manna di uscire immune da ogni accusa. Del resto, dovrà essere proprio la dottoressa Petrusewicz a impugnare lo scioglimento e sarà la giustizia amministrativa a stabilire se era fondato o meno. Qualsiasi decisione la accetteremo come democratici.
Il punto è il civismo ma anche ciò che mi dice la ex vice sindaca, cioè sul mio approdo dalla Dc a Fratelli d’Italia francamente suscita tenerezza e anche rispetto. Mi pare che la storia rivoluzionaria della Petrusewicz sia epilogata in maniera non proprio coerente, atteso che è finita a governare in condizioni di assoluta confusione.
La Petrusewicz saprà che considero Giacomo Mancini tra i più grandi uomini politici della prima Repubblica ma sa pure che divenne sindaco grazie a un’alleanza intelligente con pezzi della destra e non con i vecchi esponenti di Potere Operaio ché, anzi, gli prepararono una lista contro.
In ogni caso era una stagione di transizione. Che oggi non esiste più.
E l’esperienza di Rende va archiviata sul piano politico non certo su quello giudiziario. Mi preme, nel rispetto per la storia personale della Petrusewicz, consigliare la pericolosità di paragoni improponibili anche come metafora. Lasciamo la tristezza del 1 settembre 1939 al suo contesto storico tragico. Anche i paragoni hanno bisogno di prudenza così come le libere espressioni di garantismo di continenza. La Calabria paga anche lo scotto di avere subìto domini culturali impropri da parte di rivoluzionari che in realtà si sono rivelati occupatori intelligenti del potere. Non operaio ma borghese.
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