ROSARNO «Sventurata la terra che ha bisogno di eroi» diceva Bertolt Brecht, ma forse è ancora più sventurata la terra che i propri eroi li dimentica. La storia di Peppe Valarioti deve essere raccontata: il rivoluzionario mite di Rosarno è protagonista della terza inchiesta di “Calabria dell’altro Mondo“, in onda questa sera alle 21 su L’altro Corriere Tv (Canale 75 del digitale terrestre).
Era il 31 marzo 2023, quando la nipote e l’ex compagna di Peppe Valarioti, Carmela Ferro e Vanessa Ciurleo denunciano – a seguito alla manifestazione organizzata dal comune di Gioia Tauro per protestare contro le minacce e le intimidazioni messe in atto dalle cosche mafiose nel territorio della piana, «il silenzio e la dimenticanza che ancora una volta oscura il nome e la storia di un giovane che proprio in questo territorio, suo territorio, è stato ucciso dalla violenza mafiosa».
Il giovane intellettuale, docente di lettere, appassionato di archeologia e segretario di sezione dell’allora Pci di Rosarno è stato ucciso dalla ‘ndrangheta.
È il 10 giugno 1980 quando il Partito Comunista risulta il primo partito eletto a Rosarno con 2.049 voti (pari al 29,45%). La sera, alcuni compagni – compreso Valarioti – decidono di festeggiare. «Credo che nessuno, al di fuori dei presenti, sapesse di quella cena decisa quasi all’ultimo minuto, tantomeno che sarebbero andati alla “Pergola” (tra San Ferdinando e Marina di Nicotera)», racconta Rocco Lentini – scrittore e amico di Valarioti. All’uscita dal ristorante, il giovane segretario del Pci si dirige verso la propria auto, ma viene raggiunto dai colpi di lupara. La ‘ndrangheta ha emesso la sua sentenza. Valarioti morirà dopo una disperata e inutile corsa in ospedale. Seguiranno «depistaggi, insabbiamenti, inspiegabili ritardi, prima di giungere al processo».
La notte nasconde i volti degli assassini, svaniti nel nulla dopo l’agguato mortale. In quella sera d’estate si infrangono i sogni di chi era riuscito a respingere il tentativo della criminalità organizzata di allungare i tentacoli sulla res publica. Erano gli anni delle lotte per i diritti sociali e civili e la ‘ndrangheta si mostrava decisa a cancellare quella immagine stereotipata di chi, sbagliando, la considerava una mera organizzazione di pecorai rozzi e selvaggi.
Peppe Valarioti, con i compagni di partito, «si è battuto per la terra e per chi la lavora», ripete a distanza di 43 anni dall’omicidio, il suo migliore amico Giuseppe Lavorato (l’ultimo a stringere tra le braccia Valarioti). Quella stessa terra, ancora oggi, dimentica il 30enne ucciso per il suo pensiero libero. Il suo sacrificio ha ispirato coloro che condividono i suoi stessi valori e le sue stesse battaglie, ma non è stato adeguatamente riconosciuto in tutta la sua forza morale e simbolica. Forse hanno ragione Carmela Ferro e Vanessa Ciurleo quando sostengono che «è ancora più sventurata la terra che i propri eroi li dimentica».
(redazione@corrierecal.it)
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