ROCCABERNARDA Una vera e propria «attività predatoria» fatta di minacce, estorsioni e danneggiamenti. Una cellula criminale di stampo ‘ndranghetista, quella di Roccabernarda, che negli anni avrebbe raggiunto totale autonomia. È quanto emerge dalle indagini coordinate della Dda di Catanzaro e che hanno portato all’operazione eseguita nel comune crotonese e all’arresto di tre persone. Tra questi spicca Antonio Santo Bagnato, classe ’67, già condannato all’ergastolo in via definitiva e considerato dagli inquirenti «capo indiscusso» del locale di Roccabernarda. Bagnato e mandante dell’omicidio di Rocco Castiglione, avvenuto a maggio del 2014, in quanto «personaggio non allineato alle direttive del gruppo criminale rocchese e, quindi, bersaglio del Bagnato e dei suoi uomini».
Le indagini si legano ad altre due operazioni, “Trigarium” e “Capitastrum”. In entrambe era stato coinvolto Antonio Santo Bagnato, condannato all’ergastolo per la prima e a 18 anni e 8 mesi per la seconda. Attorno alla figura di Bagnato, secondo gli inquirenti, si sarebbe formata e rafforzata «un’autonoma cellula di ‘ndrangheta», in precedenza semplice articolazione del locale di Petilia Policastro. Le attività del clan Bagnato, secondo gli investigatori della distrettuale antimafia, miravano «all’accaparramento di terreni e beni immobili» tramite intimidazioni ed estorsioni, oltre ad una «attività omicidiaria finalizzata a riservarsi il potere ed il monopolio della forza sull’area territoriale di riferimento». Da qui una serie di minacce, danneggiamenti, ma anche di una «redazione di falsi testamenti olografi» grazie ai quali avrebbero «estorto numerosi terreni ad agricoltori dell’area di Roccabernarda, appropriandosene ed intestandoli a soggetti compiacenti». Un’attività che gli inquirenti definiscono «predatoria», prova dell’ormai «acclarata esistenza ed operatività del locale di Roccabernarda». (ma. ru.)
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