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Il caso

Morta “Anna” con il suicidio assistito, la prima con assistenza del Ssn

Era affetta da sclerosi multipla. La somministrazione fatale dopo la sentenza del Tribunale di Trieste

Pubblicato il: 12/12/2023 – 15:26
Morta “Anna” con il suicidio assistito, la prima con assistenza del Ssn

TRIESTE “Anna” (nome di fantasia a tutela della privacy), una donna di 55 anni affetta da sclerosi multipla secondariamente progressiva, è morta lo scorso 28 novembre a casa sua, a Trieste , a seguito dell’autosomministrazione di un farmaco letale. Dopo aver atteso un anno dalla sua richiesta, “Anna” è la prima italiana ad aver completato la procedura prevista dalla Consulta con la sentenza “Cappato\Antoniani”, con l’assistenza diretta del Servizio sanitario nazionale (SSN), a seguito dell “ordine del Tribunale di Trieste”: infatti il ​​farmaco letale e la strumentazione sono stati forniti dal SSN e un medico individuato dall’azienda sanitaria, su base volontaria, ha provveduto a supportare l’azione richiesta nell’ambito e con i limiti previsti dalla Ordinanza Cautelare pronunciata dal Tribunale di Trieste , il 4 luglio 2023, e quindi senza intervenire direttamente nella somministrazione del farmaco, azione che è rimasta di esclusiva spettanza di “Anna”.

Il legale della donna: «Ha dovuto rivolgersi ai Tribunali per un suo diritto»

«”Anna” è la prima persona malata che ha visto riconoscere, da parte dei medici incaricati di effettuare le verifiche sulle condizioni, che l’assistenza continua alla persona è assistenza vitale, così anche la dipendenza meccanica non esclusiva garantita attraverso l ‘impiego di supporto ventilatorio (CPAP) nelle ore di sonno notturno.
Emerge che, rispetto alla procedura eseguita di riscontro delle condizioni di una persona malata in Friuli Venezia Giulia, risulta non fondato e paradossale il diniego ricevuto invece nel Lazio da Sibilla Barbieri, anche lei dipendente da trattamenti vitali ma costretta a morire in Svizzera. Per la prima volta inoltre in Italia una persona ha avuto accesso all’aiuto alla morte volontaria interamente nell’ambito del Servizio sanitario pubblico a seguito dell’ordine di un Giudice», ha dichiarato Filomena Gallo, avvocata e Segretaria dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, che coordina il collegio legale di studio e difesa. «”Anna” per ottenere il rispetto della sua volontà e l’applicazione della sentenza “Cappato” della Consulta ha dovuto rivolgersi alla giustizia civile e penale, con grande fatica ha voluto depositare personalmente dai Carabinieri l’esposto contro ASUGI e partecipare sempre in persona alla prima udienza civile in Tribunale a Trieste , che ha poi emesso una ordinanza di condanna di ASUGI di applicare la sentenza della Consulta, e, sussistendo tutte le condizioni indicate dalla Corte Costituzionale con sentenza 242/19, si è fatta carico dell’intero percorso. Ha dunque messo a disposizione il farmaco, la strumentazione e il personale sanitario su base volontaria. Abbiamo vigilato sull’intera procedura, a volte sollecitando alcuni passaggi».

L’ultimo messaggio di “Anna”

La donna ha voluto lasciare un messaggio: «Anna” è il nome che avevo scelto e, per il rispetto della privacy della mia famiglia, resterò “Anna”. Ho amato con tutta me stessa la vita, i miei cari e con la stessa intensità ho resistito in un corpo non più mio. Ho pero’ deciso di porre fine alle sofferenze che provo perché oramai sono davvero intollerabili. Voglio ringraziare chi mi ha aiutato a fare rispettare la mia volonta’, la mia famiglia che mi e’ stata vicina fino all’ultimo. Io oggi sono libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la liberta’ di poter scegliere».

Luca Coscioni: «Il diritto si sta faticosamente affermando»

«Il diritto di scelta alla fine della vita – dichiara Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni – si sta faticosamente affermando, nonostante ostruzionismi e resistenze ideologiche che sono sempre piu’ lontane dal sentire popolare, come dimostra anche il recente sondaggio ‘Osservatorio sul Nord Est’ pubblicato dal Gazzettino, secondo cui oltre otto persone su dieci (82%) si dichiarano d’accordo con l’idea che “quando una persona ha una malattia incurabile, e vive con gravi sofferenze fisiche, è giusto che i medici possano aiutarla a morire se il paziente lo richiede”. Il dato è confermato su tutto il territorio nazionale anche da una seconda rilevazione, questa volta curata dal Censis. Anche in questo caso i favorevoli sono la maggioranza: il 74% degli intervistati (80% degli elettori di FDI, 79% della Lega, 86% di Forza Italia, 83% del M5S, 88% del PD). Ora occorre lavorare sui tempi. Non deve più essere consentito di far attendere quasi un anno fra sofferenze intollerabili e condizioni che peggiorano con il rischio – come stava accadendo ad ‘Anna’ – di perdere le ultime forze necessarie per l’autosomministrazione del farmaco letale».

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