Si è finalmente tenuta la Conferenza stampa di fine anno della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ci aspettavamo un serio confronto tra la premier e i giornalisti sull’emendamento che vuole evitare la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare votato dalla maggioranza con sostegno terzopolista. Nelle cronache della conferenza abbiamo registrato solo l’introduzione del presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli che ha detto: «In questa sala ci sono alcuni banchi vuoti: per la prima volta nella storia decennale di questo tradizionale appuntamento la Fnsi ha inteso disertare per protesta la conferenza stampa. Una protesta che nella sostanza condivido. Ci allarma, infatti, l’approvazione, avvenuta nei giorni scorsi di un emendamento che rischia di far calare il sipario sull’informazione in materia giudiziaria. Ci preoccupano, a questo proposito, certe espressioni ingiuste e calunniose di alcuni parlamentari». Tutto qua. Una protesta fallita a leggere i giornali di venerdì mattina. Nessun titolo, nessuna domanda. Persino testate come il Fatto Quotidiano che della cronaca giudiziaria fa il suo campo principale d’azione ne fa cenno.
E’ tutto molto grave. Privare la cronaca giudiziaria dei documenti in cui si formulano le accuse e i motivi di carcerazione delle Procure lede il diritto costituzionale dell’informazione e ritengo sia un vulnus per il cittadino. Da quello che si comprende, il fermato, l’arrestato, spariranno dalla scena pubblica, novelli desaparecidos che avranno problemi a sostenere le loro eventuali ragioni. In una Calabria in cui tanti signori K sono stati ingiustamente detenuti o accusati aggrappandosi all’informazione per difendersi e che sono stati assolti dopo anni non avranno più questa possibilità fino alla data del rinvio a giudizio. Nascerà un mercato nero delle notizie a orecchio non suffragato da atti certi.
Tutto questo ha origine per delle storture di un processo mediatico che è stato spesso adagiato sulle tesi dell’accusa. Ma la toppa che si propone è decisamente peggiore del buco. Un provvedimento da paese sudamericano. Si può sperare sull’equilibrio del presidente Mattarella che non firmi la legge e dia delle osservazioni. Ma con l’ignavia dei diretti interessati, noi giornalisti, non si va da nessuna parte. Il bavaglio è già arrivato. Se il provvedimento passasse, in futuro evitiamo di commemorare Pippo Fava e Giancarlo Siani che sulle carte giudiziarie hanno sacrificato la loro esistenza. Sarebbe un monumento all’incoerenza. A chi interessa la questione, io e questa testata certamente, non ci resterebbe che la disobbedienza civile. Costi quel che costi. Una stampa nazionale che non brilla per osservazione lungimirante e critica. In circa quattro ore di conferenza stampa con la Meloni e in 45 domande nessuno ha posto un quesito sulla Questione meridionale e il Ponte. Il più grande divario del mondo dimenticato. Dati inoppugnabili indicano che nei prossimi anni il Meridione sarà spopolato e anziano. Nessuno, ribadiamo, ha posto la questione. Solo il quotidiano digitale Calabria.live ha aperto il suo giornale con il titolo: “La stampa dimentica il Mezzogiorno”.
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Sul foglio rosa dei capitalisti mondiali, il Financial Times, Maria Shollenbarger curatrice della rubrica dei viaggi, ha posto anche la Calabria “tra le fughe in cui puoi lasciarti tutto alle spalle”. Notizia sicuramente positiva vedere un’intera regione equiparata agli scenari sbalorditivi e incontaminati di Central Otago in Nuova Zelanda, al delta dell’Okavango in Botswana, o la sperduta isola greca delle Egadi di Folegandros. Essere un posto esotico solleva la fantasia e i desideri di esodo di chi fugge il turismo massificato. Nicchia importante. Solo che la poliedrica collega Maria come un’intelligenza artificiale ha arricchito il suo pezzo di atmosfera criminale (Il Padrino è nato negli Usa) di corruzione (negli States i candidati presidenti hanno processo pendenti per lo stesso motivo) e riferimenti al celebre non finito calabrese che dobbiamo convenire esiste. Teniamoci stretti quindi i riferimenti alle barche di Scilla, agli incantevoli tratti di costa marina, e i riferimenti magnogreci con i Bronzi in testa. Molte stelle per Tropea, la nostra principale mete turistica internazionale, con esultanze del suo primo cittadino che ha fatto finta di non leggere le contraddizioni della nostra modernità.
Che dire di più? Che la blasonata columnist del Ft mi ha ricordato quel vecchio film americano “Lo sport preferito dell’uomo” in cui il protagonista interpretato da Rock Hudson, autore di un apprezzato manuale di pesca, non ha mai pescato in vita sua e prova repulsione per i pesci. Maria mi è sembrata una giornalista che viaggia con il computer. Comunque, ricconi che leggete il Financial Times venite nell’esotica Calabria. Vi darà soddisfazione.
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Maria non penso avrà visto il Capodanno in Calabria su Rai international, a differenza di oriundi e paisà che hanno avuto piacere di incrociare la loro terra d’origine. L’operazione Amadeus è riuscita, ha l’audience facile quel programma. Ci abbiamo guadagnato cartoline e trasmissioni extra nel palinsesto del servizio pubblico. Aspettando di conoscere la piazza dell’anno prossimo (contratto biennale con Raicom pagato a prezzo di mercato) qualche nota a margine delle critiche social. Difficile celebrare Pitagora e Alcmeone su un palco pop tendenza trash. A chi voleva l’indigeno Sergio Cammariere nello show facciamo notare che certe atmosfere intime e autoriali non si legano alle ragioni dell’audience. Dispiace anche per il jazzista Lino Patruno, ma anche lui era fuori contesto. Si poteva fare meglio e di più con Rino Gaetano. L’anno prossimo, considerato che siamo committenti, trattiamo meglio con i manager. Anche nelle ore più pigre della scaletta a tarda notte si possono inserire giovani talenti calabresi. Vi assicuro che è un risultato possibile. E la cartolina del capoluogo Catanzaro sia trasmessa in prima fascia oraria. Altrimenti quella che è stata una causalità verrà rubricata a complotto che nessuno ha ordito.
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Altre piazze. A Cosenza il Capodanno collettivo è calendario urbano da quando Giacomo Mancini organizzò nel 2000 quello con Battiato. Con Giorgia operazione riuscita, fatta eccezione per l’assenza di schermi giganti indispensabili per gli eventi di massa. A Corigliano-Rossano che sperava in quello Rai, il volitivo sindaco Stasi ha offerto uno spettacolo d’eccezione con Max Pezzali dimostrando buona autodeterminazione e con buona pace di chi paventava rischi di crollo per piazza Salotto. Fa piacere che nello stesso distretto Cassano Jonio abbia differenziando l’offerta con il reggae alternativo di Boomdabash. Ben riuscita anche l’operazione Capodanno a Catanzaro del sindaco Fiorita che senza nomi astronomici per compenso con buona musica di tendenza ha visto migliaia di persone sciamare tra piazza e corso fino all’alba. A Reggio Calabria il baccanale è stato affidato a dei Dj locali, scelta che ci può stare, ma molti reggini avrebbero preferito un artista di grido; magari Al Bano invece di celebrare i Bronzi che poco ci azzeccava poteva essere nome di richiamo a Capodanno. Tutto sommato le municipalità principali calabresi hanno onorato la festa. Un buon risultato collettivo che non ha bisogno di scegliere quello migliore. Condivido su questo quanto asserito da Sergio Dragone: «Si facciano funzionare le città, gli ospedali, gli impianti di depurazione, le scuole e le università. E’ questo il terreno del sano campanilismo che mi piacerebbe vedere in Calabria».
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Quasi un milione di ascolto su RaiTre per il film “L’afide e la formica” del regista lametino Mario Vitale e primo titolo nella classifica streaming di Raiplay dove il film è ancora visibile. Un tempo un giovane autore cinematografico calabrese per fare cinema andava via. Oggi trova condizioni di contesto per realizzarsi. Mi sembra una bella notizia.
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