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Federica Greco, l’orgoglio calabro e l’affascinante «sfida» al panettone lombardo

Tanti riconoscimenti per la pasticcera di San Giovanni in Fiore. «Ho scelto di restare in Calabria, avevo bisogno di svolgere un’attività creativa»

Pubblicato il: 19/01/2024 – 7:51
di Emiliano Morrone
Federica Greco, l’orgoglio calabro e l’affascinante «sfida» al panettone lombardo

«Le storie fanno bene, le storie fanno crescere, sono uno stimolo di riflessione». Con queste parole, Luigi Gubitosi, presidente della Luiss, ha convinto Paola Cortellesi a raccontarsi all’inaugurazione dell’anno accademico dell’ateneo, fondato da Umberto Agnelli.  Le storie hanno una struttura complessa: contengono raccordi tra passato, presente e futuro, testimonianze e dettagli che attivano il pensiero di là dal perimetro dell’esperienza descritta. In parallelo esistono le «stories», rapide, curiose, fruibili, in cui l’immagine esprime il contenuto. Si tratta di foto oppure video ad accesso e diffusione universale, dal messaggio condensato, efficace ma povero di riferimenti, privo di argomentazioni e profondità, oggetto di interazioni istantanee non meditate, di opzioni di gradimento prestabilite, fisse, “esclusive”. Le stories si estinguono subito, in poche ore scompaiono per statuto: devono lasciare il posto ad altre che mantengano e alimentino il traffico degli utenti-clienti. Le stories sono spesso funzionali al mercato e di solito rispondono a un principio degenere, che potremmo riassumere nel motto «non pensi, dunque sei», tipico della società liquida cui manca la coscienza, la dimensione del tempo. Nell’ambito delle stories, ormai divenute strumento principe della comunicazione politica, non è concesso spazio al giudizio critico e la risposta emotiva ha contorni e dinamiche da fideismo. Nelle stories manca l’orizzonte e non c’è logos, discorso articolato, cioè l’elemento chiave dell’altrui comprensione, concordia, consenso. In termini spiccioli, mediante le stories si presenta e offre un prodotto al consumo; aspetto non ancora colto da larga parte della classe politica, che rischia l’oblio, quindi la surroga, poiché non spiega né veicola la propria visione del futuro e insiste, di contro, su “brand” elettorali proprietari, costruiti con artifici digitali.
Le storie, invece, ci restituiscono il sapore delle cose, l’autenticità di persone e di contesti, il valore della vita e delle sue stagioni, esempi di scommesse e di passione. Le storie sono un antidoto all’eterno presente della contraffazione digitale e commerciale.
Occhi scuri e capelli bruni, volto disteso e composta nei modi, Federica Greco è una pasticciera di 24 anni che lavora a San Giovanni in Fiore, nella piccola azienda dolciaria di famiglia nata nel 2000, proprio quando si temeva che il «millennium bug» bloccasse il mondo, secondo una riedizione postmoderna del vecchio millenarismo, ben presente nell’esegesi dell’abate Gioacchino (1135 circa-1202) e nel séguito della sua opera. «Finito il liceo scientifico, non avevo voglia – esordisce l’intervistata – di iscrivermi all’università, perché volevo dedicarmi a un obiettivo preciso, senza perdere tempo e vagare nella successiva ricerca di un’occupazione. Così, decisi di mettermi in gioco nel laboratorio dei miei genitori. Sentii pressante il bisogno di svolgere un’attività creativa, di inventare qualcosa di originale per distinguermi, migliorarmi e crescere sul piano professionale e personale».
Federica disponeva degli strumenti del mestiere, che però non sapeva maneggiare. «Non volevo andare via – precisa – come tanti altri coetanei. Se i giovani partono e non ritornano, la Calabria si svuota, si perdono occasioni di confronto e non c’è verso di progredire. Così scelsi di studiare la lievitazione del panettone, per avviare una produzione artigianale di qualità e sfidare nel mio piccolo il mercato di questo dolce lombardo, che premia i colossi e le ultime strategie del commercio». La ragazza andò quindi a Roma, frequentò appositi corsi e incominciò la pratica nell’azienda di famiglia; dapprima, confessa, «con risultati scoraggianti».
Ma il fascino del suo lavoro prevalse e le forti motivazioni la spinsero a proseguire. «La lievitazione – chiarisce Federica – è un’arte che richiede tanto sacrificio, una ricerca continua e la cura assoluta di ogni particolare. Dopo due anni di lezioni, stage, applicazione e pratica ostinata, ho raggiunto un traguardo significativo: il mio panettone al cioccolato si è classificato tra i primi dieci d’Italia al concorso “Mastro Panettone 2023”, con oltre 400 partecipanti provenienti dalle varie regioni. È stata una bella soddisfazione, che mi ha caricato e convinto a specializzarmi ancora di più. Oggi è indispensabile e obbligatorio differenziarti. Il mercato ci sovrasta: impone gusti, tendenze e fenomeni che – aggiunge – soffocano il talento, l’originalità e l’inventiva. Allora devi essere più forte e conquistare il tuo spazio. Con il tuo prodotto, cioè, devi arrivare a clienti che non si accontentano dell’analogo industriale, non cercano i marchi che spopolano in tv o sul cellulare e, anzi, ne respingono la presenza invasiva quotidiana».
Nonostante l’età, Federica ha le idee chiare. E aggiunge: «Mi rende orgogliosa portare alto il nome della mia famiglia, della mia città, della mia terra. Ci sono troppi pregiudizi sulla Calabria, che non è inferiore. E poi, lo dico rispetto al mio campo, ho dimostrato che si può padroneggiare anche un’altra tradizione. Potevo cimentarmi nella pitta ’mpigliata, il dolce tipico dell’area silana, buonissimo quanto affermato, ma ho voluto osare, aprirmi a un altro mondo». Nella rappresentanza della Calabria, il 22 gennaio Federica parteciperà a un concorso nazionale per giovani lievitisti under 35, all’interno del “Salone internazionale della gelateria, pasticceria, panificazione artigianale e caffè”, in programma a Rimini da sabato a mercoledì prossimi. Stavolta, la giuria di esperti esaminerà le colombe pasquali preparate dai concorrenti e ne valuterà sofficità, delicatezza, equilibrio e altre caratteristiche. Federica è fiduciosa, sa che la gara sarà difficile e anticipa: «Sono felicissima, non vedo l’ora. Si tratta di un’altra prova, di un’opportunità per misurarmi, imparare ancora e ampliare il mio bagaglio di conoscenze». È un’altra faccia della Calabria, che forse dovremmo conoscere più a fondo, cui dovremmo guardare per resistere alla rassegnazione: all’istinto della fuga, al vizio dell’arroccamento, all’ipnosi dell’“ipermercato”.

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