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Patto tra ‘Ndrangheta e Cosa nostra, il Ponte sullo Stretto nei racconti di un pentito: «Si arrivò ad un accordo»

Nelle motivazioni della sentenza il racconto di un incontro a cui avrebbe partecipato anche Totò Riina. «Si sono messi d’accordo al 50% tra Calabria e Sicilia»

Pubblicato il: 12/03/2024 – 6:37
di Mariateresa Ripolo
Patto tra ‘Ndrangheta e Cosa nostra, il Ponte sullo Stretto nei racconti di un pentito: «Si arrivò ad un accordo»

REGGIO CALABRIA «C’erano tante cose» che interessavano sia alla ‘ndrangheta che a Cosa nostra, quell’«unico corpo» descritto da più collaboratori di giustizia e dipinto a tinte nitide dalla Procura di Reggio Calabria con l’inchiesta dalla quale è scaturito il processo “’Ndrangheta stragista”. Sul banco degli imputati il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e l’esponente della cosca Piromalli di Gioia Tauro Rocco Santo Filippone, condannati in primo e in secondo grado per gli omicidi dei due carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, trucidati il 18 gennaio 1994 in un agguato avvenuto sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria nei pressi dello svincolo di Scilla. Un attentato dietro il quale c’era un «complesso progetto criminale più ampio», come emerso prima dalle indagini, poi durante i processi e infine nelle motivazioni delle sentenze. Sentenze che hanno confermato le richieste della Dda di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri e, in particolare, le risultanze dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo che, insieme all’aggiunto Walter Ignazitto, ha rappresentato l’accusa anche nel processo di secondo grado. Nelle mille e quattrocento pagine di motivazioni c’è spazio per una trattazione dettagliata di tutti gli aspetti di una storia fatta di «accertati intrecci che negli anni si sono dipanati tra organizzazioni criminali e ambienti massonici e politici». Tra gli interessi comuni tra le due organizzazioni criminali, il giudice di Cassazione Antonino Scopelliti, il cui omicidio – secondo quanto raccontato da numerosi collaboratori di giustizia – fu oggetto di uno “scambio di favori”.
E nei racconti del collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice ci sono anche «i lavori per il ponte dello Stretto», che sarebbe stato tra i temi di discussione nel corso di un incontro tra esponenti di ‘ndrangheta e Cosa nostra, al termine del quale «si arrivò ad un accordo su tutto».

Tra ‘Ndrangheta e Cosa nostra una «commistione di interessi»

«La strategia stragista serviva per andare a soddisfare una serie di esigenze», aveva spiegato durante la requisitoria il procuratore Lombardo riferendosi agli intrecci emersi tra associazione criminale e politica. A unire le organizzazioni criminali calabrese e siciliana, secondo i giudici reggini, «un’evidente convergenza o commistione di interessi che mirava al comune intento di destabilizzare lo Stato e sostituire la vecchia classe dirigente che, agli occhi dei predetti, non aveva soddisfatto i loro “desiderata”».
A proposito di politica, nella sentenza i giudici scrivono anche che «con tutta evidenza Cosa Nostra e la ‘ndrangheta si interessarono al nuovo partito di Forza Italia, per come dichiarato da numerosi collaboratori». Per i giudici «emerge come Cosa Nostra avesse deciso di creare un movimento autonomista, al pari di quanto accadeva nel resto del Sud Italia, ma che in seguito tale progetto era stato abbandonato in favore dell’appoggio al nascente partito di Forza Italia, con alcuni dei cui esponenti i siciliani avevano avviato contatti, tant’è che le stragi cessarono nel corso dell’anno 1994, sussistendo l’aspettativa che il nuovo soggetto politico avrebbe “aiutato” le organizzazioni criminali che l’avevano elettoralmente sostenuto». Nelle motivazioni i giudici reggini menzionano le dichiarazioni dei tanti collaboratori di giustizia che fanno riferimento alla figura di Silvio Berlusconi, prima imprenditore e poi leader di Forza Italia. «Merita altresì di essere evidenziato – si legge – il dato obiettivo, proveniente dalla autorevole “voce” di Giuseppe Piromalli classe 1921 che, il 24 febbraio del 1994, durante il processo a suo carico a Palmi anche per il reato di estorsione per i ripetitori Fininvest, dalla cella gridava: “Voteremo Berlusconi Voteremo Berlusconi”». «Gli elementi evidenziati – scrivono ancora i giudici – attestano, pertanto, come fin dalla sua nascita il partito di Forza Italia fosse stato individuato da Cosa Nostra e dalla ‘Ndrangheta come formazione politica da appoggiare elettoralmente nella speranza di poter ottenere delle modifiche legislative favorevoli e che in tale contesto Marcello Dell’Utri si fosse relazionato anche con esponenti delle più potenti cosche di ‘Ndrangheta».

L’incontro a Villa San Giovanni. Sul Ponte «si sono messi d’accordo al 50% tra Calabria e Sicilia»

E a parlare degli interessi comuni tra ‘ndrangheta e Cosa nostra è anche il collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice. Tra i temi di discussione, nel corso di un incontro a cui avrebbe preso parte anche Toto Riina, ci sarebbe stato anche il Ponte sullo Stretto. Lo Giudice – scrivono i giudici – ha riferito che Pasquale Condello “Il Supremo”, durante la gestione della sua latitanza, gli aveva parlato dei rapporti tra ‘ndrangheta e Cosa nostra, in particolare della pace avvenuta dopo la seconda guerra di mafia successivamente ad un incontro svoltosi dopo giugno del 1990 a Villa San Giovanni. Riina aveva partecipato nella veste di paciere. «Mi raccontò – ha detto il collaboratore di giustizia – della pace che c’è stata negli anni Novanta…. Mi disse che l’incontro è stato a… mi sembra a Villa San Giovanni, si sono incontrati a Totò Riina, Pasquale Condello, Antonino Mammoliti, Antonio… lo chiamano Gambazza, Antonio Pelle, Cosimo Alvaro.. A Villa San Giovanni si sono incontrati. In una villa, in una villa… Per fare la pace, per fare la pace è intervenuto Totò Riina. Ma stiamo parlando dopo la morte di mio padre, Dottore Lombardo, che avviene a giugno del ’90… era ancora in corso la guerra…».
Interrogato, Lo Giudice parlò del «favore in Cassazione di cui Riina aveva bisogno, motivo per il quale bisognava avvicinare il giudice Scopelliti per dargli soldi e fare annullare il processo, oltre agli accordi presi per l’affare della costruzione del ponte sullo Stretto con accordi per la spartizione tra Calabria e Sicilia al 50%». «Era necessario perché in quel momento Totò Riina aveva in Cassazione un processo e quindi aveva bisogno di un favore. Poi c’era in atto i lavori per il ponte dello Stretto, di cui si sono messi d’accordo al 50% tra Calabria e Sicilia. C’era pure il discorso di Scopelliti, di avvicinarlo e di mandare i processi indietro, c’erano tante cose, Dottore Lombardo», disse Lo Giudice aggiungendo che Condello gli aveva raccontato che in tale occasione era stato possibile raggiungere un accordo su tutto: «Sì, sì, si arrivò a un accordo, un accordo su tutto». (m.ripolo@corrierecal.it)

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