WHASTINGTON Gli Stati Uniti accusano Apple di aver mantenuto il monopolio nel settore degli smartphone, soffocando la concorrenza e limitando la scelta dei consumatori. E lo fanno con una causa per violazione delle leggi antitrust che rappresenta l’ultimo affondo in ordine temporale dell’amministrazione Biden contro il dominio di Big Tech.
Nell’azione legale il Dipartimento di Giustizia e i procuratori generali di 16 Stati americani prendono di mira l’ecosistema dell’iPhone, da decenni il motore della crescita di Apple. Cupertino è «una delle società che vale di più al mondo»: il suo utile netto «supera il pil di più di 100 paesi» in gran parte grazie all’iPhone, ha detto il ministro della Giustizia Merrick Garland, accusando Apple di aver mantenuto il monopolio «non perché ha prodotto una tecnologia superiore, ma perché ha limitato e utilizzato tattiche di esclusione» nei confronti della concorrenza. «I consumatori non dovrebbero pagare prezzi più alti perché le società violano le leggi antitrust», ha osservato ancora Garland, mettendo l’accento sulle barriere introdotte da Cupertino per rendere difficile ai suoi clienti l’uscita dal suo ecosistema.
Apple ha respinto seccamente le accuse e bollato l’azione legale come «sbagliata». «Questa causa minaccia chi siamo e il principio che distingue i nostri prodotti in un mercato fortemente competitivo», ha spiegato Cupertino, precisando che se la causa avrà successo metterà «in pericolo la nostra capacità di creare la tecnologia che la gente si attende da Apple» e creerà un «precedente pericoloso», concedendo al governo «il potere di esercitare un ruolo pesante nella progettazione della tecnologia per le persone. Riteniamo che la causa sia sbagliata nei fatti e nella legge e ci difenderemo».
Parole che non bastano a rassicurare chi teme gli effetti dell’azione legale sui ricavi dai servizi di Apple, un’area che fattura 85 miliardi di dollari l’anno, e soprattutto sui possibili rimedi che le autorità potrebbe prendere, fra i quali – ipotizzano alcuni osservatori – uno spezzatino. Preoccupazioni che affondano i titoli di Cupertino a Wall Street (arrivati a perdere oltre il 3%) in una seduta record per i listini americani, proprio mentre l’amministratore delegato Tim Cook è in Cina per sostenere Apple in uno dei suoi mercati più importanti.
Il Dipartimento di Giustizia ha iniziato a indagare su Apple nel 2019 e ha optato per presentare un caso più ampio e ambizioso rispetto alle accuse mosse da altre autorità di regolamentazione contro la società. Invece di concentrarsi solo sull’App Store, il Dipartimento di giustizia ha preso di mira l’intero ecosistema di prodotti e servizi Apple. Nell’azione legale le autorità infatti puntano il dito sulle restrizioni imposte agli sviluppatori, ai videogiochi e all’offerta di applicazioni in grado di competere con i prodotti Apple come il ‘digital wallet’ .
Criticate anche le difficoltà di chi ha un iPhone a messaggiare con chi ha altri smartphone, come ad esempio quelli che girano sul sistema operativo Android di Google. Ma anche le difficoltà di far funzionare un iPhone con uno smartwatch che non è l’Apple Watch. Cupertino, ha sottolineato ancora l’accusa, ha anche prevenuto lo sviluppo delle cosiddette ‘super app’ per mantenere gli utilizzatori dell’iPhone nell’ecosistema Apple: consentire le super-app avrebbe voluto dire “aprire la porte ai barbari”, ha detto il Dipartimento di Giustizia citando un’email di un manager di Apple.
Cupertino non è comunque l’unica nel mirino della autorità americane, anche se diversi osservatori hanno già definito il suo caso antitrust come uno dei più significativi nella storia statunitense, insieme a quelli contro At&t, Standard Oil e Microsoft. Il Dipartimento di Giustizia ha infatti fatto causa lo scorso anno a Google per monopolio nel mercato della pubblicità digitale. La Federal Trade Commission invece ha accusato Amazon di usare il suo monopolio per far pagare di più i consumati e sfruttare chi vende sulla piattaforma.
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