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Imponimento, i villaggi e gli Stillitani. Per il pm «agivano come le articolazioni criminali»

Dura la requisitoria del pm Antonio De Bernardo in aula bunker. Spazio alla «protezione passiva e attiva» e alla voglia di rivalsa di Rocco Anello

Pubblicato il: 27/04/2024 – 11:09
di Giorgio Curcio
Imponimento, i villaggi e gli Stillitani. Per il pm «agivano come le articolazioni criminali»

LAMEZIA TERME «Possiamo distinguere due tipi di protezione imposta ai consumatori, alla cosiddetta “utenza della ‘ndrangheta”: quella passiva e cioè rivolta alle vittime pure dell’organizzazione criminale, sulla base di un rapporto che è basato esclusivamente sull’intimidazione, sulla pura coercizione secondo un meccanismo di estorsione-protezione. E poi c’è una protezione attiva che si rivolge a coloro che invece riescono a stabilire con i mafiosi un rapporto fondato non sulla coercizione ma su un legame diretto e personale di fedeltà, di fiducia, con il destinatario dell’azione criminosa dell’organizzazione criminale». Nella sua lunga requisitoria, davanti ai giudici del Tribunale di Vibo Valentia, in aula bunker, il pm della Dda di Catanzaro Antonio De Bernardo mette a fuoco uno dei punti salienti dell’intera inchiesta “Imponimento”, quello delle intimidazioni e, soprattutto, gli interessi dei vari clan di ‘ndrangheta sulla costa tirrenica tra la zona industriale di Lamezia e Vibo sui villaggi turistici.


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«Un vantaggio per sé e per l’impresa»

Per il pm, dunque, il risultato di questa collaborazione è «che lo stesso imprenditore, in qualche modo, si avvale di quella carica di intimidazione diffusa dal sodalizio, diventando dunque un vantaggio per sé e la sua impresa, sopravanzando il danno originario». Secondo il pm, dunque, il vero problema per i giudici «non sarà stabilire se c’è responsabilità penale o meno per il reato associativo di questi imputati, ma soltanto se si tratta di un concorso esterno o di una partecipazione attiva». E il riferimento è ovviamente ai fratelli Emanuele e Francescantonio Stillitani e ai villaggi turistici della zona «marginalmente quello di Briatico che ci interessa per alcuni aspetti – ha sottolineato il pm – poi il Green Garden, più a nord a Pizzo il villaggio prima Garden Club, poi Club Med e poi Napitia, quello poi preso in gestione da Tui, e più a nord ancora il Garden Resort a Acconia. Prima viene costituito quello di Pizzo e poi agli inizi degli anni 2000 quello di Acconia». Secondo il pm, come illustrato nella requisitoria, analizzando «le singole vicende, le conversazioni intercettate, le dichiarazioni dei collaboratori, le situazioni, addirittura forse la contestazione di concorso esterno per Stillitani è stata troppo prudente perché, se sicuramente per Antonio Facciolo abbiamo una situazione inequivocabile di inserimento strutturale all’interno dell’organizzazione criminale con un ruolo ben specifico, veramente c’è poca differenza con il ruolo che i fratelli Stillitani hanno assunto nel tempo rispetto alle articolazioni criminali insistenti nei territori dove avevano interessi economici».

Un boss “prigioniero”

«L’incidenza mafiosa e la matrice di questa incidenza mafiosa sui diversi villaggi – ha spiegato De Bernardo – è influenzata dalle dinamiche criminali e, in particolar modo, dai periodi di detenzione di Rocco Anello e dal riscatto che ha in testa il boss che freme mentre è detenuto, sente di poter essere scalzato e quindi esce dal carcere agguerrito, motivato, intenzionato a non perdere tempo e a ristabilire subito l’ordine». Nella sua requisitoria il pm della Dda di Catanzaro cita le dichiarazioni rese in fase di istruttoria e dibattimentale dal pentito Michienzi. «Manovalanza della cosca Anello, prima ancora dei gruppo dei Fruci. Manovalanza che, però, si ritrova a operare in un periodo storico dove succedono molte cose». «Vive in prima persona l’inizio della vicenda del Garden Resort, l’alleanza Anello–Bonavota, vive in prima persona la strategia di rimescolamento, di contrapposizione e, se vogliamo, anche di queste consorterie e di altre, i mantelliani in particolar modo, con i Mancuso, e quindi è protagonista diretto di una serie di vicende». E il pm ricostruisce lo scenario nella sua requisitoria. «Anello va a minacciare Stillitani, è la fine del 2002, perché poi a gennaio del 2003 c’è l’arresto per l’operazione Prima. E quindi da un lato interviene quella fusione tra Bonavota e Anello, dall’altro riemerge la figura di Damiano Vallelonga che pretende a quel punto di dare le carte perché Rocco Anello è detenuto, si decide di perorare per così dire la causa degli Anello e dei Bonavota attraverso Iannazzo, attraverso Davoli e, quindi, altri contesti criminali ovviamente legati da rapporti», spiega il pm.


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Le minacce e i “messaggi” ai Mancuso

Riportando le dichiarazioni del pentito Michienzi, il pm De Bernardo spiega: «Damiano Vallelonga prende le redini in mano e si mette d’accordo con Iannazzo e quindi, in supplenza di Rocco Anello, si crea questo link con Vallelonga che rimane il referente di questo gruppo, interloquisce e autorizza Iannazzo a entrare nella costruzione del villaggio, un cambiamento di programma rispetto all’idea che aveva Rocco Anello quando è andato a minacciare Stillitani». In questa fase Rocco Anello abbozza, capisce che non è il momento di fare storie. Nella sua requisitoria, il pm ripercorre, quindi, la minaccia subita da Francescantonio Stillitani. «Michienzi parla di Salvatore Evalto che fissa questo appuntamento con Stillitani per conto di Anello e dice: “andò Vincenzino Fruci a questo appuntamento con Stillitani e quando arrivò Fruci ha detto ‘ho la pelle d’oca’, perché Stillitani ci ha accolto in modo educato, ci ha teso la mano e Rocco Anello ha cominciato a minacciarlo dicendogli “Io sono venuto qua per cose serie, ti devi affidare a noi per il villaggio turistico” “ci dai cento milioni all’anno, le imprese che devono lavorare le decido io, sennò stai attento a una fucilata, ti arriva prima da là sopra, da Filadelfia, che da là sotto”. “Noi con là sotto intendevamo Limbadi”». Per il pm, dunque, il messaggio «è rivolto non tanto e non solo a Stillitani quanto ai suoi “protettori” che, in quel momento, erano i Mancuso». Per il pm della Dda c’è «un rapporto che inizialmente è di natura estorsiva che poi a seguito della capacità di “sapere stare al mondo”, ha determinato una evoluzione del rapporto ma non dopo tanto tempo ma dopo pochissimo tempo, cioè come entrano gli Anello Fruci nel villaggio vedremo che subito ci sono le richieste di favori e subito ci sono i vantaggi per gli Stillitani».

I ruoli dei fratelli Stillitani

Per quanto riguarda i villaggi «i guardiani, tranne rare eccezioni, hanno a che fare con Emanuele Stillitani perché è quello più presente prima sui cantieri nella fase della costruzione ma anche più presente sui villaggi», spiega De Bernardo. Per esempio «Comito ha a che fare di più con Emanuele Stillitani che non con Francescantonio Stillitani, mentre Mantella, che è un livello superiore, quindi sa le questioni che attengono agli accordi ovviamente parla maggiormente di Francesco Antonio Stillitani». (g.curcio@corrierecal.it)

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