MILANO Dalla combinazione di nanoinformatica e intelligenza artificiale un nuovo metodo per prevedere con precisione i comportamenti delle cellule tumorali. Missione: identificare sottopopolazioni con caratteristiche distinte come la sensibilità ai farmaci o il potenziale metastatico. E’ il passo avanti di un gruppo di scienziati della Hebrew University di Gerusalemme, autori di uno studio pubblicato su ‘Science Advances’. La ricerca, spiegano gli esperti, potrebbe trasformare la diagnosi e il trattamento del cancro, migliorando la medicina personalizzata, facilitando test rapidi e accurati del comportamento delle cellule tumorali dalle biopsie dei pazienti e portando potenzialmente allo sviluppo di nuovi test clinici per monitorare la progressione della malattia e l’efficacia del trattamento. L’approccio innovativo ricorre a nanoinformatica e apprendimento automatico. La fase iniziale dello studio condotto da Yoel Goldstein e Ofra Benny della Scuola di farmacia della Facoltà di medicina, in collaborazione con Tommy Kaplan, direttore del Dipartimento di Biologia computazionale della Scuola di ingegneria e informatica dell’ateneo, ha previsto l’esposizione delle cellule tumorali a particelle di varie dimensioni, ciascuna identificata da un colore unico. Successivamente è stata definita la quantità precisa di particelle consumate da ciascuna cellula. Gli algoritmi di apprendimento automatico hanno poi analizzato questi modelli di assorbimento per prevedere comportamenti cellulari critici, di interesse. “Il nostro metodo è innovativo nella sua capacità di distinguere tra cellule tumorali che appaiono identiche ma si comportano diversamente a livello biologico”, evidenzia Goldstein. “Questa precisione si ottiene attraverso l’analisi algoritmica di come le micro e nanoparticelle vengono assorbite dalle cellule. Essere capaci di raccogliere e analizzare nuovi tipi di dati apre nuove possibilità per il settore”. Oggi sono necessari strumenti diagnostici più efficaci e non invasivi, fanno notare gli esperti, perché quelli attuali spesso mancano di accuratezza ed efficienza, possono essere invasivi e richiedere molto tempo. Di conseguenza, i pazienti possono sperimentare ritardi nella diagnosi, risultati del trattamento non ottimali e un aumento del disagio psicologico. La scoperta illustrata nello studio, conclude Benny, “ci consente di utilizzare potenzialmente le cellule ottenute dalle biopsie dei pazienti per prevedere rapidamente la progressione della malattia o la resistenza alla chemioterapia. Potrebbe anche portare allo sviluppo di esami del sangue innovativi che valutino l’efficacia dei trattamenti immunoterapici mirati”. (Lus/Adnkronos Salute)
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