VIBO VALENTIA Una sentenza «carente, contraddittoria, illogica e viziata da errori di fatto e di diritto». Non usano mezzi termini i procuratori della Dda, guidati dal ff Vincenzo Capomolla, presentando appello per la posizione di Antonino Barbieri detto “Camera”, ritenuto dagli inquirenti «uno ‘ndranghetista di primo piano» del locale di Zungri (a cui farebbe riferimento la ‘ndrina di Cessaniti-Pannaconi), ma assolto dal collegio giudicante a fronte di una richiesta di 20 anni di carcere. Sempre in Rinascita Scott, gli stessi giudici hanno invece condannato a 24 anni il fratello Francesco Barbieri (cl.65), accusato di avere un ruolo primario nel locale di Zungri. Per Antonino Barbieri la Dda ha, dunque, presentato appello, ritenendo il quadro probatorio, basato per lo più sulle dichiarazioni dei pentiti, «sufficiente per la sua condanna, ma chiedendo anche di esaminare nuove prove che confermerebbero l’accusa di partecipazione all’associazione a delinquere».
«Ninone, si, pure lui aveva le doti di ‘ndrangheta altissime, insomma era uno ‘ndranghetista, e quindi apparteneva a Accorinti». A parlare è il collaboratore Andrea Mantella, sulle cui dichiarazioni si basano principalmente le accuse della Dda nei confronti di Antonino Barbieri. Il pentito in aula parla dei rapporti tra Barbieri, con cui avrebbe condiviso il carcere, e i vari gruppi criminali vibonesi, citando anche alcuni episodi di omicidi ed agguati presumibilmente risalenti al periodo della faida tra gli Accorinti e i Soriano di Filandari, quando l’imputato fu arrestato e condannato per la sola detenzione di armi. Dichiarazioni che per la Dda «consentono di individuare alcuni soggetti appartenenti» al locale di Zungri, tra cui lo stesso Antonino Barbieri, anche cognato del presunto boss Peppone Accorinti. Ma Mantella non è l’unico a parlare dell’imputato: su “Ninone” rilasciano dichiarazioni anche i collaboratori Raffaele Moscato, Angiolino Servello, Bartolomeo Arena e Antonio Guastalegname, oltre alla testimone di giustizia Elisabetta Melana.
Per il collegio giudicante di primo grado, si legge nelle motivazioni della sentenza, non ci sarebbero sufficienti prove a conferma della partecipazione di Barbieri alla ‘ndrangheta. «Il propalato di tutti i collaboratori – scrivono – e altresì della Melana, non appare descrittivo di una condotta partecipativa, sostanziantesi in uno specifico ruolo dinamico-funzionale all’interno della consorteria, ma si risolve in un giudizio sommario e apodittico sulla sussistenza della partecipazione». Motivazioni, appunto, per nulla condivise dalla Dda, secondo cui il complesso concordante delle dichiarazioni «non è stato adeguatamente evidenziato dal Tribunale». Pur ammettendo la poca specificità delle dichiarazioni di Servello, per i procuratori quelle di Mantella portano «importanti elementi chiarificatori della condotta associativa dell’imputato». Inoltre, il legame parentale tra Barbieri e Peppone Accorinti è per la procura «assolutamente rilevante».
Al contrario dei giudici, per la Dda Barbieri «è soggetto “battezzato” nella ‘ndrangheta, da tutti conosciuto quale ‘ndranghetista di primo piano, detentore di doti di ‘ndrangheta altissime e deputato a porre in essere nuove affiliazioni». E ancora, secondo gli inquirenti, “Ninone” avrebbe «partecipato direttamente ad una cruenta faida, avvenuta negli anni ‘90». A supporto della propria ipotesi, in aggiunta a quelle esaminate in primo grado, la Dda propone anche nuove prove: tra queste, le recenti dichiarazioni di Antonio Accorinti alias “Fraguleia” (per cui è stata chiesta l’escussione) che avrebbe individuato i fratelli Barbieri come «referenti della struttura di ‘ndrangheta operante in Pannaconi». Nuove prove deriverebbero anche dall’inchiesta Maestrale, che ha preso di mira proprio la consorteria di Zungri. (Ma.Ru.)
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