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la ricostruzione

L’aggressione del “branco”, gli insulti razzisti e lo sfregio: «Tanto non ci fanno niente»

Il gip nell’ordinanza che ha portato in comunità sei giovani vibonesi parla di una cornice «amorale e avaloriale». La vittima: «Anche io sono un essere umano»

Pubblicato il: 30/07/2024 – 18:57
di Giorgio Curcio
L’aggressione del “branco”, gli insulti razzisti e lo sfregio: «Tanto non ci fanno niente»

VIBO VALENTIA «Non è giusto, anche io sono un essere umano». È questo lo sfogo del clochard vittima, lo scorso 25 maggio, di una brutale aggressione, nei locali dell’ex istituto scolastico O.I.E.R.M.O. Lo sfogo al comandante dei Carabinieri di San Costantino Calabro «dà l’esatta contezza della determinazione ad agire di tutti i minori coinvolti nella brutale aggressione alla vittima» e «perché consente di inquadrare la vicenda nella corretta cornice, amorale ed avaloriale». È quanto scrive il gip del Tribunale dei Minorenni di Catanzaro, Donatella Garcea, che ha disposto la misura cautelare del collocamento in comunità per i sei minori coinvolti nell’aggressione avvenuta il 25 maggio scorso a San Costantino Calabro, nel Vibonese.  

La “giustificazione” del padre

«(…) sono venuto a conoscenza del fatto che unitamente ad altri ragazzi ha fatto una sciocchezza (…) hanno bruciato porte e se la sono presa con un rumeno, alzandogli le mani. Intendo precisare che mio figlio, per come lo stesso mi ha riferito, non si è mosso proprio, non ha assunto una condotta attiva, anzi ha invitato gli altri a desistere». Così, il padre di uno dei sei ragazzi, spiegherà ai Carabinieri quanto avvenuto la notte del 25 maggio. Il figlio, però, sarebbe stato individuato, invece, quale «capo branco».

La denuncia

A fornire gli spunti investigativi è stato proprio il clochard in sede di denuncia ai carabinieri. La vittima racconta che intorno alle ore 3 della notte del 25 maggio i ragazzi, riconosciuti in foto, lo avevano aggredito con schiaffi, calci, pugni, accompagnando i colpi con epiteti ingiuriosi e soprattutto rivolgendogli reiteratamente l’espressione “Romeno di merda”; avevano poi raccolto pezzi di legno a cui, accatastati all’ingresso del locale dopo avervi posizionato sopra i suoi indumenti e le sue scarpe, avevano dato fuoco. «Sottolineo che hanno agito con cattiveria, violenza e grande odio razziale nei miei confronti, sono anche io un essere umano e non è normale che nel 2024 accadano ancora cose simili» dirà ancora ai Carabinieri.
Saranno i militari a ricostruire il resto: uno dei giovani, infatti, la sera del 24 maggio ha raccontato di essersi incontrato con il resto del gruppo e che poi gli altri sarebbero entrati nell’ex istituto scolastico di San Costantino e di «avere poi udito dall’esterno delle urla, quindi preoccupato che qualcuno potesse aggredire i suoi amici o che fosse scoppiato un litigio tra loro è entrato anche lui attivando la videoregistrazione del proprio cellulare, quando si avvedeva – con stupore – che gli amici, insieme ad altra persona che non conosceva, picchiavano l’uomo rumeno», si legge nell’ordinanza.

Le chat

«Nooo fijjoli… Siamo rovinati… vabbo mu sbattu au cazzu non ndi fannu nent… puru io hahah… non ndi levanu no ma vedi che se le cantata qualcuno con i video…». Questo il tenore, invece, dei messaggi scambiati dal gruppo sulle chat estrapolate dagli inquirenti. Dopo aver interrogato i sei giovani, e come pacificamente desumibile dalla lettura delle dichiarazioni rese dai minori, «le stesse non solo non possono fornire nessun elemento a difesa di taluno di loro, ponendosi piuttosto quale ulteriore indizio di reità a loro carico, contraddicendosi grossolanamente l’una con l’altra, e sono inoltre con ogni evidenza sconfessate dalle ulteriori acquisizioni a carico degli indagati, sopra dettagliatamente elencate ed esaminate», annota il gip nell’ordinanza.

Il “branco” aggressivo

Secondo il gip «le risultanze procedimentali ripercorse a specifica valenza accusatoria delineano un pregnante quadro indiziario a carico degli indagati, anche relativamente agli accadimenti non oggetto di mozione cautelare, dando al contempo contezza nel loro insieme di un grave agire illecito degli inquisiti che si caratterizza in forma altamente intimidatoria e aggressiva, con modalità di “branco” e con tratti di importante allarme sociale».
I minori sono assisti dagli avvocati: Diego Brancia, Francesca Comito, Giuseppe Santamaria, Nazzareno Latassa, Alfredo Mercadante e Renato Vigna. (g.curcio@corrierecal.it)

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