VIBO VALENTIA Che la ‘ndrangheta porti “ricchezza” al territorio è uno dei miti più diffusi e mirati a mantenere il consenso tra la popolazione. Che la presenza della ‘ndrangheta sia, al contrario, motivo di impoverimento lo dimostrano report e analisi economiche sui territori a più alta densità mafiosa. Non a caso, la Calabria è tra le regioni più povere d’Europa, “bloccata” da uno sviluppo economico a rilento e numerosi problemi infrastrutturali. Anche nel campo in cui, favorita da meraviglie uniche al mondo, dovrebbe andare più forte delle altre: il turismo. La costa vibonese, trainata da perle come Tropea e Pizzo, è tra le più attrattive e avanzate nella filiera del turismo calabrese. Eppure, i numeri, comunque più bassi di altre località turistiche nazionali, mostrano ancora un “potenziale” inespresso, complice i pochi servizi e le carenze di infrastrutture. Una situazione su cui ha influito l’alto tasso di infiltrazione ‘ndranghetista nel settore in decenni di storia vibonese: interessi che hanno condizionato l’economia portando all’inquinamento del mercato e alla chiusura di numerose strutture.
Tra estorsioni e “monopolio” dei villaggi, il modus operandi è quello tipico della criminalità organizzata: incidere sul mercato tramite violenza, usura e ricatti per poi rilevare società e strutture a prezzi stracciati. Sul controllo della ‘ndrangheta sui villaggi turistici ha riferito anche il pentito Antonio Accorinti, al vertice dell’omonimo clan di Zungri, che ha raccontato ai pm degli interessi delle cosche sulle strutture di ricezione della costa vibonese. Soprattutto a forte attrazione turistica come Nicotera o Capo Vaticano. Emblematico è il caso del villaggio “Gioia del Tirreno”, sito a Nicotera Marina. In quel caso gli interessi ‘ndranghetisti hanno seguito una logica diversa, ovvero il tentativo di accaparrarsi della storica struttura (tutelata a livello ambientale e architettonico) a prezzo stracciato nell’asta dopo la chiusura fallimentare. Una vicenda ricostruita nell’inchiesta Rinascita Scott in cui emerge la posizione di dominio della cosca Mancuso sugli affari del vibonese. Il villaggio, messo in vendita dalla società proprietaria, sarebbe stato proposto prima a Luigi Mancuso «quasi – scrivono gli inquirenti – vantasse una prelazione, non sulla struttura bensì su ciò che insiste sull’area».
Le mire della ‘ndrangheta non si sono limitate ai villaggi, ma anche alla gestione delle escursioni turistiche. Dall’ultima inchiesta Maestrale è emerso un giro di affari intorno alle “gite in barca” lungo la Costa degli Dei, con partenza dal porto di Tropea. Un vero e proprio monopolio con le entrate che finivano nelle casse delle ‘ndrine di Briatico e Zungri. Il porto di Tropea, comune sciolto quest’anno per infiltrazioni mafiose, sarebbe finito, secondo le recenti inchieste, nel mirino della ‘ndrangheta. Proprio la presenza ingombrante della criminalità ha allontanato per anni investitori e condizionato lo sviluppo delle infrastrutture. Nel 2023 la Calabria, pur registrando una progressiva crescita rispetto agli anni del covid, si è piazzata al quindicesimo posto delle regioni italiane per turismo. Nella costa vibonese i comuni con più attrattività, tra cui Ricadi, al primo posto per presenze nella classifica, ma solo all’83esimo in tutta Italia. Rispetto all’anno scorso si è avuto un leggero balzo avanti nei dati sulle presenze di turisti, ancora lontane da quelle precovid in cui era netta la crescita rispetto agli anni precedenti. Dati che segnalano anche una “rinascita” legata alle operazioni delle forze dell’ordine, ai maggiori controlli e all’uso di interdittive contro le società condizionate dalla criminalità. (Ma.Ru.)
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