CATANZARO Era stato tratto in arresto nell’ambito dell’operazione Jonny, poiché ritenuto capo dell’omonimo clan di Vallefiorita, che estendeva i propri tentacoli nei territori di Amaroni, Squillace e di Squillace Lido, non disdegnando di fare pressioni su stabilimenti balneari e turistici.
All’esito di due gradi di merito dove veniva riconosciuto colpevole, la Cassazione annullava i predetti provvedimenti e disponeva un nuovo giudizio davanti alla Corte di Appello di Catanzaro. All’indomani dell’annullamento, ed in attesa del nuovo giudizio, Francesco Bruno ritorna libero su istanza degli avvocati Staiano e Lomonaco, ma pochi mesi dopo viene nuovamente tratto in arresto su ordine del gip distrettuale, ritenuto ancora al vertice dell’omonimo clan in concorso con altri soggetti.
Accade con l’operazione “Scolacium“, portata a termine dai carabinieri con il coordinamento della Dda, e che ha evidenziato la pervasività di due organizzazioni di ‘ndrangheta che si contendevano il predominio in una vasta area a pochi chilometri di Catanzaro: l’inchiesta ha coinvolto 22 indagati, di cui 19 in carcere e 3 ai domiciliari, ritenuti appartenenti a una cosca di Roccelletta di Borgia e a una cosca di Vallefiorita che per anni sono stati in conflitto tra di loro e che avevano imposto la loro supremazia a colpi di attentati, aggressioni, danneggiamenti, incendi. In ragione di tutti i fatti contestati nel corso di un decennio, a seguito di decreto ministeriale viene trasferito di carcere e ristretto in regime di 41 bis (carcere duro).
La nuova ordinanza cautelare richiesta dalla Dda di Catanzaro regge al vaglio del Tribunale della libertà, ma poi viene annullata davanti alla Suprema Corte di Cassazione che, in accoglimento del ricorso avanzato dagli avvocati Staiano e Lomonaco, dispone un nuovo giudizio.
Oggi, all’esito della nuova camera di consiglio disposta dalla Suprema Corte, il Tribunale della libertà di Catanzaro ha annullato l’ordinanza cautelare ordinando l’immediata liberazione di Francesco Bruno, nel frattempo recluso in regime di 41 bis (carcere duro) in ragione dei fatti contestati.
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