COSENZA Franco Pino non era un tifoso, ma quando era ai vertici della ‘ndrangheta cosentina si sarebbe occupato della combine di alcune gare del Cosenza Calcio. La circostanza, emersa in passato, vuole l’ex boss (oggi pentito) intervenuto per truccare il risultato di due gare: Cosenza-Avellino nel 1990 e Cosenza-Pescara nel 1994. «I Piromalli avevano degli interessi evidentemente in tal senso, mi chiesero di intervenire per combinare il risultato». Il presunto intervento della mala però venne escluso da ambo le parti, sia la società del Cosenza (all’epoca dei fatti guidata da Bonaventura Lamacchia) e sia il Pescara si affrettarono a smontare qualsiasi ipotesi di “compravendita del risultato”, rimarcando la liceità del risultato e della gara. A distanza di anni, l’episodio è finito nelle carte dell’inchiesta “Reset”, coordinata dalla Dda di Catanzaro.
La circostanza certifica l’interesse palese della mala, in questo caso quella cosentina, per il calcio e i business collegati allo sport più amato dagli italiani. Scommesse, bararinaggio, merchandising, nessun “servizio” in grado di generare facili e lauti guadagni sfugge ai tentacoli mafiosi. E non vi è dubbio che i recenti fatti di cronaca abbiano riacceso i riflettori su un rapporto da anni al centro delle investigazioni dell’antimafia. L’omicidio di Antonio Bellocco per mano di Andrea Beretta è un delitto che vede protagonisti due esponenti apicali della Curva Nord dell’Inter. Bellocco è rampollo dell’omonimo clan di ‘ndrangheta, e all’origine dello scontro – come scrive Paride Leporace su Corriere della Calabria – ci sarebbero i soldi che provengono dal materiale ultrà venduto a ragazzi di tutt’Italia, la gestione dei parcheggi e il mercato della droga che a Milano ha trasformato le bande da stadio in organizzazioni criminali.
Lo sport e soprattutto il calcio vivono di eventi, quelli ripresi dalle telecamere dei colossi delle pay tv. Che ogni anno a suon di milioni si contendono i diritti per trasmettere le gare di campionato e coppa in esclusiva (o quasi) sui rispettivi canali. La Lega Serie A, da anni, ha dichiarato guerra ai pirati informatici ed agli spacciatori di “pezzotto“: il sistema in grado di bypassare gli abbonamenti delle pay tv e garantire a “basso costo” i pacchetti degli eventi sportivi. Neanche a dirlo, la ‘ndrangheta ha fiutato l’affare puntando anche sullo streaming illegale. L’Ad della Lega, Luigi De Siervo, ha lanciato (nei giorni scorsi) l’ennesimo allarme: «Dietro ai pirati c’è la camorra, la ‘ndrangheta, c’è il far west informativo che regna e fuori dall’Italia ci sono almeno 300 milioni di euro che ogni anno finiscono nella tasche del crimine organizzato e non delle società di calcio».
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