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Papa Wojtyla, 40 anni fa il forte richiamo alla “questione calabrese” (ancora oggi irrisolta)

La visita pastorale dell’allora Pontefice nell’ottobre 1984: i messaggi di speranza ma anche parole e considerazioni di straordinaria attualità

Pubblicato il: 05/10/2024 – 7:20
Papa Wojtyla, 40 anni fa il forte richiamo alla “questione calabrese” (ancora oggi irrisolta)

LAMEZIA TERME Sempre attuali nonostante siano passati 40 anni. Sono le parole che Papa Giovanni Paolo II pronuncio nella sua visita pastorale in Calabria quel 5 ottobre 1984, quando per la prima volta fece tappa in Calabria, il primo papa dopo 800 anni. Una visita pastorale di tre giorni, tra i luoghi simbolo della spiritualità nella regione, come la Certosa di Serra San Bruno e il Santuario di San Francesco di Paola e nelle città capoluogo, da Catanzaro a Cosenza e quindi Crotone e Reggio per l’omelia finale nella quale Papa Giovanni Paolo II condensò le impressioni del suo abbraccio – ricambiato – alla Calabria, dopo aver toccato con mano le emergenze della nostra terra – la disoccupazione, la povertà, le diseguaglianze sociali, la ‘ndrangheta anche se ancora definita criminalità organizzata – e richiamato tutte le componenti della società, dalla politica agli stessi sacerdoti, a fare molto di più dopo il molto che pure si è fatto. A fare molto di più perché – dirà Papa Wojtyla a Catanzaro nel secondo giorno della sua visita pastorale – «bisogna riconoscere che lo Stato si è mosso, in questo dopoguerra, con interventi straordinari volti ad avviare le premesse per una giusta soluzione della “questione meridionale”. Molti sono stati i risultati: ma il divario tra Nord e Sud rimane, rimane la “questione meridionale”, nel cui ambito resta ancora più grave la “questione calabrese”». Che valeva ieri come vale oggi, a pensarci bene: ecco le parole. Attuali pur essendo passati 40 anni…

Papa Wojtyla a Serra San Bruno

Le tappe della visita in Calabria

Papa Wojtyla sbarcò all’aeroporto di Lamezia Terme il 5 ottobre 1984, il bacio ai bambini e una folla oceanica ad attenderlo. «Sono venuto qui per dirvi una parola di fraternità, d’incoraggiamento, di speranza. Mi auguro che le competenti autorità, a ogni livello, si adoperino per contribuire in maniera adeguata e tempestiva alla soluzione dei vostri urgenti problemi di natura materiale», osservò subito i Pontefice. Poi l’incontro nella bellezza struggente di Serra San Bruno con i monaci certosini, con l’augurio che «da questo luogo parta un messaggio verso il mondo e raggiunga specialmente i giovani, aprendo dinanzi ai loro occhi la prospettiva della vocazione contemplativa come dono di Dio», e l’altrettanto struggente passaggio al Santuario di San Francesco di Paola, un santo alla cui protezione «affido tutti coloro che in questa città soffrono per la disoccupazione, per la mancanza di lavoro» perché «San Francesco – rimarcò – è stato in vita un difensore dei poveri contro i soprusi dei potenti del tempo, e ha sempre restituito a tutti serenità, salute e coraggio. Ora dal cielo ottenga per la sua Calabria la serenità, la concordia degli animi, il rispetto della persona umana e aiuti a sconfiggere la piaga dei sequestri, la violenza e gli altri mali funesti che travolgono la società odierna e ottenga il lavoro per tutti». Il 6 ottobre la visita pastorale a Catanzaro, con diverse tappe – una particolarmente intensa all’ospedale – e con diversi messaggi “politici”: «Bisogna riconoscere che lo Stato si è mosso, in questo dopoguerra, con interventi straordinari volti ad avviare le premesse per una giusta soluzione della “questione meridionale”. Molti sono stati i risultati: ma il divario tra Nord e Sud rimane, rimane la “questione meridionale”, nel cui ambito resta ancora più grave la “questione calabrese”. Continua dunque ad essere necessario l’intervento dello Stato, col flusso cospicuo dei suoi finanziamenti: ma non basta. Occorre il supporto degli operatori intermedi e il coinvolgimento più diretto delle popolazioni locali in modo che i calabresi stessi diventino artefici del loro avvenire». E poi l’invito ai sacerdoti di Calabria a continuare «a gettare un fermento nuovo in mezzo al popolo e a far segnare una tappa al cammino di fede della comunità loro affidata». A Cosenza, sempre il 6 ottobre 1984, Papa Giovanni Paolo II si soffermerà sul ruolo della cultura, per la presenza della Università di Calabria: «L’università di Calabria – osservò – sia il punto più alto dell’interesse degli amministratori di questo capoluogo, poiché con uno studio serio che avvii a una professionalità qualificante si crea quella classe dirigente di cui la Calabria ha bisogno per risolvere i suoi problemi. La ricomposizione del tessuto sociale passa attraverso lo studio e l’impegno culturale, volti all’affermazione della dignità della persona umana: la Calabria tutta attende fiduciosa questo contributo di pace e di progresso sociale».

Il “Vangelo del lavoro”

A Crotone invece per Papa Giovanni Paolo II un tuffo nelle problematiche del lavoro, che aveva vissuto da giovane e che condivideva con la dolente Calabria: «So – affermò – che non mancano le difficoltà e le ricorrenti crisi che mettono in pericolo gli stessi posti di lavoro e creano disoccupazione: difficoltà e crisi, che sono comuni anche alle società più industrializzate ed economicamente forti, ma che qui, nel quadro della “questione meridionale” e più specificamente della “questione calabrese”, assumono connotazioni di particolare gravità, per le conseguenze sociali che comportano, per le preoccupazioni che suscitano in numerose famiglie e per lo scoraggiamento che provocano nei giovani e il terribile male della droga che in questi alimenta. Il comprensorio del Crotonese sta a dimostrare la laboriosità di questo popolo, come di tutto il popolo calabrese; sta a dimostrare che, con l’apporto di tutte le forze, con il necessario intervento dello Stato e della regione insieme all’opera dei comuni e delle libere iniziative, questa vostra laboriosità, accompagnata alla tenacia del vostro impegno e allo spirito di sacrificio che lo contraddistingue, può essere in grado di sconfiggere le difficoltà. La mia parola vuol essere l’annuncio del “Vangelo del lavoro” che ci rivela in modo compiuto la dignità e la sacralità del lavoro umano».

Papa Wojtyla allo stadio di Catanzaro

Il saluto alla Calabria

Il 7 ottobre 1984 il saluto di Papa Giovanni Paolo II alla Calabria, con un particolare accenno ai giovani e ai detenuti. «L’affascinante storia del passato e la bellezza della natura – ricordò il Pontefice – non mi fanno dimenticare la vostra odierna condizione, le difficoltà economiche e sociali nelle quali la città e la provincia di Reggio si dibattono. Oggi, sono qui in mezzo a voi con la piena consapevolezza di trovarmi in una regione del Mezzogiorno e nella città del più profondo Sud d’Italia, dove i problemi della “questione meridionale” nei suoi molteplici aspetti, geologici, economici, sociali, morali, amministrativi e politici, come pure culturali e religiosi, si manifestano nel modo più grave e talvolta più drammatico. Sono problemi che da tempo aspettano le giuste soluzioni; non v’è dubbio che in questi ultimi trent’anni molto si è fatto; ma ancora moltissimo rimane da fare sia attraverso l’intervento dello Stato, sia mediante la sollecita e concorde opera della regione, delle province e dei comuni, sia con la coraggiosa imprenditorialità dell’iniziativa privata. Molte sono state le attese deluse; molti, d’altra parte, sono i motivi di speranza per uno sviluppo economico, agricolo, industriale, turistico e commerciale di questa parte importante della Calabria. C’è poi il problema della disoccupazione che qui a Reggio è particolarmente acuto; la disoccupazione dei giovani, la disoccupazione intellettuale. È l’effetto del mancato sviluppo e della crisi economica che, nel contesto di tutti gli altri problemi, diventa causa di mali ancora più gravi. E come non ricordare ancora il fenomeno delle attività criminose e mafiose e le preoccupanti forme di omertà e di corruzione che esso genera. Oggi – conclude Papa Giovanni Paolo II – sono qui per dire a tutti voi una parola di incoraggiamento e di speranza. Vi invito innanzitutto a resistere alla tentazione del male, a fortificare le vostre virtù umane, a far convergere tutte le vostre energie di intelligenza e di cuore, che sono tante e così valide, verso l’edificazione di una società migliore, più giusta, più ordinata, più umana, una società degna della tradizione cristiana della vostra civiltà». (c. a.)

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