SAN GIOVANNI IN FIORE «Il libro “Le erbe di San Francesco di Paola” contiene una preziosa raccolta di 103 schede descrittive, realizzata grazie all’identificazione delle specie con criteri della sistematica vegetale, in modo da offrire al lettore una classificazione definitiva delle essenze vegetali riportate nelle trascrizioni dei processi canonici che hanno interessato questo gigante della santità».
L’ha detto l’assessore alla Cultura di San Giovanni in Fiore Antonello Martino, introducendo – nella sala di Palazzo de Marco – la conversazione sul libro (edito da Rubbettino) a cui hanno preso parte, oltre agli autori Giancarlo Statti docente di biologia farmaceutica all’Unical di Cosenza e l’etnobotanico Carmine Lupia, il responsabile nazionale per i Parchi di Legambiente Antonio Nicoletti e il giornalista Romano Pitaro.
Ha spiegato Statti: «Il volume è il risultato di alcuni anni di lavoro, anche applicativo, incentrato sulla straordinaria competenza erboristica e naturalistica del fondatore dell’Ordine dei Minimi. Un lavoro rigoroso ma anche divulgativo, che rafforza le intuizioni di San Francesco di Paola e ne certifica la validità, al netto della valenza spirituale dell’operato spirituale del Santo, alla luce delle più recenti evidenze scientifiche».
Per Lupia: «San Francesco conosceva bene la botanica, la farmaceutica, la biochimica, l’ecologia e le virtù medicinali e nutritive delle piante. Come si rileva dal fatto che scegliesse sempre le erbe medicinali giuste, farmacologicamente parlando, per ogni patologia che doveva curare e spesso usava miscele di più piante o alimenti al fine di favorirne l’attività biologica e gli effetti che oggi definiremmo sinergici».
Molti gli spunti offerti al dibattito, tra cui gli interrogativi sulla relazione tra fede e ragione scientifica su cui si sofferma (firmando la presentazione del libro) padre Gregorio Colatorti, correttore generale dell’Ordine dei Minimi, secondo cui “la fede privata della ragione corre il rischio di essere ridotta a mito o superstizione”.
Pitaro ha trovato interessante «la parte del volume sull’epopea dello studio delle piante e delle erbe che nel Medioevo vide impegnati i monaci che, in uno scenario di dissoluzione globale, nei monasteri piantavano e sperimentavano le specie descritte nei manuali classici. È grazie ai monaci – ha detto – che fu possibile la ricostruzione agraria di gran parte dell’Europa. I monaci trasformavano ‘la terra desolata in terra coltivata’, prosciugavano paludi e abbattevano foreste. A quegli sforzi per rimettere in piedi l’economica e la vita sociale dell’Occidente, senza ricorrere ad aberranti scontri di civiltà ma dando valore all’integrazione pacifica dei popoli, con lo studio, la cultura e le ‘arti pratiche’, forse, di tanto in tanto, dovrebbero volgere lo sguardo gli europeisti del nostro tempo».
Apprezzamenti sono stati espressi per la legge sulle piante officinali approvata dalla Regione lo scorso anno. Per Statti: «Con il decreto legislativo 75/2018 si è inteso superare la legge 99/1931 che era un riferimento per l’intero settore. Una delle principali novità della nuova legge quadro riguarda la coltivazione, la raccolta e la prima trasformazione delle piante officinali che da oggi sono considerate attività agricole. Questo prefigura uno sviluppo dell’intero settore soprattutto nei territori vocati come la Calabria, che possono ricavarne una economia significativa. Il mercato delle piante officinali riguarda oggi la liquoristica, l’alimentare, la fitoterapia (compresi gli integratori alimentari) e la cosmetica, settori, questi ultimi, che crescono ogni anno in doppia cifra. La legge quadro demanda alle Regioni l’applicazione di norme specifiche di cui la Calabria si è dotata nel 2023. Le principali azioni riguardano la gestione della biodiversità e del territorio. La regolamentazione della raccolta con relativo rilascio di tesserino di autorizzazione alla raccolta dello spontaneo, la definizione di un registro varietale delle specie ammesse alla raccolta e alla coltivazione, le relative aree e le modalità (quantità, tempistica e sistemi di raccolta) saranno tra le principali attività in capo ad un osservatorio regionale. È bene che ci si doti anche di una banca del germoplasma delle specie spontanee al fine di preservare e promuovere l’immenso patrimonio di biodiversità della nostra regione».
Secondo Nicoletti: «L’auspicio è che la legge riesca a fornire strumenti di conoscenza e tutela delle risorse fitogenetiche. Si tratta di un patrimonio di biodiversità sottovalutato, ma che potrebbe fornire opportunità alle comunità che detengono ancora tradizioni e conoscenze non valorizzate. Per questo crediamo che la creazione di una banca del germoplasma sarebbe da stimolo, sia per migliorare la ricerca scientifica che per le imprese che già oggi sfruttano queste risorse, ma non sempre utilizzano risorse locali risorse per mancanza di conoscenze adeguate o di garanzia di qualità delle specie offerte. Valorizzare le erbe officinali è importante anche per non disperdere il grande patrimonio di conoscenze ancora vivo nelle comunità, in particolare per quelle delle zone interne e montane, e che rischia di essere disperso se non si attiva un percorso di conoscenza popolare per trasmetterlo alle nuove generazioni».
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