COSENZA Nella lista dei pm della Dda di Catanzaro, Vito Valerio e Corrado Cubellotti (oggi in aula bunker a Lamezia Terme rappresenta l’accusa), restano pochi collaboratori di giustizia da esaminare nel processo celebrato con rito ordinario dinanzi al Tribunale di Cosenza e scaturito dall’inchiesta “Reset“, contro la ‘ndrangheta cosentina. In aula bunker, in video collegamento, fa capolino Edyta Kopaczynska: vedova di Michele Bruni storico elemento di vertice della famiglia “Bella Bella”. Ha scelto di chiudere con il crimine nel 2013, dopo la morte del marito e del cognato, «il clan Bruni si è sciolto e quindi ho scelto di collaborare». Poi «siamo diventati una “cosa unica” con il gruppo degli “Zingari” della famiglia Abbruzzese e del clan “Lanzino-Patitucci”».
Come altri pentiti, anche Kopaczynska ammette l’esistenza della “bacinella comune” dove confluivano anche i proventi delle estorsioni, «almeno fino a quando ci hanno arrestato nel 2009/2010». La cassa della mala è stata gestita – in periodi diversi – da «Michele Bruni, Francesco Patitucci, Maurizio Rango e Daniele Lamanna insieme ad Adolfo Foggetti». Sulla pratica del “sottobanco” della droga, conferma le dichiarazioni raccolte nel corso delle indagini e delle udienze. «Si poteva comprare solo da noi, chi andava fuori subiva delle conseguenze: doveva pagare o prendeva gli schiaffi». Nell’elencare i nomi dei soggetti gravitanti nella galassia criminale bruzia, la pentita cita Roberto Porcaro definito «una bandiera» perché stava «prima con il clan Cicero e dopo è passato da Patitucci, faceva tutto quello gli veniva chiesto: estorsioni, droga, tutto ciò che era necessario fare».
I ricordi sono offuscati ma Edyta Kopaczynska non ha dubbi quando le viene chiesto di riferire quanto di sua conoscenza sulla figura di Maurizio Rango. «Chi lo dimentica, mi odiava ed ha fatto bei danni alla mia famiglia. Anche Adolfo Foggetti e Daniele Lamanna che hanno ammazzato una persona per niente». Dopo la morte di Luca Bruni, «Rango, Lamanna e Foggetti sono venuti a chiedermi soldi». Lo stesso Maurizio Rango avrebbe poi intimato alla donna di abbandonare l’abitazione (situata nel medesimo palazzo popolare) perché «o diventavo la sua mantenuta oppure avrebbe posto fine alla famiglia Bruni. Mi ha aiutato a venderla e si è preso metà dei soldi e l’ha data ad una “Zingara”». Sulla “gestione” degli edifici popolari, il pubblico ministero chiede di approfondire la figura di Oscar Fuoco. Che «si occupava delle case popolari, ma non ricordo altro» e aggiunge: «l’appartamento abitato da Maurizio Rango era occupato abusivamente, hanno costretto un signore a lasciare casa».
Tra un racconto parziale e un “non ricordo”, la pentita tratteggia il ruolo delle donne all’interno dei gruppi criminali cosentini. «C’ero io quando mio marito quando era latitante o in carcere e davo le direttive ai ragazzi sul da farsi, le ‘mbasciate di natura criminale, come andare a cercare l’estorsione». Quando una donna torna dal carcere dopo aver incontrato il marito detenuto «arrivano a casa i “soldati” (riferito agli uomini del clan) a prendere le direttive. Succedeva la stessa cosa anche a Rosanna Garofalo, la moglie di Patitucci».
La pentita compie uno sforza di memoria e torna al periodo in cui era alla guida del clan in assenza del marito. Il flashback consente di rispolverare due estorsioni commesse, una «a Paola ad una concessionaria e c’erano Marco Foggetti e Fabio Foggetti e Arena» e poi «una ad un supermercato vicino via degli Stadi a Cosenza commessa da Ernesto Foggetti, Fabio Foggetti e D.F.». Su questa circostanza il pm chiede lumi. «Michele Bruni era in carcere, hanno organizzato loro. Hanno ottenuto 10mila euro come estorsione, Ernesto Foggetti mi ha consegnato i soldi a casa». Poi ci fu un incendio al supermercato, «mi recai a casa di Patitucci per capire cosa fosse successo, se uno paga ha l’assicurazione che il suo negozio non viene bruciato». Sulle attività estorsive, il pm Corrado Cubellotti chiede uno “sforzo” alla testimone per circoscrivere soggetti e zone di influenze dei clan. «C’era chi conosceva meglio la zona e procedeva con l’estorsione».
Poche le richieste di intervento degli avvocati del collegio difensivo, il controesame della testimone è breve e si risolve in pochi quesiti posti dall’avvocata Laura Gaetano, a chiarimento delle dichiarazioni rese. Sulle dichiarazioni rese su Rosanna Garofalo a che periodo fa riferimento? «Non ricordo bene, conoscevo Patitucci e quando si è messo con lei l’ho conosciuto». Ha fatto riferimento a “soldati” di Patitucci, ha mai assistito ad una conversazione tra Garofalo e i “soldati”? «Il fratello di Rosanna, era con Francesco, ed ha preso le direttive da lei. Non ho ascoltato ma ho presumo abbia riferito qualcosa».
Prende la parola l’avvocato Luca Acciardi in difesa di Andrea Bruni. Ha riferito di un “accordo” tra il suo gruppo e quello di Patitucci, quanto è durato? «E’ finito – tra virgolette – quando è morto mio marito, parliamo del 2011 ed è durato fino alla morte di Luca Bruni». Dopo la morte di Luca Bruni, suo cognato Andrea ha avuto ripercussioni? «Rischiavamo tutti, anche lui. Andrea non aveva nessun debito ma Rango si è inventato tutto e pretendeva soldi da me. La casa che ho venduto ha coperto il debito. Andrea Bruni dopo la morte di Luca Bruni non è stato assorbito da nessun gruppo». (f.benincasa@corrierecal.it)
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