CATANZARO «La cosa fondamentale dell’erba è che deve sballare.! quello è tutto il gioco!…io… faccio salire, faccio salire il THC al 21%!)». Dimostravano di avere una grande conoscenza nella produzione di cannabis. E’ uno dei passaggi dei dialoghi intercettati e finiti nelle carte dell’inchiesta “Artemis” della Dda di Catanzaro. Gli indagati, accusati, a vario titolo, di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, erano dediti alla coltivazione di marijuana e alle attività necessarie alla preparazione della sostanza per lo spaccio al minuto nelle piazze di Lamezia Terme, Maida e Cortale. Ma le attività andavano ben oltre. Il gruppo, secondo la Procura di Catanzaro, che questa mattina ha fatto scattare l’operazione che ha portato a 59 arresti, con 86 indagati, era guidato da Domenico Cracolici, classe ’71. L’organizzazione ‘ndranghetistica, secondo quanto emerso dalle indagini, aveva anche fonti di approvvigionamento nella Piana di Gioia Tauro, e in particolare a Rosarno, sede dei principali fornitori di cocaina ed eroina e dei semi di canapa impiantati nelle piantagioni di Maida e Mesoraca. E infatti in una delle conversazioni captate emergerà l’acqisto di cento chili di cocaina.
Con il ruolo di promotore e organizzatore, Domenico Cracolici è considerato dagli investigatori colui che ha promosso e organizzato «l’intera filiera del traffico di droga», mantenendo «i rapporti con la sottoarticolazione di Rosarno». Avrebbe dato disposizioni in merito all’attività da svolgere nelle piantagioni, gestito gli approvvigionamenti di narcotico dei diversi spacciatori, deciso la spartizione dei profitti. Dalle intercettazioni – si legge nell’ordinanza – è «stato possibile individuare la figura del maidese, quale dominus della produzione e del business lametino della droga». Una figura che emergerà in particolar modo quando perché «definito come un soggetto che fa tremare la terra, siccome dispone di diverse tipologie di narcotico (HA ERBA, TUTTO HA.!)». Cracolici avrebbe organizzato e gestito le piantagioni di narcotico site in contrada Corazzo e Siniscalchi, con la produzione di varie tipologie di sostanza stupefacente di tipo marijuana («nell’orto di Dio, finché, finché ne abbiamo, ne abbiamo per tutti.!»).
E ad essere considerato «anello di congiunzione tra il gruppo rosarnese e Cracolici» è Bruno Cappellano. Un legame che avrebbe consentito al boss di avere il monopolio del narcotraffico lametino diventando «dominus del narcotraffico». Dalle indagini è emerso come Cracolici e Cappellano avessero acquistato nel 2021 cento chili di cocaina dai rosarnesi Antonio Saffioti e Luigi Cutrì, «da immettere sulla piazza lametina» e «finalizzata a rafforzare il potere della consorteria di ’ndrangheta», «accrescendone così la forza economica, nonché l’egemonia sui territori di Maida e Cortale, piazza di spaccio esclusivamente controllata da e gestita Cracolici».
«E non so quanto gliene abbiamo dato…UN QUINTALE, UN QUINTALE SICURAMENTE», afferma Cutrì. Cracolici nel rispondere parla di una “società”: «Ma lui ha lavorato tanto due anni fa., ne abbiamo tolto… già ne ha tolto solo a me ed ad un altro, ad un altro che eravamo una società». Sarà Cutrì stesso, nel corso della conversazione ad affermare che gli approvvigionamenti di cocaina avvenivano tutte con il benestare del “cugino”, successivamente identificato in Saffioti, posto al vertice del sodalizio criminale rosarnese (Luigi: «ha parlato pure con mio cugino…che sarebbe quello che lui vi diceva che ha il compare, il compare sarebbe il cugino mio. !»).
Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x