Lunedì 11 novembre è San Martino, la festa del mosto e dei cornuti. Il Santo nacque nel IV secolo in Pannonia, l’attuale Ungheria, da una famiglia pagana. Si arruolò nell’esercito romano e si convertì al cristianesimo dopo aver incontrato un mendicante al quale diede metà del suo mantello. La notte seguente, sognò Gesù che gli restituiva il mantello intero e lo ringraziava per la sua carità. Da allora, si dedicò alla vita religiosa e divenne vescovo di Tours, in Francia. Morì l’8 novembre e fu sepolto l’11 novembre, giorno in cui si commemora la sua festa.
Ma le celebrazioni pagane delle corna sono spalmate su tutto lo Stivale a dimostrazione che tutto il mondo è paese. Dall’Alto Adige a Ruviano in provincia di Caserta, da Santarcangelo di Romagna ad Arsoli, città metropolitana di Roma Capitale, è tutto un rifiorire di avorio.
In Calabria la festa è più prosaica, all’insegna di questa filastrocca: «A nomu de Diu e de santu Martinu, /pana cuttu e furnu chinu, /ca bisognu nui nd’avìmu! /Santu Martinu bellu, chi splendori, /oh chi lustru di vara chi lu teni! / Di ‘stu paisi è lu protettori, / grazii ‘ndi cuncedi e ‘ndi disponi, / e ‘ndi cuncedi pe’ li peccaturi / massimamenti pe’ l’animi boni/».
Questa tiritera è stata rilanciata dalla giornalista Asmara Bassetti, che ha aggiunto: «Sono vari i paesi in Calabria devoti al Santo protettore dei viandanti e dei pellegrini, come Soriano Calabro, San Martino di Taurianova, Rocca di Neto, e Settingiano, quest’ultimo protagonista di un avvenimento particolare che ha fatto sì che si iniziasse a festeggiare il santo come patrono del paese, fino a quel momento Santa Donata. L’episodio risale al 1806 quando le truppe francesi si trovavano a Nicastro, nel lametino, e stavano distruggendo l’entroterra catanzarese, arrivando quasi al paese, dove i rivoluzionari di Settingiano, Tiriolo, Marcellinara e San Pietro a Maida riuscirono a respingerli. Non arrendendosi i francesi tornarono all’attacco, ma a Settingiano furono raggiunti da alcuni abitanti con in capo don Tommaso, il parroco, che portava in mano vino e soldi, i quali convinsero i francesi ad andarsene. Non è del tutto chiaro se furono i soldati che durante l’accordo imposero la devozione nei confronti del Santo noto in patria come protettore della fanteria transalpina, o se fu una decisione presa della comunità come ringraziamento al Santo francese per il pericolo scampato. Ma da allora San Martino divenne il protettore di Settingiano e viene festeggiato ogni anno con devozione e fede. […] In Calabria festa è sinonimo di buon cibo, lo sappiamo bene noi calabresi che non manchiamo occasione per sederci a tavola a consumare i cibi che più ci piacciono in base al periodo in cui ci troviamo. Anche per il giorno di San Martino ovviamente non possono mancare nella cucina della nostra regione ingredienti e pietanze che pur senza parlare raccontano di un tempo antico in cui oltre al mosto diventato vino, erano, e lo sono ancora, anche altri i piatti che aprivano la festa dell’11 novembre. La fine della fermentazione permette di assaggiare il primo vino novello, che accompagna in Calabria il baccalà fritto, rigorosamente servito con pipi, e con le olive ammaccate, verdi e salate e oliate da pochi giorni, essendosi conclusa da poco la raccolta. Un profumo di fritto che sa di casa, di tradizione, e di cose buone, che per fortuna mai abbandona le nostre famiglie, anche quelle più moderne. Immancabili in alcune zone i cuddrurìaddri, o zeppole, buonissime “ciambelle” salate a base di farina, lievito e patate, anche nella versione lunga con alici, in questo caso chiamate pitte ccu alici, vecchiaredde, o grispeddre, in base al luogo in cui vengono fatte. Una ricetta antica tramandata, ma diversa di famiglia in famiglia, che si sa, poi ognuno ci mette la propria mano. Potete provare a chiedere la ricetta, che avrà un’unica unità di misura: a ùacchiu, a occhio, o quanta si nni piglia, quanta ne prende, un quanto basta delle nostre nonne. Chiedete per verificare la risposta. Un tempo più usata, ma non del tutto scomparsa, è la pitta di San Martino, biscotti a forma rettangolare arrotondati con mandorle tostate, uvetta passa e fichi secchi, tipiche soprattutto delle zone del reggino».
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