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Geppino Ciacco, a dieci anni dalla morte un ricordo del preside di ferro del “Telesio”

Uomo, educatore, militante politico. Sabato 16 novembre una giornata al liceo classico con la consegna delle borse di studio a lui intitolate

Pubblicato il: 11/11/2024 – 16:48
di Eugenio Furia
Geppino Ciacco, a dieci anni dalla morte un ricordo del preside di ferro del “Telesio”

COSENZA Il passo marziale abbinato all’andatura claudicante, la statura di studioso ma un lieve ingobbimento leopardiano che sapeva tanto anche di Prima Repubblica – come gli occhialoni squadrati alla Andreotti e persino la stempiatura –, la collezione dell’Unità e una granitica fede comunista ma anche un piglio destrorso: Giuseppe Ciacco, Geppino per tutti – ma non per i telesiani, i più arditi dei quali non andavano oltre “Geppo” – è stato un uomo contraddittorio (o divisivo come usa dire oggi), il preside odiamatissimo del liceo classico di Cosenza quando ancora la Scuola non aveva imboccato la deriva imprenditoriale dei dirigenti-manager, della competizione mascherata da meritocrazia, dell’ansia da iscritti e della galassia delle sigle che disegnano progetti dalle dubbie ricadute, con buona pace dello studio matto e disperatissimo, per restare a Recanati.

Nell’antro di “Geppino”

L’antro di Geppino Ciacco era la grande stanza nel cuore della segreteria, il lungo corridoio che oggi ai liceali degli anni 80 e 90 sembra così cambiato – se non fosse per il bar sullo sfondo, una delle poche certezze rimaste immutabili come l’età di Luigi, cristallizzata a quel decennio. In quello spazio già inaccessibile ai più si muovevano i collaboratori più o meno stretti del “preside Ciacco” e un certo timore reverenziale si impadroniva degli adolescenti che si avventuravano tra quelle mura, sensazione che poteva tramutarsi in terrore se si incrociava Ciacco lungo i corridoi o nei padiglioni in orari non consentiti. Annicella e Amneris erano alcune delle “perpetue” del primo celebrante (laico) del rito quotidiano che si officiava al “Telesio”, le temutissime bidelle – si potevano ancora chiamare così – che vegliavano sui comportamenti di una fauna variegatissima, una galassia antropologica ricompresa tra il figlio-di-papà della Cosenza (presunta) bene e il generone provinciale tendenza Presila, “spertazzùne” spesso decisivo nei momenti di protesta se confrontato ai più mollicci rampolli della borghesia e delle professioni riconoscibili dall’abbinamento Barbour/Honda SH.
Ciacco – un matematico tra gli umanisti – apparteneva al ceto dirigenziale dell’istituzione scolastica che negli stessi anni vantava l’apporto di altre figure mitologiche come Luigi De Franco, decano della filosofia preside del liceo scientifico “Fermi”, o insegnanti passati alla storia, fossero Bozzo al classico o Valentino allo scientifico di via Molinella oppure Dionesalvi allo “Scorza”, costola “popiliana” della casa madre.

Il ventennio tra riflusso e occupazioni

Negli anni della Pantera un remix di un celebre brano dei romani Onda Rossa Posse “dissava” Geppo e la sua “polizia speciale” dipingendoli come una falange autoritaria, di certo era avvertita come autorevole se solo pensiamo alle recenti aggressioni a figure ritenute un tempo intoccabili anche letteralmente (oggi i gruppi whatsapp hanno da un lato disintermediato dall’altro intossicato i rapporti): eppure sempre in quei primi anni Novanta non mancarono le occupazioni del decennio post-riflusso, quando a Cosenza erano intanto germogliate non a caso una radio comunitaria (Ciroma) e un centro sociale (Gramna), e l’autogestione era tollerata così come le assemblee fiume nell’auditorium: passato il Natale passavano le velleità rivoluzionarie, però, come in osservanza di una legge non scritta.
Velleità che, infatti, nel resto dell’anno bisognava mettere da parte: bastava la sagoma di Ciacco che si stagliava all’ingresso, in cima alle scale dietro sbarre alte e grigie dal gusto vagamente carcerario, una figura a suo modo statuaria nella sua gracilità, con un abito quasi sempre sui toni del grigio o marrone, il gilet preferibilmente rosso – perché l’armocromia esisteva già prima di Elly Schlein – e la cravatta anche nei giorni della maturità. Chi entrava in ritardo veniva gentilmente fatto accomodare in biblioteca: ciò che per un liceale medio equivaleva a una tortura lunga 5 ore, e infatti vi si preferiva la presenza in classe.   

Una giornata a dieci anni dalla morte

Geppino Ciacco con i suoi occhiali e le sue sacre annate dell’Unità rilegate ed esposte con orgoglio in un tempio dell’istruzione pubblica (oggi qualcuno farebbe ricorso al Tar) non c’è più da dieci anni: sabato 16 novembre, alle 16,30, in quell’auditorium oggi intitolato ad Antonio Guarasci, saranno consegnate le borse di studio in suo nome, destinate agli studenti del Telesio oltre che dell’istituto comprensivo di Aprigliano; e verrà ricordata la sua figura di «uomo, educatore e militante politico» partendo da una lectio magistralis di Giuseppe Marino, professore emerito di Analisi matematica all’Unical. Poi saluti istituzionali, intermezzi musicali e testimonianze di ex studenti: ognuno ricorderà il “suo” preside potendolo chiamare Geppino, visto che anche le borse di studio in suo ricordo si chiamano orgogliosamente così. (e.furia@corrierecal.it)

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