LAMEZIA TERME Per una cosca quasi del tutto azzerata ce n’è subito un’altra pronta ad occupare gli “spazi vuoti”. Storie di ‘ndrangheta che si ripetono ogni volta, il manifesto di un’attitudine, quella della criminalità organizzata calabrese, al controllo del territorio e alla sfida delle forze di polizia. Episodi ricorrenti, dunque, tra i quali si inseriscono anche gli avvenimenti sul territorio lametino e quello al confine con la provincia Vibonese. In questa porzione di Calabria, infatti, l’indagine della Distrettuale antimafia di Catanzaro aveva assestato un duro colpo alla cosca Anello-Fruci grazie all’operazione “Imponimento”: decine di arresti e famiglie decapitate, fino alle condanne emesse in primo grado in ordinario e già in appello in abbreviato, tra cui i “capi” delle due fazioni: Rocco Anello, Tommaso Anello, Vincenzino e Pino Fruci.
E allora, considerato il vuoto di potere sul territorio, sarebbe stato il gruppo criminale guidato da Mimmo Cracolici (cl. ’71), già egemone sul territorio di Cortale e Maida e strettamente legato ai Cracolici di Filogaso e Maierato, a “prendersi” la zone tra Lamezia Terme e Filadelfia, raccogliendo in qualche modo “l’eredità criminale”, con il riconoscimento dalle cosche limitrofe del lametino, del catanzarese e, appunto, del vibonese.
Nell’inchiesta poi ribattezzata “Artemis”, gli inquirenti della Distrettuale antimafia di Catanzaro hanno così ricostruito le attività portate avanti da Mimmo Cracolici, a cominciare dallo spaccio di droga al taglio boschivo, fino ad un controllo capillare del territorio conforme a tutti gli effetti alla logica ‘ndranghetista di spartizione degli affari economici, senza tralasciare la forza intimidatrice, contando anche sull’assoggettamento e l’omertà delle vittime. Il boss di Cortale – nel corso dell’indagine – ha più volte manifestato i legami, anche profondi, con i vertici della cosca Anello-Fruci di Filadelfia, in particolare con Vincenzino Fruci e Rocco Anello (cl. ’61), attualmente detenuti. Ma non solo: gli inquirenti avrebbero fatto luce anche su uno spaccato della “gestione mafiosa” del territorio di Cortale, Maida e Jacurso che Mimmo Cracolici esercita non solo grazie ai legami di sangue con l’omonima famiglia vibonese, ma soprattutto agli insegnamenti ricevuti da maestri del calibro dei fratelli Fruci e proprio il boss Rocco Anello.
Le intercettazioni effettuate dalla pg su delega dalla Dda di Catanzaro, hanno restituito numerosi riscontri rispetto al rapporto strettissimo tra Mimmo Cracolici e, in particolare, Vincenzino Fruci, «arrivando a raccontare, in occasione di una delle tante conversazioni intercettate con i “soci” di Rosarno, di essere proprio cresciuto con loro», annotano gli inquirenti. Qualche tempo fa, ad esempio, Cracolici avrebbe consegnato a Fruci due autovetture, un Mitsubishi Pajero e una Mini Cooper «affinché provasse a venderle» annotano gli inquirenti, ma senza successo perché, il 21 luglio del 2020, è stato arrestato proprio nell’ambito dell’operazione Imponimento. Un argomento tornato d’attualità ad aprile del 2022 nel corso di una conversazione intercettata tra Mimmo Cracolici e Domenico Berlingeri noto come “Mimmo lo Zingaro” «il quale aveva portato sul posto, con un carroattrezzi, una Mini Cooper prelevata proprio dalla moglie di Vincenzino Fruci», annotano ancora gli inquirenti. In quella stessa conversazione, Berlingeri «oltre ad essere interessato all’acquisto di una partita di marijuana», avrebbe riferito a Mimmo Cracolici di voler ricavare dei pezzi di ricambio da quel veicolo. Storia diversa, invece, per il Mitsubishi: Mimmo Cracolici, infatti, al cognato ha specificato di averlo ripreso dalla moglie di Vincenzino Fruci e lo aveva fatto riparare. E, pur avendolo lasciato a Fruci, l’auto risultava comunque intestata a lui e, dal momento che non gli era stata del tutto pagata, «aveva preferito riprendersela» anche perché «aveva sentito in giro delle voci riguardo ad una possibile collaborazione con la giustizia da parte di quest’ultimo», scrivono ancora gli inquirenti.
«No, io mi sono cresciuto con loro! Con Pino e Vincenzo!». Così Mimmo Cracolici spiegava al rosarnese Luigi Cutrì la conoscenza pluriennale di Fruci, raccontando anche di aver intrattenuto «rapporti con i due boss di Acconia di Curinga, prima del loro arresto nel luglio 2020, per un consolidato traffico di sostanze stupefacenti», scrivono ancora gli inquirenti. Anche i rapporti tra Vincenzino Fruci e i rosarnesi erano datati, al punto da aver preso due autovetture (una KIA ed un Sorrento) «a garanzia del pagamento della merce, veicoli ancora nella loro disponibilità», scrive la pg. «(…) tre anni fa quando abbiamo fatto tutta quella là? Minchia i soldi… ci portava i soldi nei sacchi, nelle buste si può dire…». Così Giuseppe Saffioti riferiva di conoscere Vincenzi Fruci da almeno dieci anni e di avergli ceduto, con il suo gruppo, grosse quantità di sostanza stupefacente.
Altro elemento che – secondo l’accusa – certificherebbe il consolidato rapporto tra Mimmo Cracolici e gli Anello-Fruci è un particolare aneddoto che il boss racconta a Cortale, all’interno del bar “Catalano” di Francesco Catalano (cl. ’64) anche lui tra gli arrestati, con cui Mimmo si sarebbe intrattenuto a discutere le sue vicende giudiziarie ed i processi nei quali risulta attualmente imputato.
È la sera del 7 giugno 2023 e Mimmo Cracolici confida al barista di aver incontrato, a mezzogiorno, alcuni soggetti ai quali recapitare una ‘mbasciata.
«(…) che gli posso dire che no a quello in galera? Comanda ancora porca pu**ana… a me è arrivata l’imbasciata da Rocco… credimi, guarda che questo è proprio il capo dei capi! è inutile che uno si monta e si fa…», racconta proprio Cracolici a Catalano. Il messaggio di “non montarsi la testa” era da recapitare ad alcuni soggetti impegnati in un lavoro non meglio indicato, citando proprio Rocco Anello che, nonostante la detenzione, sembrerebbe ancora in grado di “comandare” il territorio.
In questa stessa occasione, Mimmo Cracolici racconta a Catalano un altro episodio, con cui intendeva rendere l’idea della potenza e dell’autorità esercitata da Rocco Anello. A quanto pare, infatti, il boss lo aveva «incaricato di organizzargli un incontro con Sandro Ielapi» riportano gli inquirenti, al quale però si sarebbe presentato «un soggetto non meglio identificato indicato con il nome di “Checco” e che si era spacciato per Ielapi» si legge ancora, «senza sapere che Rocco Anello conoscesse perfettamente Sandro». Di fatto una mancanza di rispetto che aveva mandato su tutte le furie il boss: «(…) guarda lo dovevo ammazzare, avevo ammazzato la persona sbagliata». Il racconto di Cracolici continua, riferendo ancora a Catalano di aver assistito personalmente alla collera di Rocco Anello che, una volta a confronto con Ielapi, lo avrebbe redarguito davanti alla moglie di tale “Giovanni il boss”. «Minchia, come lo ha smerigliato di fronte la moglie lo sai come lo ha combinato! Di fronte alla moglie di fronte a Giovanni “u Boss”… lo ha pezziato…». E ancora: «Gli ha detto “tu non devi avere niente con me! Quando ti chiamo io tu vola e basta!” (…) “altrimenti ti tolgo fuori dai coglioni, e lo sai come ti tolgo io” gli ha detto, gli e lo ha detto di fronte a me… e gli ha detto “e non vi montate la testa”». (g.curcio@corrierecal.it)
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