«Vi sono delle materie, cui pure si riferisce l’art. 116, terzo comma della Costituzione (ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia – ndr), alle quali afferiscono funzioni il cui trasferimento è, in linea di massima, difficilmente giustificabile secondo il principio di sussidiarietà. Vi sono, infatti, motivi di ordine sia giuridico che tecnico o economico, che ne precludono il trasferimento». È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza della Consulta, che si è espressa in merito alla legge sull’Autonomia dopo i ricorsi di quattro Regioni. In questo caso la Corte fa riferimento a materie in cui «predominano le regolamentazioni dell’Unione europea» come la politica commerciale comune, la tutela dell’ambiente, la produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia e le grandi reti di trasporto, ma anche le «norme generali sull’istruzione» che hanno una «valenza necessariamente generale ed unitaria» – le funzioni relative alla materia sulle “professioni” e i sistemi di comunicazione.
L’articolo 116 della Costituzione «richiede che il trasferimento riguardi specifiche funzioni, di natura legislativa e/o amministrativa, e sia basato su una ragionevole giustificazione, espressione di un’idonea istruttoria, alla stregua del principio di sussidiarietà», si legge ancora nelle motivazioni. «La ripartizione delle funzioni deve corrispondere al modo migliore per realizzare i principi costituzionali – viene aggiunto -L’adeguatezza dell’attribuzione della funzione ad un determinato livello territoriale di governo va valutata con riguardo ai criteri di efficacia ed efficienza, di equità e di responsabilità dell’autorità pubblica».
«I Lep implicano una delicata scelta politica, perché si tratta fondamentalmente di bilanciare uguaglianza dei privati e autonomia regionale, diritti e esigenze finanziarie e anche i diversi diritti fra loro. Si tratta, in definitiva, di decidere i livelli delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali, con le risorse necessarie per garantire uno standard uniforme delle stesse prestazioni in tutto il territorio nazionale». Per la Consulta, «il vizio alla base dell’art. 3, comma 1, sta nella pretesa di dettare contemporaneamente criteri direttivi – per relationem – con riferimento a numerose e variegate materie. Poiché ogni materia ha le sue peculiarità e richiede distinte valutazioni e delicati bilanciamenti, una determinazione plurisettoriale di criteri direttivi per la fissazione dei Lep, che non moduli tali criteri in relazione ai diversi settori, risulta inevitabilmente destinata alla genericità».
«Appare congruo – si legge ancora – che, se una regione chiede ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia rispetto alle altre regioni ordinarie, diventi responsabile, anche sotto il profilo finanziario, delle risorse che l’intesa e la legge rinforzata individuano come modalità di finanziamento delle funzioni attribuite. Un meccanismo che consenta di disporre di una sorta di ‘paracadute’ finanziario annuale, invece, non si giustifica per tali funzioni aggiuntive, che la regione dovrebbe proporsi di gestire al posto dello Stato proprio confidando sulla maggiore efficacia ed efficienza del livello di governo più prossimo al territorio». Si legge nelle motivazioni della Consulta che si è espressa nello specifico al ricorso della Puglia riguardo ai profili finanziari della legge (articolo 8, comma 2) che consentirebbe alla regione di “spendere a piacimento […] sicura della successiva copertura”. «Ciò, peraltro – prosegue la Corte – non esclude la possibilità, in via straordinaria, di forme di aggiustamento delle compartecipazioni, ma queste dovranno essere regolate dalla legge rinforzata e non potranno che avvenire all’interno di un trasparente processo che coinvolga anche il Parlamento».
«L’autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini, in attuazione del principio di sussidiarietà». «Questo implica due corollari – viene aggiunto – da un lato, il trasferimento della funzione non dovrebbe aumentare la spesa pubblica ma dovrebbe o ridurla o mantenerla inalterata, nel quale ultimo caso la gestione più efficiente si tradurrà in un miglioramento del servizio; dall’altro lato, il criterio da seguire per finanziare le funzioni trasferite dovrebbe considerare il costo depurato dalle inefficienze (come può essere il costo e fabbisogno standard, da applicare se la funzione attiene ad un Lep)».
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