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la sentenza

Omicidio in Svezia, ergastolo per il cosentino Salvatore Aldobrandi

Il 75enne, originario di San Sosti, è stato ritenuto responsabile della morte di Sargonia Dankha, scomparsa nel 1995

Pubblicato il: 15/12/2024 – 15:57
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Omicidio in Svezia, ergastolo per il cosentino Salvatore Aldobrandi

GENOVA Dopo 29 anni, la giustizia italiana ha risolto un cold case svedese ed ha condannato all’ergastolo un pizzaiolo italiano di 75 anni, tornato a vivere dalla Svezia a Sanremo, accusato del femminicidio della ex che all’epoca aveva 21 anni. E’ stato condannato Salvatore Aldobrandi, 75 anni, originario di San Sosti (in provincia di Cosenza), ma da anni residente a Sanremo, accusato di omicidio volontario aggravato dai motivi abbietti per avere ucciso Sargonia Dankha, 21 anni, di origini irachene, naturalizzata svedese, sparita nel nulla nel primo pomeriggio del 13 novembre del 1995 a Linköping, in Svezia. Il cadavere non fu mai trovato e le autorità svedesi decisero di non procedere per omicidio. I parenti della giovane si rivolsero allora alle autorità giudiziarie italiane che riaprirono il caso. Il dispositivo della sentenza è stato letto nel pomeriggio dopo un weekend di camera di consiglio dal presidente della Corte di Assise di Imperia, Carlo Alberto Indellicati. «E’ stata davvero una grande soddisfazione: per noi, per il nostro ufficio e mi piace dire, forse esagero, per l’Italia che ha saputo dare una risposta di giustizia dopo tanti anni a una famiglia colpita da un fatto gravissimo» ha detto il pm Maria Paola Marrali all’uscita dell’aula del tribunale di Imperia. Nella requisitoria aveva citato un caso analogo, quello di Roberta Ragusa, il cui marito Antonio Logli è stato arrestato e condannato malgrado l’assenza del cadavere. Citando la sentenza della Cassazione aveva detto: «Non è morte accidentale altrimenti avremmo trovato il corpo, e allora è sicuramente una morte omicidiaria». Soddisfazione anche per il collega Matteo Giobbi: «Le speranze c’erano, però è evidente che nel corso di un processo e di un’indagine, ci sono tanti momenti in cui le cose possono andare bene o meno bene. L’importante è avere ben chiaro un obiettivo finale e noi pensavamo di averlo, senza nessun tipo di problema, nel dover andare avanti». «Siamo veramente molto contenti per noi e per la famiglia, che purtroppo non è riuscita a reggere alle emozioni di venerdì ed è tornata in Svezia. L’abbiamo già contattata e sono felicissimi, perché anche se questo processo non restituirà loro Sargonia, riusciranno però a mettere un punto a questa vicenda durata trent’anni» ha detto l’avvocato Francesco Rubino, parte civile della famiglia di Sargonia Dankha. «Eravamo convinti che la Corte avrebbe creduto alle nostre ricostruzioni – ha aggiunto – che ci fossero prove sufficienti e che il grandissimo lavoro dei poliziotti nel 1995, della procura d’Imperia e poi nostro, per fare aprire questo processo, fosse alla fine riconosciuto». Conclude Rubino: «Ed è stato riconosciuto non solo che Aldobrandi ha commesso un omicidio, ma che l’ha commesso in circostanze particolari, cioè coi motivi abietti: una costante relazione caratterizzata dal possesso e dall’ossessione, quello che ha determinato oggi l’ergastolo». La difesa di Aldobrandi, sostenuta dall’avvocato Fabrizio Cravero aveva chiesto l’audizione di altri testi e l’assoluzione «perché il fatto non sussiste», in subordine l’«esclusione della recidiva, l’insussistenza dell’aggravante contestata e la concessione delle attenuanti». All’esito della lettura del dispositivo ha annunciato che attenderà di conoscere le motivazioni per poi ricorrere in Appello.

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