MILANO «So che Antonio Bellocco aveva promesso a Monardo e “al cacciatore” che li avrebbe fatti guadagnare dalla sua parte, dagli introiti che avrebbe avuto lui». «Anche loro ad un certo punto avanzano delle pretese, ma io ero stato molto chiaro in queste robe qua, ad Antonio ho detto: “visto che t’hanno portato loro da noi, te ne devi occupare tu di loro”». Sono i dettagli raccontati ancora agli inquirenti della Dda di Milano da parte di Andrea Beretta, l’ex capo ultrà dell’Inter ora collaboratore di giustizia, coinvolto nell’inchiesta “Doppia Curva”. Il riferimento è al periodo successivo all’arrivo, a Milano, del rampollo dell’omonima cosca di ‘ndrangheta, poi ucciso dallo stesso Beretta lo scorso 4 settembre. Beretta spiega di averlo detto ad Antonio, ma anche a Marco Ferdico. «Gli ho detto “comunque se questi due qua hanno fatto questo piacere qui, poi se la deve vedere Antonio con loro”, invece Antonio li ha spediti dopo», in buona sostanza «sono scomparsi dalla circolazione».
Tra gli elementi emersi dai racconti del collaboratore di giustizia e dall’inchiesta, c’è anche il piano che avrebbe dovuto portare alla sua eliminazione. Dettagli che l’ex capo ultrà nerazzurro avrebbe appreso peraltro da alcuni soggetti in affari con Ferdico e Bellocco. Si tratta di Daniel D’Alessandro, cugino proprio di Ferdico, soprannominato “Belloebuono” – come riportato nell’ordinanza – o “Bellebuono” nel verbale risalente allo scorso 21 gennaio. «Quando è venuto “Bellebuono” a casa mia, ad avvisarmi di questo contesto qua, che volevano ammazzarmi, ero venuto a sapere che Marco aveva dato dei soldi ad Antonio per un lavoro di droga e in questa roba qua erano entrati anche quei due là (Idà “il cacciatore” e Monardo ndr) e allora lui ha dato i soldi…». E racconta ancora agli inquirenti della Dda: «Mi dice che praticamente Marco aveva perso 100.000 euro per un lavoro da fare al porto, che doveva arrivare del materiale, e in questo lavoro qui c’erano dentro anche Monardo e “il cacciatore”. Il periodo non me l’ha detto, poi però i due vengono spediti…».
«Anche un altro ragazzo che era venuto quand’è venuto su Antonio è stato spedito. Totò Bellocco si era portato un suo amico con lui, dormiva a casa sua, stava con lui, no? Dopo questo qua, anche lui pretendeva soldi e cose e l’ha spedito». Anche in questo Beretta non ricorda il nome, ma è certo che «era un amico, non di famiglia, un suo amico di quando erano piccoli».
«Belloebuono viene a casa mia, viene ad avvisarmi dell’azione che voleva farmi nei miei confronti», racconta poi Beretta a proposito del piano omicidiario ordito contro di lui. Il collaboratore, inoltre, riporta agli inquirenti altri dettagli appresi da altri soggetti, e chiama in causa un tale Pinna, «quello che Marco ha poi aiutato a trovargli il lavoro lì alla carrozzeria, perché era detenuto a Bollate, per uscire in sorveglianza a lavorare». E ancora: «Io vengo a sapere da “Bellebuono”, che Marco aveva proposto a Pinna di fare l’azione nei miei confronti, gli aveva proposto 100.000 euro. Però sul momento io Pinna l’avevo conosciuto come un bravo ragazzo, tramite Tony Sanrocco, “Guarda che è un bravo ragazzo”, cioè me ne aveva parlato. Però sul momento io Pinna l’avevo conosciuto come un bravo ragazzo, tramite Tony Sanrocco, cioè me ne aveva parlato lui. Io non ci ho mai avuto a che fare, lui mi aveva detto che era un bravo ragazzo, che era un ragazzo in gamba…». (g.curcio@corrierecal.it)
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