‘Ndrangheta, il boss Girolamo Costanzo «simbolo come Totò Riina» e la lezione alle nuove leve dei Gaglianesi
Nell’inchiesta emerge la fedeltà (ma anche le critiche) al vecchio boss detenuto in carcere e la «tirata d’orecchie» dell’affiliato ai giovani

CATANZARO Da una parte le nuove leve, giovani spregiudicati dalla violenza facile, dall’altra la “vecchia guardia” che interviene per dirimere questioni e dare lezioni ai loro successori. Nell’inchiesta Clean Money, che ha portato all’arresto di 22 persone nell’operazione di ieri, emerge un vero e proprio cambio generazionale all’interno dello storico clan dei Gaglianesi, “riemerso” negli ultimi anni dopo le inchieste che in passato l’avevano disarticolato. Con il boss storico Girolamo Costanzo in carcere e condannato all’ergastolo per l’omicidio di Pietro Cosimo avvenuto negli anni ’90, nuovi assetti ed equilibri coinvolgono la ‘ndrina catanzarese. Al vertice viene individuato come «reggente» lo “zio” Lorenzo Iiritano, arrestato, ma nel panorama criminale si affacciano ora anche le nuove leve, pronte a subentrare ai vecchi capi.
Le critiche al boss Girolamo Costanzo «simbolo come Totò Riina»
Dal carcere, tuttavia, a reggere il ruolo come «capo indiscusso e meritevole di rispetto» è il boss Girolamo Costanzo. Ma anche lui, ricostruiscono gli inquirenti, non è esente dalle critiche dei sodali rimasti fuori, tra cui Pietro Procopio (arrestato, ndr), secondo i quali «con il suo comportamento aveva creato problemi a tutti». Nella conversazione lo storico boss viene criticato perché «stava in carcere pur da innocente per l’omicidio Cosimo» e perché, nella scelta dell’alibi, «si era limitato a dire che in quell’occasione era in compagnia di una donna». Un atteggiamento che, addirittura, avrebbe fatto pensare ad una sua eventuale scelta di collaborare con la giustizia. Lo stesso Procopio avrebbe raccontato poi che i veri autori dell’omicidio sono ormai deceduti, ma che se anche Costanzo fosse uscito dal carcere «si allontanerebbe dalla città, perché ora lo scenario è cambiato, però lui rimarrebbe sempre come un simbolo, al pari del boss di mafia Totò Riina».
Le “lezioni” alle nuove leve
Uno scenario cambiato anche per la presenza dei nuovi giovani. Tra questi, individuano gli inquirenti, Manuel Pinto ed Emanuele Riccelli, entrambi classe 1997 e arrestati nell’operazione di ieri, nei confronti dei quali tiene una vera e propria “lezione” Maurizio Sabato, oggi deceduto e ritenuto affiliato storico della ‘ndrina. Sabato, avvisato da un terzo soggetto di una discussione che avrebbe coinvolto Pinto e Riccelli, si rivolge con una «tirata d’orecchie ai due giovani che cercano di sminuire l’accaduto dovuto al fatto che forse erano tutti un poco ubriachi». Nella conversazione, invita loro a «pensare sempre alle conseguenze di ciò che fanno». In particolare, Riccelli durante la discussione con il ragazzo avrebbe usato l’espressione «ti spacco la faccia che io sono di Gagliano», cosa non gradita dallo stesso Sabato «perché le conseguenze sarebbero ricadute su di lui». Anche di fronte a divisioni all’interno del gruppo, paventate da Pinto, Sabato «replica che invece tutti loro devono considerarsi legati l’uno all’altro ‘come una catena’». Di fronte, dunque, alle nuove leve Sabato «si erge a insegnante e formatore dei nuovi sodali circa quelle che sono le regole comportamentali, come non avviare liti inutili con altri gruppi criminali e circa la necessitò di rivolgersi per avere sostegno e consiglio proprio ai vertici interni». (ma.ru.)
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