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Cosenza: Guarascio, l’”imperatore” senza popolo e la sua scommessa sull’alienazione

Non sembra vedersi in lontananza uno spiraglio di luce, una soluzione al problema, un respiro lungo che possa allontanare i pensieri negativi

Pubblicato il: 26/03/2025 – 8:41
di Francesco Veltri
Cosenza: Guarascio, l'”imperatore” senza popolo e la sua scommessa sull’alienazione

COSENZA Il vero problema, forse, non è tanto il rifiuto, ma l’indifferenza. La mancata risposta a una proposta di acquisto mentre al resto del mondo stai raccontando che ci sono «trattative in corso in stato avanzato».
Ciò che preoccupa della situazione in cui versa il calcio cosentino è proprio la rinuncia all’apertura, all’autocritica, al dialogo, al compromesso, a prescindere dal fatto che chi prova a comprare il Cosenza calcio piaccia oppure o no, abbia solidità economica, scheletri nell’armadio o fondi esteri da tenere riservati anche quando riservati non lo sono più.
Eugenio Guarascio da mesi riesce a farsi scivolare addosso ogni critica, anche la più degradante, non risponde ai suoi interlocutori, di tanto in tanto rassicura sindaco e città che gli mettono pressione, al solo scopo di guadagnare tempo, fiato, nuovi seguaci e rassegnazione altrui. Sì, perché, la sensazione è che l’imprenditore-imperatore lametino stia puntando tutte le sue ultime fiches, e non è dato sapere a quale scopo, proprio sulla rassegnazione del popolo che vive ai piedi del suo castello di sabbia, quel popolo che sta affamando con cinismo e gli chiede, disperatamente e violentemente, un passo indietro.

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Eugenio Guarascio in uno dei tanti incontri con il sindaco Franz Caruso


La sua è una scommessa sullo sfinimento, sull’archiviazione, sull’alienazione emotiva di una tifoseria che non sa più cosa inventarsi per fare capire al padrone, non più riconosciuto come tale, che non è più gradito. Con la convinzione che anche questa volta avrà fortuna, riuscirà a sfangarla, precipiterà in terza serie protetto da un paracadute pieno di toppe e un paio di milioni di euro da mettere in tasca, convivendo, come ha sempre fatto, con il dissenso che lo circonda. Senza alcuna prospettiva.
Visto che non parla, visto che non spiega le sue assenze e le sue promesse tradite, l’idea collettiva è che Eugenio Guarascio voglia restare il più a lungo possibile ancora al suo posto per un interesse o per un obbligo dal quale non può proprio sottrarsi, e non per passione.
Ormai è chiaro che considera il Cosenza calcio non una comunità, non una realtà a cui elargire gioia e speranza, ma una delle sue aziende, la più popolare, quella che dopo anni di lavoro imprenditoriale in cui ha accumulato appalti e denaro, dal 2011 in avanti gli ha donato una luce mai conosciuta prima, una riconoscibilità che ha fatto emergere una vanità che col tempo ha finito per diventare la sua ombra più ingombrante: provocatoria, arrogante, padronale, di sfida.
Da tempo, troppo tempo, la squadra di pallone cittadina viene associata alla sua sagoma inconfondibile e unica, al suo volto sfuggente e indecifrabile, e pare avere perso la sua identità ultracentenaria fatta di passione e momenti storici ricchi di dolore e romanticismo, epica e letteratura.
A tutto questo oggi si è ridotto il Cosenza calcio, e non sembra vedersi in lontananza uno spiraglio di cambiamento, una soluzione al problema, un respiro lungo. Perché per risolvere un problema, qualunque esso sia, bisogna prima conoscerlo, avere tutto chiaro, capire perché non si dialoga con sincerità, perché non si racconta l’intera verità.
Ciò che è visibile e da cui non si può più sfuggire, al momento è soltanto un ultimo posto in classifica e una retrocessione a un passo. Il resto è solo noia, sono chiacchiere, è quel castello di sabbia e di rabbia che sta per sgretolarsi definitivamente.
C’è chi dice che per ora sia necessario concentrarsi soltanto sul campo, sulle residue chance salvezza, poi, a fine stagione, si faranno i conti, i processi e forse le trattative in corso (?) diverranno concrete. Un proposito che si ripete ininterrottamente da anni, per poi riprendere inesorabilmente la corsa sul suo binario morto. (f.veltri@corrierecal.it)

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