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Calogero, il timido poeta amato da Ungaretti, Montale e Repaci

A 64 anni dalla sua prematura scomparsa, il poeta calabrese tra i più grandi del Novecento, andrebbe celebrato e con lui la Calabria

Pubblicato il: 27/03/2025 – 15:48
di Vito Teti
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Calogero, il timido poeta amato da Ungaretti, Montale e Repaci

«Paesaggi dell’anima nudi ed assolati»
La scrittura, qualunque sia il motivo iniziale da cui trae motivo per manifestarsi, tende sempre ad essere null’altro che un’opera giuridica, cioè l’adempimento teorico della perfetta giustizia – giustizia che inizia già a mostrarsi nei segni attraverso cui si esprime – cioè nella forma lessicale. Credo tuttavia che nella vita tutto – anche quanto esula dalla scrittura – anche quando sembra esista malafede nell’animo degli individui – tende all’adempimento della giustizia – naturalmente per ogni individuo in relazione ai problemi di cui si ha cognizione. Solamente da chi ha cognizione del maggior numero di problemi può attendersi un’opera, qualunque essa sia scritta o non scritta che contribuisca originalmente all’espandersi ed all’estendersi della vita in nuove zone […]
(L. Calogero)                                                          

paesi persi del tempo
in una luce che li smorza gemono
in una vana rincorsa

(L. Calogero)

Senza il sapere non sarebbe stato possibile avere
il concetto di libertà.
Ma la libertà, una volta avutone il concetto non si può realizzare altrimenti
che mediante la possibilità di accrescere ed estendere il sapere.

(L. Calogero)

Esistono immagini fotografiche che sembrano riassumere il profilo, la vita, il destino di un uomo. Per questo, occorre, che immagini emblematiche, specie quando riguardano individui di cui sappiamo poco o, viceversa, immaginiamo di sapere molto, vengano tipizzate e trasformate in stereotipo.
Novembre 1954. Lorenzo Calogero raggiunge Milano per chiedere notizie a Giulio Einaudi su due manoscritti, inviati nell’ottobre dello stesso anno e mai «pervenuti», a quanto pare, alla casa editrice. Non è la prima e non sarà nemmeno l’ultima disavventura editoriale di Calogero. In Piazza Duomo, gli viene fatta la famosa fotografia che consegna definitivamente il suo corpo, la sua immagine corporea, ai contemporanei e ai posteri. Cappello in testa, con il capo piegato da un lato, lungo cappotto, cartella in mano come uno scolaretto che attende o ha superato un esame, la prova difficile di vivere in quel mondo che il poeta, in una delle tante lettere a Sinisgalli, definisce «del tutto enigmatico ed ermetico».
Lorenzo Calogero ha attraversato la poesia e la cultura del Novecento quasi come un’ombra, come uno spettro, come se il corpo bloccato, nervoso, trasparente fosse un segno della sua vicenda, di quei sinistri venti di sfortuna che hanno fatto in modo che il suo nome diventasse, come egli stesso ha scritto nei versi della raccolta Sogno più non ricordo, una «luminosa discordanza che si perde e passa».
La sua esistenza è «acclimatata ad altra lontananza», quella della poesia per la quale  sacrifica tutto, ingaggia una dura e tenace lotta con il suo corpo e con la sua mente. Il suo corpo diventa verso, scrittura, poesia. I quaderni e i fogli che riempie, scrivendo in maniera frenetica e ininterrotta, riflettono la dilatazione della sua immagine, della sua anima errante.
I maggiori studiosi della poesia calogeriana hanno sottolineato come in essa siano ricorrenti la rappresentazione della natura e la sua trasfigurazione, il sogno, il sonno, la presenza di un tu indecifrabile, il misticismo della prima produzione poetica, l’erranza, la nostalgia di un tempo mitico, la costruzione della «città fantastica», il viaggio sotterraneo, il volo. Leonardo Sinisgalli, che per primo si è occupato della poesia di Calogero, ha parlato di «poetica dell’arabesco», di una sorta di algebra, di un’ottica, di una fisiologia che sottrae il poeta al rischio di «sembrare insensato, assurdo», al rischio di non dire nulla.
Altri studiosi hanno ripercorso il mondo fantastico del poeta, i suoi paesaggi onirici, il suo geometrismo evanescente, l’iperrealtà della sua poesia, le trame infinite e aperte, le simbologie e le metafore che costituiscono i suoi universi incantati.
Sarebbe interessante aprire anche una pista per individuare un radicamento della sua parola poetica, ed indagare su come l’immaginazione arabescante sia fortemente legata ad un paesaggio aperto, inconcluso, indefinito, come la natura e la geografia della sua terra. Le rocce, i boschi, le nuvole, i fiumi, il mare, le montagne, l’acqua, i fiori, le piante, l’edera, la spiga, sembrano anche i luoghi in cui si è incarnato Dio (come scriveva Pavese osservando le rocce rosse lunari di Brancaleone). Non a caso, Caterina Verbaro e Sonia Rovito si sono soffermate sul panteismo calogeriano. Spazi reali e metaforici, seppur in un’apparente insignificanza degli elementi, mostrano una profonda unitarietà di suoni e di significati. La geografia e la geometria fantastiche di Calogero, non possono essere separate dalla topografia, dal paesaggio e dai luoghi da lui abitati e conosciuti.  Una topografia che non è solo geografia di paesi, quanto piuttosto ricerca e disvelamento di un universo di conoscenze assolute e totalizzanti. A rincorrere, versi, parole, immagini, simboli, a volte, affiora una sorta di geoantropologia, di geografia, di fisica e di metafisica dei luoghi, del paesaggio, della natura. Una poesia quasi geologica, naturale capace di cogliere profondità, sfumature, colori, onde sonore del paesaggio. 
Animali, persone, oggetti del mondo in cui vive, e dove si sente straniero e in esilio, trovano nei suoi versi un’attenzione particolare e invitano a ripensare, in maniera non scontata, il senso della solitudine e dei legami del poeta con il mondo che lo circonda. Soltanto a inventariare le forme, le immagini, i colori, i toni, i simboli, le allegorie e le analogie delle “sue” nuvole (propongo, in questa prospettiva, la lettura delle poesie Nuvole di ogni ora, Orizzonte, Nuvole, Malavoglia, Sciolgo a te nuvole…, soltanto per limitarci a questa volume) viene da pensare a una geofilosofia delle nuvole, che certo non è estranea ai paesi (si veda la poesia Paesi addormentati), ai paesaggi, ai luoghi da lui frequentati e, naturalmente, ai suoi stati d’animo, al suo malessere, ai suoi sogni e alle sue utopie.

Sono aspetti poco indagati della poesia di Calogero, anche se Antonio Piromalli ha segnalato che «il paesaggio calabrese della rupestre costa del Tirreno fronteggiata da scogli e vulcani nell’arco solenne tra Sicilia e Bagnara, immagine di cataclismi remoti e di apocalittiche rovine, inteso fuori del tempo e della storia, diventa per Calogero simbolo di una forza senza confini in cui l’uomo è pietrosa solitudine impotente contro le piogge uraganiche e l’incomposto franare delle rocce».
 Anche il senso della morte e del dolore, l’attenzione particolare, «fasciata di pietas che perisce», alla povera vita dei paesi della sua regione, il motivo dell’esilio e dell’erranza, suggeriscono di legare la poesia e la poetica di Calogero anche all’ambiente e alle culture dei luoghi, all’antropologia di una terra di bellezze e di rovine, all’ideologia della morte nei paesi calabresi, a un universo mobile e dolente, solare e sotterraneo, luminoso e ombroso. Scrive Calogero in un quaderno del 1939: «Io sono un uomo perseguitato dal mio terrore di rivelare sentimenti assurdi e di disgelare ogni mio affetto più sano corrotto da ogni possibile assurdità […] questo è il motivo per cui è esistito sempre in me l’istinto di sviluppare fino a un grado massimo l’istinto verso la poesia, per compensarmi dell’amore che non ho e non ho potuto avere». È uno dei tanti “pensieri” sulla poesia, “nascosti” tra i quaderni, che invitano a evitare giudizi frettolosi e impressionistici, letture localistiche e forzature provinciali e, anche, a luoghi comuni rituali sull’universalità della poesia di Calogero. Il magma alluvionale delle migliaia di versi e, come nota Piromalli, il «carattere dei mosaici e degli arabeschi, della musicalità incomparabile e dei contrappunti di stridori e tessuti alogici di parole», oltre a celare e svelare terrori, sentimenti, angosce, la malattia, l’amore, l’anima del poeta, a leggere con una certa “attenzione”, hanno il dono di aprire a una poesia che svela e coglie l’anima dei luoghi (adopero l’espressione di James Hillman). Naturalmente bisogna, una volta per tutte, rinunciare alle retoriche provinciali e identitarie, e storicizzare il poeta inserendolo nella tradizione poetica italiana ed europea e nella filosofia dell’Ottocento e della prima metà del Novecento. 

È una delle piste, problematiche e aperte, da percorrere – quella che si muove tra poesia, letteratura e antropologia – ma qualcosa di più puntuale e pertinente potrà essere scritto quando, finalmente, sarà portata avanti un’opera filologica e critica, sull’intero corpus calogeriano e anche sulla sua prosa, sui suoi pensieri, i suoi appunti, in pratica del tutto sconosciuti. 
Calogero, pure circondato da tanti giudizi critici positivi, fondati, avvertiti, talora entusiastici (da Sinisgalli a Montale, da Caproni a Vigorelli, da Luzi a Solmi) ha avuto poca o scarsa fortuna con gli editori e i letterati del suo tempo. È vissuto appartato, in solitudine, lontano dai circuiti culturali, perché i suoi versi, come ci ricorda Stefano Lanuzza, inducono a «quel moto di deriva tra sé e la vita che negata dai mestieranti della poesia e dai fautori d’una pressoché naturalistica identificazione tra vita e arte», ha avuto in lui la sua più tragica rappresentazione. Ma di ciò Calogero era del tutto consapevole, anche quando scriveva le sue lunghissime lettere agli editori, affinché lo liberassero dal suo stato di interdizione. Con lucidità, faceva l’analisi del suo processo di esclusione, giungendo all’amara consapevolezza che: «se la vita dei poeti si ribalta e si è risolta quasi sempre in un completo fallimento è perché la loro parola trova difficilissimamente credito anche sotto gli aspetti più elementari fra gli uomini».
Tentando una disperata resistenza a questi asettici meccanismi di immobilizzazione, Calogero pubblica in vita, a sue spese, a sua cura, le sue raccolte e attende risposte da editori e poeti, che lo tenevano in una sorta di ansia e aumentavano il suo mal di essere. Soltanto dopo la sua morte, grazie a Giuseppe Tedeschi, vedevano la luce, nel primo dei due volumi delle opere editi da Roberto Lerici nel 1962 e nel 1966, i suoi «quaderni di Villanuccia» (con poesie selezionate tra un’enorme mole di versi) che lo rendevano noto ad un più vasto pubblico. Da quel momento esplode il «caso Calogero», ma dopo i clamori dell’esordio che, tuttavia non si svolge nell’ambito dei movimenti letterari dominanti di quegli anni, la critica lo rimuove nuovamente, lo cancella, lo espelle, lo confina in una sorta di perifericità del tutto incomprensibile, rendendolo, alla maniera di Heidegger (filosofo che influenza non poco Calogero), un «abitatore del vento». Le cause di questa rimozione sono molteplici e potremmo inserirle all’interno di una più generale rimozione culturale e intellettuale, conosciuta da tanti autori di luoghi considerati marginali e marginalizzati[i].
Una storia letteraria non canonica dovrebbe, forse, ripensare tanti scrittori e poeti che, come Calogero, sono stati isolati, cancellati, ignorati soltanto perché lontani dai salotti culturali e perché inadeguati ad un canone che considera come «anti» ogni manifestazione eccentrica della scrittura. Suppongo che si arricchirebbe e si completerebbe il paesaggio letterario sfuggito ad uno sguardo miope e tendenzioso. Nel caso di Calogero, avviene qualcosa di paradossale: le cause della sua rimozione dal panorama letterario, sembrerebbero legate, come sostenuto da numerosi studiosi, al sottrarsi della sua parola poetica ad ogni espressione localistica, per avvicinarsi ad esperienze letterarie europee. Fatto sta che per lungo tempo, Calogero ha continuato ad essere conosciuto come il «poeta maledetto», il «Rimbaud calabrese», il «genio folle», in altri termini, attraverso stereotipi che troppo spesso identificano gli outsiders, la cui parola poetica, troppo assorbente e totale non può essere ricondotta a «congerie di canoni». La critica letteraria, quella stessa che Calogero nelle sue riflessioni considera capace di «non distruggere mai le fonti della poesia» ma di indirizzarle verso «un punto più alto», ha sempre tardato l’incontro con il poeta. Ha attenuato ed allentato la scoperta dell’originalità e novità della sua poesia.
L’indisponibilità (dovuta a varie ragioni sulle quali non serve tornare) dei suoi  «quaderni» – dalla sua morte ad oggi -, ha alimentato anche una mitologia positiva del poeta incompreso, grande e sconosciuto. L’inaccessibilità quasi ventennale alla consultazione degli autografi ha rafforzato in maniera del tutto paradossale la sua presenza attraverso una silenziosa assenza. La sua ombra dava materialità alle nostre ombre. L’interrogativo di Montale se la poesia di Calogero avrebbe retto alla prova del tempo, a cui molti critici hanno risposto positivamente, attendeva una risposta più meditata, motivata, fatta di studi rigorosi e non di impressioni e di innamoramenti frettolosi.

«Non distruggere mai le fonti della poesia». Un «progetto Calogero»

È a questo punto che, dopo tanti tentativi, anche generosi, falliti, distrazioni, inadempienze, si è pensato che l’appuntamento con la poesia di Calogero era ormai «insopportabile», irrinviabile. Un «progetto Calogero» presupponeva il recupero, l’organizzazione, la sistemazione del suo corpo poetico[ii].
Gli 804 quaderni, un vero labirinto di pensieri che secondo il poeta «non ebbero inizio così come non ebbero fine», sono adesso custoditi presso il Centro ArchiLet del Dipartimento di Filologia, un punto di eccellenza dell’Università della Calabria, dove sono anche conservate le carte e gli inediti di Albino Pierro e di Francesco Flora. Impossibile, pertanto, non ricordarel’emozione da me provata, il giorno 12 marzo 2009, quando dopo un’attesa durata tanto tempo, mi ritrovai a Palmi davanti ai quaderni di Calogero. In compagnia del personale della Biblioteca di Palmi, di Giacinto Gaetano per l’Assessorato alla Pubblica Istruzione della Regione Calabria, di Nunzio Lacquaniti, assessore alla Cultura del comune di Palmi, di Sandro Biasi, segretario amministrativo del Dipartimento di Filologia, di Santino Salerno, studioso e critico letterario, guardavo con stupore e commozione, ma anche con un senso di appagamento e di successo, i quaderni neri o colorati del trentennio e degli anni cinquanta, ottocento quattro, in cui Calogero aveva riversato la sua esistenza.
Man mano che contavamo i quaderni, aprivo qua e là quelle pagine a volte dense, con la grafia pulita e nitida, leggibile e comprensibile, altre volte più sofferte, nervose e da decifrare, e avevo la sensazione che un tesoro fosse stato dissepolto. Mi accorsi subito dell’ordine nel disordine e della precisione quasi maniacale del poeta, del suo essere vissuto per la poesia. Un quotidiano poetico diario, tenuto per oltre un trentennio, non era stato lasciato a caso. Calogero aveva un suo progetto poetico (anche editoriale), aveva in mente il poema di una vita, ricopiava e trascriveva, interveniva e correggeva.
Non era possibile perdere più tempo. Nel Centro ArchiLet dell’Unical, si è immediatamente proceduto ad avviare una prima opera di salvaguardia e di tutela di quei quaderni, condizioni preliminari per una loro valorizzazione. Nel giro di pochi mesi, le carte di Calogero sono state inventariate, schedate, scannerizzate e trasferite su supporto informatico[iii]. Molte usurate dal tempo e dall’umidità, spesso scritte a matita, forse sono state salvate appena in tempo[iv]. Quaderni e taccuini, migliaia e migliaia di pagine, sono stati recuperati e certamente ad essi potrebbero aggiungersi quelli custoditi presso editori, studiosi (Giuseppe Tedeschi sta per donare ad ArchiLet carte e documenti da lui custoditi), persone che, a vario titolo ne sono venuti in possesso, al fine di poter procedere a un inventario definitivo dei suoi autografi e per evitare “diffusioni” più o meno riduttive di scritti che perdono senso se estrapolati da una miniera costruita, con progettualità, in una vita. 
Durante il convegno Lorenzo Calogero 1910-2010. L’ «ombra assidua» della poesia, che si è svolto nel Campus di Arcavacata di Rende dal 4 al 6 febbraio 2010 e ha visto riuniti, all’Università della Calabria, i più importanti studiosi di antica data del poeta di Melicuccà e giovani ricercatori che negli ultimi anni si stanno occupando della sua opera.  Gli Atti sono raccolti in L’ombra assidua della poesia. Lorenzo Calogero, 1910-2010 ((con un CD sulla figura e sull’opera di Calogero con interviste a persone che l’hanno conosciuto, ai nipoti, a tanti studiosi) a cura di Vito Teti, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2010, che accoglie i contributi di Giorgio Patrizi, Carmela Reale, Mario Sechi, Giuseppe Tedeschi, Giuseppe Antonio Martino, Luigi M. Lombardi Satriani, Angela Francesca Gerace, Stefano Giovannuzzi, che nel volume cura anche quindici inediti poetici, Mario Calogero, Francesco Iusi, Caterina Verbaro, Fulvio Librandi, Arianna Lamanna, Andrea Amoroso, Florinda Fusco, Vito Teti, Luigi Tassoni, Sonia Rovito, Annarosa Macrì, Gianni Carteri, Enzo Rega, Mariagrazia Palumbo, Claudio Damiani, Franco Dionesalvi, Franco Martino. Il Volume accoglie (per mostrare la ricchezza, la varietà, la vastità dei quaderni) anche poesie, testi in prosa, riflessioni, disegni, del tutto inediti e di cui non si aveva conoscenza.
In quella occasione si è fatto un bilancio, ma sono state anche indicate proposte e suggerimenti per la valorizzazione del fondo Calogero, con una serie di interventi sia a livello della messa a punto dell’archivio[v] e soprattutto di iniziative critico-letterarie e filologiche del vasto e vario materiale[vi] che di iniziative editoriali. In questa circostanza, istituzioni culturali e istituzioni pubbliche hanno aperto, attraverso una serrata e rispettosa collaborazione, una bella pagina per la cultura calabrese e nazionale. Il recupero, la salvaguardia, la disponibilità reale dei testi calogeriani, il convegno, le pubblicazioni e le iniziative previste a sostegno della rivalutazione della figura del poeta di Melicuccà, costituiscono soltanto un inizio: hanno avuto il merito di sottolineare come un’opera di Giustizia sia stata avviata. Quella Giustizia – vengono in mente una tradizione regionale ed europea che va da Gioacchino da Fiore a Francesco da Paola, da Campanella ad Alvaro e concezioni presenti nel mondo popolare – che rivela un anelito alla Giustizia, che, come si legge in exergo, Calogero associava alla scrittura, riconoscendo a tale binomio il merito di determinare in una forma originaria «l’espandersi e l’estendersi della vita in nuove zone». Il silenzioso e appassionato impegno di tanti studiosi e collaboratori dell’Università della Calabria è stato vissuto come l’adempimento di un vero e proprio atto di giustizia verso il poeta e verso la poesia. Gli organizzatori del Convegno sottolineavano come bisognasse ora pensare alla riedizione delle sue opere edite ed inedite, ma da lui ultimate.
Nelle discussioni delle intense giornate del Convegno, si conveniva che eventuali edizioni critiche non possono che prendere le mosse dalla comprensione delle relazioni cronologiche e tematiche che legano tra loro i diversi quaderni, alcuni dei quali sono evidentemente solo copie in pulito di altri quaderni o copie (talora con varianti) di testi editi. Il ricorso all’unità ideale dei testi, finalmente accessibili e disponibili, è ormai indispensabile e doveroso. È necessario non perdere altro tempo, anche se non è possibile colmare, in tempi brevissimi, un ritardo cinquantennale, magari per dare alle stampe nuove edizioni parziali, affrettate, meramente celebrative, che non aggiungerebbero molto alla poesia e alla poetica di Calogero.
Il «progetto Calogero», per andare avanti, richiede un lavoro complesso e paziente, assiduo e continuato nel tempo, tale da restituire la complessità e la ricchezza di un prezioso corpus poetico. È necessario però renderlo un bene comune, pubblico, attraverso un’azione sinergica con le istituzioni pubbliche, scuole, le biblioteche e gli enti culturali, per far sì che simili beni immateriali si trasformino in risorse economiche, valorizzando, adeguatamente, tante competenze e giovani studiosi. Si auspicavano  iniziative di grande respiro culturale, stabili e durature, che vedano coinvolte giovani generazioni di studiosi, formatisi nella nostra e in altre Università, che lascino il segno e che siano capaci di mostrare un altro volto, quello alto e nobile, di una terra che non sempre riesce a fare parlare bene di sé e a presentarsi con immagini positive. Nella stessa sede, è riaffermata, con la presenza attiva dei nipoti e degli eredi del poeta, la volontà di avviare un nuovo processo di valorizzazione della poesia di Calogero. Si auspicavano iniziative di grande respiro culturale, stabili e durature, che lascino il segno e siano capaci di mostrare un altro volto, quello alto e nobile, di una terra, che non sempre riesce a fare parlare bene di sé e che anzi gode di una pessima immagine. C’è da augurarsi che le istituzioni, coerentemente con quanto è stato finora fatto,  con attenzione non solo economica, ma con forti motivazioni culturali, sostengano questa opera di consegna di Calogero alla poesia del Novecento europeo e alla grande tradizione poetica e intellettuale della regione.

Vito Teti
Direttore Dipartimento di Filologia
Unical (maggio 2010).

                                                            ***

Nota del 20 marzo 2025. Lo stato degli studi, delle pubblicazioni e delle cose.

Il 2010 in seguito all’acquisizione del suo archivio cartaceo da parte dell’Università della Calabria e al Convegno con la pubblicazione degli Atti più volte, ricordato si assiste a una nuova fioritura dell’interesse per Lorenzo Calogero, con tesi di Dottorato di ricerca dedicate ai materiali dell’archivio (di Angela Francesca Gerace e di Sonia Rovito), con la pubblicazione di due volumi calogeriani, le introvabili poesie giovanili di Parole del tempo (a cura di Mario Sechi, Introduzione di Vito Teti, Roma, Donzelli, 2010) e l’inedito Avaro nel tuo pensiero (a cura di Mario Sechi e Caterina Verbaro, Introduzione di Caterina Verbaro, Roma, Donzelli, 2014), con l’uscita di studi critici condotti anche sulle nuove acquisizioni (Caterina Verbaro, I margini del sogno. La poesia di Lorenzo Calogero, Pisa, ETS, 2011). Non legata al progetto Calogero dell’Unica, una belle e qualificata iniziativa editoriale èla traduzione di un’ampia antologia poetica in lingua inglese (L.  Calogero, An Orchi Shining in the Hand. Selected Poems 1932-1960, a cura di John Taylor, New York, Chelsea, 2015). Cfr. anche Andrea Amoroso, I sentieri del verso. Sulla poesia di Amelia Rosselli, Lorenzo Calogero e Bartolo Cattafi, Mimesis, Milano, 2018.
Nel 2024 viene pubblicata la raccolta bilingue (in italiano e in inglese) Poesie scelte 1932-1960. Un’orchidea ora splende nella mano, a cura di Nino Cannatà, con la prefazione del poeta Aldo Nove, con traduzione inglese di John Taylor, illustrata con una serie di foto, manoscritti e disegni recuperati da alcuni quaderni del poeta e con l’aggiunta di alcune poesie e riflessioni in prosa inedite dai quaderni manoscritti del 1936 e del 1957, con un’opera originale dell’artista Emilio Isgrò.
E  la prestigiosa Poesia. La Rivista Internazionale di Cultura Poetica (n. 10, marzo aprile 2025) di Crocetti Editore dedica una sezione a Lorenzo Calogero. Poeta assoluto (con immagine in copertina del poeta)  con il testo di presentazione di Aldo Nove a Poesie scelte 1932-1960. Un’orchidea ora splende nella mano. Di un rinnovato e notevole interesse per Calogero attestano diversi saggi, apparsi nelle più varie riviste (italiane ed estere) sulla poesia di Calogero, articoli di quotidiani nazionali e locali, reading, opere di teatro, blog, Convegni, iniziative, incontri di poesia dedicati a Calogero. Insomma, si può sostenere, che, grazie ad iniziative Universitarie, di Associazioni, di Amministrazioni Comunali, di editori e riviste – impossibile e fuori luogo fornire ulteriori indicazioni e dettagli in questa nota – risulta del tutto infondata la “leggenda” di un Calogero poeta ignorato, sconosciuto, trascurato e per la cui opera non si sarebbe fatto nulla. Resta certamente da fare ancora tanto, tantissimo e resta il problema della conservazione, dell’utilizzazione, di una più incisiva e innovativa opera dell’Archivio Calogero custodito presso l’Unical. I materiali inediti conservati nell’Archivio sono numerosissimi e di grande pregio, ma purtroppo negli ultimi anni non hanno ottenuto da parte delle istituzioni e degli studiosi un’adeguata attenzione. Ricerche nell’Archivio, in tempi diversi, nel decennio 2010-2020, sono state compiute dagli studiosi che erano stati protagonisti del Progetto Calogero (Mario Sechi, Caterina Verbaro, Fulvio Librandi, Vito Teti, Mariapina Cirigliano, Angela Francesca Gerace), ma le richieste (da quanto mi risulta) di accesso all’Archivio (anche negli ultimi cinque anni) per studiare, in maniera filologica e scrupolosa, i quaderni da parte di studiosi, universitari e non, sono stati inesistenti. Il lavoro di Archivio, specie quello che riguarda il magma poetico e gli arabeschi di Calogero, è lungo, faticoso e laborioso. Un’altra notizia senza fondamento da sfatare è che l’Università (almeno fino a quando ho potuto verificare direttamente, vale a dire novembre 2020) renderebbe difficile o impossibile l’acceso dei quaderni. Devo, invece, registrare che tanti studiosi, critici letterari, poeti, antropologi, giovani e non, che, prima, lamentavano l’impossibilità di conoscere bene l’opera inedita di Calogero, una volta diventata disponibile e fruibile, non si  sono mai recati a studiare i quaderni nei luoghi dove sono custoditi.
Del resto, anche qualificate recenti pubblicazioni, si basano su poesie già pubblicate e non provenienti dall’Archivio Calogero dell’Unical. Nello stesso tempo, forse, l’Unical non ha fatto molto per rendere ulteriormente fruibile l’Archivio, per pubblicizzarlo e valorizzarlo, per farlo studiare a giovani ricercatori, ricorrendo a bandi, progetti e fondi pubblici (Regione Calabria, in primis) o universitari. Sembra doveroso non solo fare conoscere, ulteriormente, Calogero come “poeta assoluto” (come scrive la rivista diretta da Crocetti), ma anche dare un’opportunità e una possibilità di fare studiare il poeta a giovani ricercatori e a rendere questo luogo, e altri luoghi calogeriani (come il suo paese Melicuccà) punto di riferimento della cultura nazionale.
Stante la valenza esistenziale della scrittura calogeriana, in cui spesso si osserva una pluralità di generi e una proficua mescolanza tra poesia, prosa, scrittura diaristica, scartafacci, note personali, lettere, disegni sarebbero necessarie lunghe e approfondite ricerche, nuove pubblicazioni e sarebbe forse auspicabile (ma è un modesto suggerimento che affido soprattutto alle nuove generazioni) un nuovo grande progetto Calogero, frutto di una collaborazione attiva e costruttiva, tra Università, Regione, Enti Pubblici, e Fondazioni, editori, Associazioni pubbliche, di provata serietà, che operano fuori dall’Università.
Questo testo (a parte la nota finale) ripropone (con lievi modifiche) il mio saggio  «Paesaggi dell’anima nudi ed assolati», Introduzione a Lorenzo Calogero, Parole nel tempo, a cura di Mario Sechi, Donzelli Poesia, Roma, 2010, pp. XI-XX. Per l’Archivio Calogero, il Convegno all’Unical e le iniziative a Melicuccà e a Palmi, gli Atti del Convegno rinvio a L’ombra assidua della poesia, a cura di Vito Teti, Dipartimento di Filologia – Unical, Rubbettino, 2010, dove sono pubblicati anche versi, riflessioni, immagini tratti dai quaderni. Al volume degli Atti è allegato un DVD, con un filmato, programmato e coordinato da Vito Teti, realizzato da Guerino Avolio e Davide Scotta, con la partecipazione di Nino Racco e dove ci sono importanti testimonianze e commenti di Mario Calogero, Lucia Calogero, Giuseppe Tedeschi, Luigi M. Lombardi Satriani, Caterina Verbaro, Fulvio Librandi e altri. Il filmato è disponibile sulla rete https://www.youtube.com/watch?v=3mdjaXTUqfw
Un ringraziamento particolare agli eredi del poeta Lorenzo Calogero: Lucia, Luisa, Mario, Michele, Pietro Calogero. Mario Calogero è impegnato, ancora quotidianamente, in contatti con l’Unical perché i quaderni dello zio trovino una ancora più adeguata valorizzazione, una più facile fruizione e divulgazione, e perché si possano avviare nuovi progetti di ricerca e di studio volti a fare conoscere la poesia di Calogero nella sua complessità e nella sua “interezza”. Un ricordo grato a Nunzio Lacquaniti, scomparso di recente, che si prodigò, con grande generosità e apertura, da Assessore alla Cultura di Palmi, perché i quaderni di Calogero trovassero adeguata collocazione presso l’Unical. Sento di poter dire che, senza l’interesse e la lungimiranza, di Domenico Cersosimo, all’epoca del progetto assessore alla Cultura e alla Pubblica Istruzione della Calabria, sarebbe stato difficile fare questo enorme lavoro che ha reso accessibile Calogero alla comunità degli studiosi e dei ricercatori di tutto il mondo. Lo ringrazio vivamente e ringrazio, naturalmente, Mario Caligiuri che, anche lui da Assessore alla Cultura della Regione Calabria, rese possibile la prosecuzione del progetto. Naturalmente, l’auspicio è che il Presidente della Giunta Regionale si faccia promotore, assieme all’Università, agli eredi di Calogero, ad Altre Associazioni, a Biblioteche, mondo della scuola, case editrici, studiosi, giovani ricercatori a cui dare un’opportunità di restare e fare ricerca nella loro terra, di un nuovo grande «progetto Calogero». Adoperarsi perché la poesia di Calogero trovi in Italia e all’estero la diffusione, la divulgazione, la notorietà che merita, sarebbe soltanto un modo per “restituire”, soltanto in parte, a Lorenzo Calogero, quanto lui ha dato, e quanto di immenso e di utile potrebbe dare, alla Calabria, alla poesia del mondo, a tutti noi.


[i] Lorenzo Calogero non è solo il maggior poeta del Novecento, ma anche una grande personalità intellettuale e artistica ancora in cerca di un pieno riconoscimento e di una salda collocazione nel canone letterario e nella storia culturale della modernità. Nato a Melicuccà nel 1910, medico, lettore e grande conoscitore del panorama letterario e filosofico, scompare nel 1961in tragiche circostanze dopo un’esistenza solitaria, condotta quasi interamente nel suo paese natale, segnata non solo da severe problematiche psichiche e da ricoveri in ospedale psichiatrico, ma anche da una travolgente quanto salvifica passione per la poesia, che lo porta a scrivere senza sosta un numero impressionante di versi, in un flusso ininterrotto che sovrappone e identifica la poesia con la vita stessa.
Il «caso Calogero» nel 1962 segnò con grande clamore l’uscita del primo dei suoi due volumi di Opere poetiche presso l’importante casa editrice Lerici di Milano, facendo scoprire la sua poesia – stralunata e impalpabile, estranea a ogni precisa corrente letteraria, ma insieme nutrita di letture e visioni, sperimentale viaggio tra le profondità della psiche e le meraviglie di un paesaggio reale e metafisico insieme – al pubblico e ai maggiori poeti e critici del tempo, colpiti e increduli davanti a questa voce mai udita: da Ungaretti a Luzi, da Caproni a Sinisgalli, in tanti ebbero parole di grande apprezzamento per quel patrimonio sconosciuto e chiesero di ridare luce alla poesia di Lorenzo Calogero. Da allora diverse riemersioni segnarono la vicenda calogeriana, a partire dalla pubblicazione del secondo volume di Opere poetiche nel 1966, fino a quegli anni Ottanta che vedono i primi tentativi più meditati e sistematici da parte di critici e editori al fine di riportare Calogero all’attenzione del pubblico e degli studiosi. In questo decennio escono ad esempio l’antologia Poesie curata da Luigi Tassoni per Rubbettino e non pochi studi tra cui quelli di Giuseppe Piromalli, Rodolfo Chirico, Carmelina Sicari, Caterina Verbaro (C. Verbaro, Le sillabe arcane. Studio sulla poesia di Lorenzo Calogero, Firenze, Vallecchi, 1988).
[ii] Il progetto « Recupero del patrimonio letterario di Lorenzo Calogero» è stato finanziato con il P.O.R. Calabria 2000-2006. Misura 2.2. La convenzione tra il Dipartimento di Filologia dell’Unical, la Regione Calabria, il Comune di Palmi prevedeva e ha reso possibile  il trasferimento del patrimonio letterario Lorenzo Calogero, depositato presso la Casa della Cultura di Palmi, su indicazione della Regione Calabria, nella sua qualità di  custode dell’archivio medesimo), presso ArchiLet del Dipartimento di Filologia dell’Unical. E’ stato, inoltre, effettuato un lavoro di catalogazione e trasferimento su supporto informatico dei quaderni,  custoditi, in un fondo apposito realizzato dall’Unical. Le operazioni di trasferimento, schedatura analitica, catalogazione informatica, digitalizzazione dei documenti, nonché i seminari tematici di carattere divulgativo, sono stati coordinati dai docenti e dal personale del Dipartimento di Filologia. Ultimata queste fondamentale, ma  preliminari, operazioni archivistiche e culturali, il Dipartimento di Filologia ha finanziato e organizzato, nel periodo 1-6 febbraio 2010:  una giornata di studio a Palmi e a Melicuccà  (paese natale di Calogero),  dove è stato inaugurato l’anno Calogeriano e  presentato il progetto e avviata la riflessione critica; la mostra di materiali documentari relativi a Calogero organizzata presso l’University Club dell’Unical. Il progetto è continuato, con  legge Regionale 16/85 (“Norme per interventi in materia di promozione culturale”),  e prevede, con conclusione alla data 7 dicembre 2010;  pubblicazione degli atti del convegno;  produzione di un documentario sulla figura di Lorenzo Calogero (a cura di Vito Teti, Guerino Avolio, Davide Scotta); pubblicazione, a cura di Mario Sechi, del presente volume Parole del tempo; realizzazione del sito Web e organizzazione della banca datti. I risultati dell’intero progetto verranno presentati e pubblicizzati nel febbraio 2011. Il progetto è stato ideato, organizzato e realizzato da un Comitato Scientifico, di cui fanno parte, Raffaele Perrelli, preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, Vito Teti, direttore del Dipartimento di Filologia e coordinatore scientifico, numerosi studiosi e alcuni eredi del poeta Calogero. La schedatura e l’informatizzazione sono state coordinate da Carmen Reale, direttore di ArchiLet, e da Franco Iusi, che ha creato il data base, di proprietà del Dipartimento. La direzione tecnica e amministrativa è stata coordinata da Sandro Biasi, segretario amministrativo del Dipartimento. Si coglie l’occasione per ringraziare Gabriele Grandinetti, Maggiorino Iusi, Gabriele Curia, Veneranda Medaglia per la loro preziosa collaborazione. Per informazioni più dettagliate si rinvia al sito www.fil.unical.it/lorenzocalogero.htm. L’accesso all’Archivio  digitalizzato, secondo normative e procedure vigenti per la consultazione  e lo studio degli archivi pubblici, è possibile tramite richiesta a Gabriella Donnici, direttore Biblioteca di Area Umanistica gab.donnici.biblioteche@unical.it.
[iii] Per quanto attiene il processo di digitalizzazione, il gruppo di lavoro coinvolto ha utilizzato dapprima il software Adobe Photoshop per l’acquisizione in formato “jpg” di ogni pagina del quaderno e, una volta terminata la scannerizzazione dell’intera unità archivistica, ha provveduto a convertire le immagini in un unico file PDF. Ogni singolo file è stato salvato e nominato in funzione della segnatura provvisoria attribuita in fase di schedatura. [iv] Lo stato di conservazione del fondo Calogero è complessivamente buono. Si rilevano alcuni danni fisici, danni da umido, da roditori, da combustione, danni da usura. In molti casi tali danni compromettono la leggibilità dei documenti e per questo motivo sarebbe opportuno pensare ad un restauro capace di restituire l’interezza del patrimonio calogeriano. [v] Alla luce del lavoro condotto sugli autografi del fondo, è stato evidenziato come il progetto meriti un approfondimento di tipo archivistico. In particolare, la schedatura effettuata secondo le linee guida della letteratura in campo di archivi di persona, necessita di un riordino in accordo con l’ordine dato dal soggetto produttore attribuendo al fondo una segnatura definitiva. La procedura di redazione di un inventario del fondo è già stata avviata in questi ultimi mesi, così da rendere più facile e veloce agli studiosi il reperimento dei documenti. [vi] All’interno del fondo Calogero sono stati rilevati tre nuclei distinti di autografi: l’epistolario, le riflessioni in prosa, i versi. L’epistolario è costituito da un primo gruppo di minute di lettere indirizzate ai familiari, da un secondo indirizzate alla donna amata ed infine da un terzo gruppo che comprende le minute di lettere destinate ad esponenti della cultura italiana di quegli anni.

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