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l’inchiesta

Così la ‘ndrangheta ha conquistato la Colombia: dai «narcotrafficanti invisibili» agli emissari della «Santa alianza»

Qui sarebbe riuscita a stabilire legami con il “clan del Golfo” e “Los Costeños”. E poi il doppio colpo con gli arresti di “Rony” e “Dollarino”

Pubblicato il: 31/03/2025 – 7:02
di Giorgio Curcio
Così la ‘ndrangheta ha conquistato la Colombia: dai «narcotrafficanti invisibili» agli emissari della «Santa alianza»

LAMEZIA TERME I suoi concittadini erano convinti che fosse un costruttore, attivo in affari e investimenti in Sud America. Qualche giorno fa hanno capito che nella loro comunità, in realtà, viveva un potente narcotrafficante. Un vero “boss” del settore, con ingenti business a Dubai e, soprattutto, in Italia.
Una bella sorpresa per gli abitanti di Garagoa, piccola città nel sud-est di Boyacá, uno dei 32 dipartimenti della Colombia. L’insospettabile è Ronald Fernando Acosta Cuesta alias “Rony”, finito in manette lo scorso 26 marzo. Un arresto annunciato addirittura dal presidente colombiano, Gustavo Petro, sui social, descrivendo “Rony” quale «membro della “Junta del Narcotráfico”».

Garagoa

Cittadino insospettabile

Un vicino di casa inaspettato per gli abitanti dell’esclusivo quartiere di Santa Barbara, a nord di Bogotá, dove viveva in un lussuoso appartamento, convinti fosse un manager di un’impresa di costruzioni e acquacoltura creata dal 2013. La “redazione investigativa” di “El Tiempo” un importante quotidiano colombiano (si tratta di una misura di sicurezza per evitare ritorsioni) ha ricostruito il profilo di “Rony” attraverso alcune informazioni ottenute dalle autorità: curriculum criminale di «oltre 19 anni al servizio del narcotraffico» e la capacità di «guidare una rete transnazionale con un raggio d’azione in Colombia, Venezuela e Panama». Avrebbe inoltre intestato a suo nome un bar a Garagoa e “La Estampilla”, una proprietà a Yopal, la 32esima casa di un complesso a Garagoa e un terreno.

Secondo le prime informazioni raccolte, dunque, “Rony” sarebbe stato al servizio della ‘ndrangheta, «trasportando cocaina tra la Calabria e Milano». Ma c’è di più. Il suo nome, infatti, combacia con quello di un altro colombiano – stesso nome e cognome – collegato ad una mega-operazione di riciclaggio di denaro, oltre 70 milioni di dollari, di provenienza illecita e mafiosa, connessa probabilmente al narcotraffico internazionale. Le autorità stanno così verificando se si tratta dello stesso soggetto, ma quello che gli inquirenti avevano scoperto era una rete dotata di “muli umani” adoperati per sistemare il denaro all’interno di borse e valigie ad hoc e con doppi fondi, in cui avvolgevano le banconote in carta carbone e giornali per evitare di essere individuati dalle apparecchiature a raggi X negli aeroporti. Un gruppo al quale furono peraltro sequestrate più di 20 veicoli di lusso, tra cui un furgone Mercedes Benz, due Lexus, due Toyota Land Cruiser, tre furgoni Toyota Hilux, un furgone Nissan Navara, una BMW e un’auto BMW 3201. In ogni caso – come ricostruito dagli inquirenti locali e riportato dalla stampa colombiana – “Rony” nonostante tutto avrebbe continuato ad acquistare terreni a Garagoa, intentando anche una causa presso la Corte Suprema per una proprietà.

Gregorini “Dollarino” e la “Santa alleanza”

Ma perché è così importante l’arresto di “Rony”? Una risposta l’ha fornita ancora “El Tiempo”. Già perché secondo fonti di intelligence della Polizia Nazionale, in Colombia operano “narcotrafficanti invisibili” della mafia italiana, in grado quindi di «gestire nell’ombra il traffico di cocaina» attraverso una rete che si inserisce in quella che è stata definita la “santa alleanza” ovvero la “santa alianza”. In questo contesto si inserisce, dunque, l’importante arresto di Emanuele Gregorini noto come “Dollarino”, avvenuto la scorsa settimana a Cartagena, dopo mesi di ricerche. Secondo gli inquirenti, si tratta solo di un tassello di una potente rete che collega la Colombia con la criminalità organizzata europea e, in particolare, con la mafia italiana. “Dollarino” è considerato un «emissario» con il compito di ricostruire le rotte colpite dopo la cattura di altri due elementi di spicco nel 2024: Gustavo Nogueira e Luigi Belvedere, entrambi legati alle mafie di Napoli e Caserta. Gregorini, secondo l’inchiesta della Dda di Milano, farebbe parte della componente campana, diretta da Michele Senese, del presunto consorzio di mafie a Milano emerso dall’inchiesta “Hydra” della Distrettuale antimafia di Milano che, nei giorni scorsi, ha chiuso le indagini per 146 indagati.

La ‘ndrangheta alla conquista della Colombia

Insomma, in Colombia la ‘ndrangheta è ormai una «emergenza nazionale». Una fonte allo stesso giornale colombiano ha raccontato che è «considerata una delle organizzazioni criminali più potenti al mondo perché ha esteso la sua influenza in più di 40 Paesi, tra cui proprio la Colombia. Il suo modello operativo si basa sull’invio di emissari che creano reti in diverse regioni». Qui, la ‘ndrangheta e le mafie italiane in generale, per avere successo si sono impegnate a stabilire forti legami con i partner locali. Nel paese caraibico, ad esempio, i clan sarebbero riusciti a stabilire legami con il “clan del Golfo” e “Los Costeños”, due delle strutture criminali più attive sulla costa, ma hanno anche individuato movimenti nella Valle del Cauca, Urabá e la Sierra Nevada de Santa Marta, «dove hanno cercato contatti con gruppi locali per assicurarsi le forniture di droga», riporta il giornale. Una fonte avrebbe raccontato ancora: «Il rapporto è funzionale per entrambe le parti: mentre le mafie italiane garantiscono il flusso di droga verso l’Europa, i gruppi locali beneficiano dell’esperienza, della logistica e delle risorse finanziarie degli europei». (g.curcio@corrierecal.it)

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