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‘Ndrangheta a Torino, l’ex sindacalista Ceravolo: «Non so perché a casa di Bonavota c’era il mio documento»

Davanti ai pm della Dda, nel corso dell’interrogatorio risalente allo scorso dicembre, l’ex Filca-Cisl ha raccontato: «D’Onofrio l’ho conosciuto a Vibo nel 2009»

Pubblicato il: 04/04/2025 – 18:45
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta a Torino, l’ex sindacalista Ceravolo: «Non so perché a casa di Bonavota c’era il mio documento»

LAMEZIA TERME «D’Onofrio l’ho conosciuto a Vibo valentia nel 2009 in compagnia di altri paesani, eravamo davanti all’Ospedale, in un bar». E ancora: «Quando poi sono arrivato a Torino ed ho saputo che è stato scarcerato sono andato a trovarlo. Sono arrivato nel 2011 a Torino e l’ho frequentato di più a partire credo dal 2015». Inizia così l’interrogatorio da parte dei pm della Dda di Torino nei confronti di Domenico Ceravolo (cl. ’77) soggetto nei confronti del quale i pm della Distrettuale antimafia del capoluogo piemontese hanno chiuso le indagini relative all’inchiesta “Factotum”. Le accuse nei confronti dell’ex sindacalista della Filca-Cisl sono pesantissime. Per gli inquirenti, infatti, Ceravolo «sarebbe partecipe dell’articolazione ‘ndranghetista di Carmagnola» e quale operatore sindacale e membro della segreteria della Filca-Cisl «avrebbe contribuito al “controllo” del settore edile da parte del sodalizio, favorendo interessi delle imprese contigue rispetto ai lavoratori iscritti».  

L’inchiesta “Factotum”

Nel corso dell’interrogatorio risalente al 18 dicembre – ora confluito negli atti dell’inchiesta “Factotum” – i pm chiedono conto a Ceravolo di una ditta a Roma e, soprattutto, dei presunti rapporti con Saverio Razionale. «A Roma ho vissuto dal ‘97 al 2005. Da laureato, nel 2003, aprii una piccola azienda edile ed iniziai a lavorare. Frequentavo Giovanni Giamborino e poi ho conosciuto Saverio Razionale. Lui era nel campo dell’edilizia e ho lavorato in collaborazione con lui. Nel 2005 sono sceso in Calabria dove ho vissuto poi fino al 2011». «Sono salito in Piemonte perché giù ho fatto dei lavori con la provincia di Vibo» ha raccontato ancora Ceravolo, «non sono andati bene ed ho lasciato Vibo per trovare un lavoro come dipendente. Così ho trovato lavoro presso la “IDROEDILE spa” a maggio del 2011 e ho lavorato sino a fine anno, poi è fallita».

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Razionale e Giamborino

Saverio Razionale, definito dal pentito Moscato «a capo della ‘ndrina di San Gregorio dopo Rosario Fiarè», è coinvolto nel processo “Rinascita-Scott” nel corso del quale è stato condannato a trent’anni in primo grado. Secondo l’accusa, tra le altre cose, Razionale dimorava a Roma in un residence, in via Aurelia Antica, e sarebbe stato impegnato nella gestione di importanti investimenti e attività imprenditoriali in forma occulta. Giovanni Giamborino, invece, è stato condannato a 19 anni e 6 mesi di reclusione alla quale la Dda ha già fatto appello.

L’esperienza sindacale

Da qui il via all’esperienza di Domenico Ceravolo nel sindacato. «In quell’occasione» ha raccontato ai pm, «ho conosciuto il mondo del sindacato e la Filca-Cisl per dovevo avere delle mensilità con insinuazione nel fallimento». «A giugno sono stato assunto a Sitalfa proprio mediante la Filca-Cisl, ma non vi ho mai lavorato. Prima grazie ai permessi, poi con il distacco, ho sempre lavorato in Filca Cisl». «Tramite Gianluca Barbieri, che aveva bisogno di operai nel cantiere di Trecate», Ceravolo spiega ai pm di essersi occupato di trovare un’attività lavorativa a favore di Raffaele Serratore all’interno di un’impresa edile. L’ex sindacalista nega di aver «preso soldi per Serratore» ma «ricordo che Serratore era in Calabria e chiese a me di andare da questa persona» anche perché «eravamo amici, andavamo spesso a cena assieme, penso avesse fiducia in me». I pm contestano all’ex sindacalista di aver effettuato a favore di Raffaele Serratore delle ricariche PostePay. «Aveva bisogno di qualche ricarica, e gliel’ho fatta». Stessa cosa per Francesco Mandaradoni. «Non so che problemi avesse, so che si trovava in Marocco. Era lì perché ci va spesso, lì ha la moglie. Non sapevo, ed ho saputo solo quando è stata resa nota l’indagine “Carminius” che lui aveva problemi con la giustizia».  
A proposito di altri rapporti con imprenditori, l’ex sindacalista ai pm ha parlato anche di Basilio Defina, «l’ho conosciuto nella zona di Moncalieri verso il 2014/15 tramite un mio paesano di Maierato che lo conosceva e che cercava lavoro qui…», ha raccontato Ceravolo. «Mi diceva questo Basilio che vendeva auto, aveva qualche carrozzeria, ma era anche nel mondo dell’edilizia, aggiustava qualche casa, la rivendeva (…) Aveva dato mandato ad un tecnico del posto, e noi saremo dovuti andare al sabato a vedere come andavano le cose. Insomma, servivo da consigliere».  

Il documento nel “covo” di Pasquale Bonavota

Durante l’interrogatorio i pm ricordano a Ceravolo un episodio particolare, ovvero il ritrovamento di una copia del suo documento nell’appartamento usato da Pasquale Bonavota, a Genova, dopo la sua cattura. In una intercettazione, Ceravolo parlava di “riscontro” e “conferma”. «Nessun collegamento. E comunque il collegamento che potevo temere» ha spiegato l’ex sindacalista, «era quello con l’indagine per falsa testimonianza che temevo potesse partire da Catanzaro dopo la mia deposizione a “Rinascita-Scott”». «Non so come sia potuta arrivare in possesso di Bonavota questa fotocopia», spiega Ceravolo, «dietro alla mia auto c’è sempre di tutto, c’è un “ufficio”. Qualcuno me la deve aver trafugata». A proposito di “Rinascita-Scott”, i pm chiedono a Ceravolo come mai, D’Onofrio, sul suo pc avesse molti file delle trascrizioni del processo. «Io non gli ho fornito alcun documento, no. Io ho nominato il mio avvocato solo dopo aver testimoniato in quel processo». (g.curcio@corrierecal.it)

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