ROMA La Corte di Cassazione, prima sezione penale, ha rigettato il ricorso presentato da Santoro Favasuli e confermato la condanna a quattordici anni di reclusione per l’omicidio, in concorso con il figlio Pietro Favasuli, del 25enne Salvatore Pangallo, rispettivamente nipote e cugino dei due.
L’omicidio si è consumato il 9 novembre 2020 nel corso di una lite nelle campagne di Africo, in provincia di Reggio Calabria. Secondo quanto emerso dalle indagini, ad accendere la discussione sarebbe stato un defogliatore, macchinario per la pulitura delle olive. Alla base i difficili rapporti che intercorrevano tra le due famiglie e che erano sfociati in una violentissima lite nel corso della quale Salvatore Pangallo venne raggiunto da un colpo di pistola che gli fu fatale. Ferito il padre del giovane, Costantino Pangallo. A sparare il giovanissimo cugino Pietro Favasuli, arrestato qualche giorno dopo insieme al padre, Santoro Favasuli. I due, si costituirono al termine di serrate ricerche condotte dai carabinieri sotto il coordinamento della Procura di Locri.
In appello, per Santoro Favasuli era stata confermata la condanna di primo grado a 14 anni. Il figlio Pietro Favasuli, invece, aveva rinunciato ai motivi di appello e, in applicazione della legge Cartabia, la Corte d’Assise di Locri aveva ridotto la pena, originariamente a sedici anni, di un sesto. Pena diventata quindi definitiva.
Per Santoro Favasuli è stato riconosciuto il concorso morale in omicidio. I Supremi giudici hanno inoltre condannato l’uomo al pagamento delle spese giuridiche per le parti civili, i familiari della vittima, assistiti dagli avvocati Emanuele Procopio, Paolo Palleschi e Antonino Tuscano. (m.ripolo@corrierecal.it)
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