LAMEZIA TERME L’omicidio di Antonio Bellocco, avvenuto lo scorso 4 settembre, si era abbattuto come un uragano sugli equilibri della Curva Nord dell’Inter. Un fatto di sangue gravissimo anche per i legami familiari della vittima e la ‘ndrangheta calabrese, preludio drammatico e inconsapevole di quell’inchiesta che, poche settimane dopo, avrebbe scosso definitivamente il tifo organizzato di “San Siro”, coinvolgendo anche quello del Milan e della Sud. E mentre il processo è già iniziato, c’è una figura che emerge su tutti al di là degli elementi emersi, la gestione “criminale” delle curve e il coinvolgimento della criminalità organizzata ed è Andrea Beretta.
L’ultima inchiesta, quella che ha portato all’arresto di sei persone, ha chiuso il cerchio su un altro omicidio “eccellente”, quello dell’ex capo ultrà dell’Inter Vittorio Boiocchi. Anche in questo caso, però, c’è la mano di Beretta. È stato lui stesso a confessarlo agli inquirenti della Dda di Milano che, da due anni, stavano coordinando le indagini. Come nel caso di Bellocco, anche l’omicidio di Boiocchi si inserisce in quella dinamica a spirale che ha portato negli anni ad una vera “guerra” interna tra tifosi ultrà dell’Inter. Che sia la gestione degli incassi o la rivendita dei biglietti e il merchandising, la “sete” di soldi e guadagni è andata ben oltre le amicizie e i legami profondi. Con toni, però, drammatici.
I sei arresti sono stati chiusi poco dopo l’ora di pranzo di un venerdì di aprile, a più di sette mesi dall’omicidio di Bellocco. Il tempo sufficiente per effettuare minuziosamente tutti i riscontri e gli incroci tra i fatti e le dichiarazioni di Andrea Beretta. Già perché l’ex ultrà nerazzurro poco dopo il suo arresto ha deciso di saltare il fosso e raccontare tutto agli inquirenti, in cambio della protezione.
Data della prima verbalizzazione davanti ai pm della Dda di Milano, 21 novembre 2024. «(…) intendo collaborare e raccontare tutti i fatti che mi riguardano, da quando ho preso in mano il comando di Curva Nord, fra cui l’omicidio Boiocchi, tutto il discorso del merchandising, il discorso delle associazioni qui a Milano, tutti i discorsi dei vari ticketing Milan e Inter, perché è sempre parte del Milan su queste cose qua del ticketing. I discorsi dei parcheggi, il discorso del parcheggio della discoteca Aria, il discorso sui baracchini del food, il mio rapporto con Rimando…».
Quasi a volersi togliere un enorme peso sulle spalle e sullo stomaco, Beretta sin da subito ai pm racconta tutto. «Io è da quando ho 17 anni che frequento Curva Nord, ho sempre fatto tutta la trafila fino a diventare il capo». Il motivo della collaborazione è evidentemente correlato all’omicidio di Antonio Bellocco avvenuto il 4 settembre, all’interno del parcheggio antistante la palestra “Testudo” a Cernusco sul Naviglio. Un omicidio che Beretta confessa subito, giustificandolo come «reazione alla sussistenza di un progetto omicidiario» ordito nei suoi confronti dai suoi soci e amici più “fedeli”: Marco e Gianfranco Ferdico, Daniel D’Alessandro e lo stesso Antonio Bellocco, con l’obiettivo di «appropriarsi della sua attività di merchandising, dopo averlo accusato di essersi rubato parti consistenti di illeciti guadagni provenienti dalla Curva».
Per gli inquirenti, e come ricostruito attraverso i fatti e le dichiarazioni dello stesso Beretta, l’omicidio di Bellocco ha quindi costituito un antecedente fondamentale nel percorso verso la collaborazione per l’indagato, così come è emerso nella sua totale spontaneità nel corso di due colloqui in carcere avuti con la compagna. I toni sono a tratti drammatici e disperati, ma anche carichi di dolore e paura per ciò che sarebbe potuto accadere ad entrambi e alla famiglia. «O passo da una parte o passo dall’altra, non c’è una via di mezzo! O è bianco o è nero», dice Beretta. «Io purtroppo son finito, sono stato tirato in mezzo in certe cose (…) io ho sempre cercato di tutelare il negozio, dove c’era il tuo nome, volevano portarmelo via, volevano una fetta lì… tu devi capire che io sono fottuto… è successo che questi qui hanno fatto un’intercettazione telefonica e hanno detto che fanno una strage (…) non hai capito che non esco più, non esco più, esco morto…». E poi lo sfogo: «Mi hanno tradito tutti… mi ha tradito Marco, mi ha tradito il Padre (i due Ferdico ndr) mi ha tradito Antonio (Bellocco ndr), mi ha tradito Maurino (Nepi), mi hanno tradito tutti…».
Ai pm Beretta spiega subito che il mandante dell’omicidio di Boiocchi era lui. Cita una serie di discussioni avute, alcune anche dai toni accesi e violenti, fino al “suggerimento” da parte di un amico. «(…) faccio l’appuntamento con Maurino a Carugate, un pomeriggio, e mi dice “Guarda, c’è una persona che ti potrebbe risolvere il problema definitivamente di questa faccenda qua”, con Maurino prendo appuntamento…» e questa persona, secondo il racconto di Beretta, «era Marco Ferdico». I due si incontrano qualche giorno dopo, insieme al padre di Ferdico, Gianfranco. «Era un appartamento che non avevo mai visto, perché loro sono di Carugate (…) parliamo e mi dicono tutti i vari risvolti commerciali di Curva Nord… mi dicono che vogliono entrare con me sulla linea di comando, ed io accetto. Dopo un paio di giorni mi presentano, sotto il box di casa di Marco a Carugate, un personaggio, che era praticamente il padre di sangue della moglie, il suocero di Ferdico… e mi dice che è sia esperto di queste azioni qua perché al suo paese sono in faida… il suo paese è giù in Calabria, io quei paesi lì non è che sono andato a vedere… so che è calabrese di origini… ricordo che comunque, rispetto a tutti gli altri calabresi che conosco, era comunque in forma atleticamente…». E ancora: «Fornisco io l’arma, una 7.65 col carrello, che avevo sempre nella mia Santa Barbara, porto quest’arma e la proviamo davanti ai campi a casa di Marco…». (g.curcio@corrierecal.it)
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