CATANZARO «Sergio Ramelli non divide. Chi divide è chi lo rimuove, chi lo ignora, chi finge che la sua storia non sia degna di memoria. Noi affermiamo il valore della memoria condivisa: una memoria non selettiva, non partigiana, non strumentale. Una memoria che insegna che non si può dividere il dolore in categorie politiche, e che la democrazia si difende con il pensiero, non con la violenza. Che la politica è passione, mai odio». E’ quanto ha affermato Wanda Ferro (Fdi), sottosegretario all’Interno, prendendo parte a Catanzaro all’intitolazione di un giardino pubblico all’interno del Parco della Biodiversità Mediterranea a Sergio Ramelli, giovane militante del Fronte della Gioventù ucciso a colpi di chiave inglese nel 1975 da militanti di estrema sinistra. «Fu un delitto politico, premeditato, giustificato da una cultura dell’odio che ha prodotto decine di morti. Fu l’omicidio di un ragazzo indifeso, massacrato sotto casa, davanti agli occhi dei vicini, per quello che scrisse in un tema scolastico. Non era un violento, non cercava lo scontro, non agitava bastoni, non lanciava molotov. Sergio fu ucciso per quello che pensava. Quella stagione di violenza è lontana, ma ci sono inquietanti segnali di intolleranza che continuano a manifestarsi. Non con le spranghe, oggi, ma con il veto, con il silenzio imposto, con la censura ideologica. Ancora oggi, in alcune università italiane, c’è chi si arroga il diritto di decidere chi può parlare e chi no. Chi può salire in cattedra e chi deve tacere. Non possiamo accettare che si impedisca il libero confronto. Perché la violenza non è solo fisica: è anche culturale, è il rifiuto del dialogo, è l’imposizione del pensiero unico», ha detto ancora Wanda Ferro, che nell’ambito della stessa giornata ha portato le sue conclusioni all’incontro tenuto nel Museo Storico Militare di CATANZARO per la presentazione, insieme all’autore Guido Giraudo, del libro “Sergio Ramelli, una storia che fa ancora paura”. «Ricordare Sergio Ramelli – ha detto Ferro – significa anche difendere la libertà. La libertà di pensare, di parlare, di dissentire, di partecipare. E significa anche educare i giovani a questa libertà, spiegando loro quanto può costare l’odio ideologico, e quante vite ha spezzato. Per troppi anni il nome di Sergio è stato rimosso, nascosto, scomodo. Perché evocava una verità difficile da ammettere: che nel vortice di odio e di sangue degli anni Settanta ci sono state tante vittime tra i ragazzi della destra, e nessuno li ha mai pianti pubblicamente. Oggi rendiamo onore a una delle pagine più dolorose della nostra storia nazionale. Oggi compiamo un gesto di memoria, di verità e di giustizia. Perché ricordare Sergio Ramelli non è solo un atto doveroso, è un dovere morale, civile e nazionale. E lo facciamo nel modo più nobile possibile: con le parole, con la riflessione, con la memoria storica. Ma anche con un gesto concreto: l’intitolazione di un giardino pubblico in suo nome, grazie all’impegno dell’amministrazione provinciale di Catanzaro e del Comitato Sergio Ramelli». Il sottosegretario Wanda Ferro ha ricordato che in decine di città italiane ci sono strade intitolate a Sergio Ramelli, dopo la storica intitolazione avvenuta a Verona il 23 aprile 1988, grazie all’impegno del compianto Nicola Pasetto: «La richiesta che portò a quella prima intitolazione contiene tutte le motivazioni che ci hanno portato oggi a dedicare un giardino pubblico a Sergio Ramelli: “In nome di una pacificazione nazionale che accomuni in un’unica pietà i morti di un periodo oscuro della nostra Storia e come monito alle generazioni future affinché simili fatti non debbano più accadere”. È un messaggio alle nuove generazioni, perché conoscano queste pagine dolorose della storia della nostra Nazione e non dimentichino mai che la democrazia non può vivere senza memoria».
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