VIBO VALENTIA C’è una stretta correlazione tra un gravissimo fatto di sangue e un episodio rimasto nella storia di questo Paese. È il 2003, l’autunno è cominciato da pochi giorni, e due soggetti legati alla famiglia di ‘ndrangheta dei Maiolo stanno pianificando degli omicidi. Ulteriori delitti che si inseriscono in una faida sanguinosa proseguita dagli inizi degli anni ’80 fino ai primi anni del 2000, esplosa per il controllo delle Preserre vibonesi, teatro dello scontro tra la famiglia dei Maiolo-Emanuele e quella dei Loielo.
È su questo aspetto che l’inchiesta “Habanero” della Dda di Catanzaro si è concentrata, chiedendo il rinvio a giudizio per 24 indagati. Come accennato, c’è un fatto piuttosto curioso che emerge dall’inchiesta che si incastra alla perfezione con un evento eccezionale avvenuto in Italia più volte richiamato dopo quanto è avvenuto ieri tra Spagna, Portogallo e il sud della Francia: il blackout del 2003.
Ma andiamo con ordine. A fornire dettagli rilevanti agli inquirenti erano stati due collaboratori di giustizia: Michele Ganino e Luciano Oliva, permettendo così di ricostruire il periodo “di mezzo” tra il tentato omicidio di Enzo Taverniti, avvenuto il 9 settembre 2023, e l’omicidio dei cugini Gallace, Francesco e Giovanni, uccisi il 25 ottobre 2003. Il racconto di Ganino è lineare: Francesco Maiolo avrebbe preso la sua Mercedes di colore bianco, lasciandolo di fatto a piedi. L’utilizzo della sua auto nel tentato omicidio di Taverniti non solo è testimoniato dall’uso da parte di Maiolo, ma anche perché Ganino effettivamente non ha ritrovato quella sera il suo veicolo, pur cercandolo specie davanti all’abitazione dei Maiolo. La Mercedes, inoltre, verrà ritrovata soltanto il 17 settembre del 2003, parzialmente bruciata, dai Carabinieri di Montalto Uffugo (CS), in una zona prossima dove i fratelli Maiolo avevano trovato riparo dai Forastefano. «Francesco Maiolo – si legge nel verbale – mentre mi riferiva che in serata mi avrebbe fatto riportare la macchina, mi trovava il passaggio con un ragazzo, un avventore del bar che aveva un ciclomotore che provvedeva ad accompagnarmi a casa (…) poi quella sera mi sono fatto accompagnare ad Acquaro per cercare la mia macchina, non trovandola».
Taverniti, come noto, riesce a sfuggire all’agguato. «Dopo alcuni giorni, il cugino Francesco Maiolo e Angelo Maiolo sono venuti da me e mi hanno riferito che ritenevano di essere in pericolo perché avevano mancato Taverniti che durante l’agguato era stato soltanto ferito». Così racconta Ganino agli inquirenti. «(…) mi chiedevano anche di aiutarli e di offrire loro un posto sia per dormire che per mangiare. Io, che a questo punto non avevo scelta e temendo per la mia incolumità e della mia famiglia, mi vedevo costretto ad assecondare le loro richieste, anche perché mi avevano appena riferito di avere perpetrato un tentato omicidio…». I tre partono poi alla volta di Torino, così come di due Maiolo avevano chiesto a Ganino. Quest’ultimo agli inquirenti racconta di aver cercato i soldi alla madre, poco più di 2mila euro. «(…) mi sono recato a Torino insieme ad Angelo Maiolo e suo cugino Francesco. Nel tragitto ci siamo fermati mezza giornata a Pescara dalla madre di Angelo che abitava là insieme alla sorella e al cognato. Siamo partiti in treno fino a Torino…». A Torino i tre – sempre secondo il racconto di Ganino – vengono ospitati da Domenico Costa, «persona di rilievo nell’ambiente criminale anche per aver passato molti anni in carcere per via di un omicidio» annotano gli inquirenti. La loro permanenza nel capoluogo piemontese non sarebbe durata a lungo.
I tre, a bordo dell’auto – una Skoda o una Rover verde – di Francesco Maiolo (cl. ’83) si recano di nuovo in Calabria, in un’abitazione di San Giovanni di Mileto messa a disposizione da Domenico Costa. Durante questo periodo i Maiolo avrebbero così proposto a Ganino di partecipare all’omicidio di Francesco Gallace. Uno step necessario dopo il fallito agguato che avrebbe potuto innescare eventuali ritorsioni. Circostanza cristallizzata evidentemente nella memoria del collaboratore, proprio perché risalente al famosissimo blackout avvenuto in Italia il 28 settembre 2003, giorno peraltro vicino al suo compleanno. «(…) siamo stati ospiti a S. Giovanni di Mileto presso un’abitazione di Costa e dove abbiamo soggiornato per tre o quattro giorni» racconta Ganino agli inquirenti. «Angelo Maiolo mi chiese di partecipare all’omicidio di Francesco Gallace, ma io rifiutavo».
Ganino racconta agli inquirenti che, dopo il suo rifiuto, i tre si erano divisi. «Io sono tornato a Dasà». Ma il ricordo in Ganino è vivido proprio per il fatto eccezionale avvenuto. «Il giorno in cui mi è stata fatta la proposta omicidiaria era il giorno in cui c’è stato un blackout elettrico in tutta Italia…». Dopo quest’ultimo passaggio, Ganino, tramite l’intervento di Costa, è riuscito a non aderire al progetto omicidiario dei Maiolo, venendo avvisato da quest’ultimi di tenersi aggiornato circa possibili notizie proprio in riferimento al programmato omicidio. (g.curcio@corrierecal.it)
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