Mentre a Rende dalla campagna elettorale provengono utili rimandi storici al recupero delle periferie prima di Renzo Piano e a Cosenza si entra nel vivo di nuove riqualificazioni di quartieri degradati con soldi pubblici, dall’Università della Calabria si aggiunge una nuova cassetta di attrezzi in forma di ricerca collettiva pubblicata dalla prestigiosa casa editrice Franco Angeli con il titolo: “Futuri urbani. Crisi e nuovi volti delle città” curata dai docenti Maria Francesca D’Agostino e Francesco Raniolo. Il testo nasce dall’esperienza della Scuola di formazione permanente “Futuri urbani” dell’Unical che nel 2021 avvia un lavoro sul campo che ha aggredito nel miglior senso del termine il centro storico di Cosenza per “sperimentare” saperi critici utili a sviluppare nuovi scenari di sviluppo della città contemporanea.
Pur in presenza di un robusto corpus teorico nelle 290 pagine si rintracciano ulteriori numerosi elementi di conoscenza e discussione utili alla cittadinanza attiva e a quella politica locale ancora interessata a conoscere processi sociali in mutamento e con nuova evoluzione.
La ricerca ben incorniciata da tre illuminanti saggi prospettivi di Marta Petrusewicz sulla città moderna come spazio di libertà, sulla restanza rielaborata dal suo inventore Vito Teti, e su quello che “attraversa” e quello che “sta” dell’antropologo Fulvio Librandi. Si avvale anche di un utile paradigma sulla rigenerazione urbana elaborato da Walter Nocito e Gilda Catalano su alcune esperienze europee dagli anni Settanta al 2010, non mancandosi di sporcare le mani anche su alcuni successi comunicativi di Roma e Napoli ed evidenziando anche alcuni “insuccessi” operativi a Cosenza.
La polpa del conoscere si annida nella parte che sviscera la città vecchia cosentina attraverso cenni storici sempre utili da apprendere, mappatura dei cambiamenti e proposta di nuove sfide. L’archeologo polemista Battista Sangineto da par suo sintetizza una storia della città, ma mette anche il dito nella piaga di un centro storico senza popolo (ragionando sull’identità di Cosenza e dei cosentini) e formula la proposta provocatoria a fronte di errori commessi di non intervenire più sul centro storico lasciandolo “andare in rovina” per ricavarne straordinario fascino per nuovi grand tour.
È evidente il gusto del paradosso. Più realista la descrizione della periferizzazione della città antica a Cosenza da parte di Antonello Costabile e Antonella Coco che non risparmiano fendenti alla speculazione economica e soprattutto politica messa a confronto con il sano agire sociale dal basso. Quest’ultimo è una sorta di filo rosso che attraversa tutta la ricerca esemplificato con diverse testimonianze, dialoghi con protagonisti e racconti di dettaglio con esperienze creative quali il “photo mapping” per rinarrare il centro storico. Si affidano al testo tradizionale invece i ricercatori Simone Guglielmelli e Andrea Spallato, i quali raccontano e vivisezionano l’impegno di realtà della città vecchia come quella dell Comitato “Piazza Piccola”, la formazione che offrono San Pancrazio e Santa Lucia, lo sport popolare di “Lotta senza quartiere”, i servizi sanitari gratuiti dell’Auser, le attività culturali di Shiva e della Galleria d’arte Gaia. Altri diari comunitari arrivano con l’immancabile Radio Ciroma e con gli insegnanti delle scuole che lavorano sull’affidamento educativo.
Dopo il recente referendum sulla città unica, utile risulta confrontarsi con la mappatura della corona urbana cosentina tra benessere e fragilità comunale tracciata da Antonella Rita Ferrara e Rosanna Nisticò, in un ampio perimetro che non manca di abbracciare anche Casali del Manco e Montalto da compendiare con l’elaborato del professore Mimmo Cersosimo sull’urbano cosentino. Il professore torna a pigiare il tasto “su una possibile area vasta policentrica”. Tra le migliori ricerche si segnala quella della curatrice D’Agostino che storicizza con precisione la presenza dei rom a Cosenza dalla vecchia via Gergeri ai nuovi insediamenti rumeni. La grande novità di questo libro è data a mio parere dalla nascita di una nuova generazione di ricercatori dell’Unical che oltre ai già citati annovera anche l’esperta di fotografia Chiara Falcone, la sociologa di teatro partecipativo Alma Pisciotta e Pierluigi Vattimo osservatore di beni comuni anche a Parigi che ci fanno riflettere su come Arcavacata continui ad essere uno scrigno utile a comprendere il nostro complesso presente. Non tutte le migliori menti vanno via. Non ci dimentichiamo di quelle presenti per rigenerare il centro storico di Cosenza. (redazione@corrierecal.it)
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