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IL “CLAN DEGLI ZINGARI”

L’emancipazione della compagna del boss Nicola “Semiasse” Abbruzzese

Tra gli arrestati di oggi anche Finizia Pepe, per la Dda «autrice e partecipe delle condotte nel tempo contestate al clan». Dagli incontri ai messaggi ma anche il pagamento degli “stipendi”

Pubblicato il: 09/05/2025 – 12:05
di Giorgio Curcio
L’emancipazione della compagna del boss Nicola “Semiasse” Abbruzzese

COSENZA Una nuova inchiesta della Distrettuale antimafia di Catanzaro contro il famigerato “clan degli Zingari” che, da anni, è inserito nel contesto di matrice ‘ndranghetista, controlla il territorio della Sibaritide e dell’alto Ionio cosentino. Con i quattro arresti di oggi (più un divieto di dimora in Calabria) gli inquirenti questa volta si sono concentrati maggiormente su quelle “nuove figure” del panorama familiare degli Abbruzzese: Marco Abbruzzese (cl. ’81), stretto congiunto di altri soggetti al vertice della cosca omonima, e Finizia Pepe, compagna e convivente di “Semiasse” Nicola Abbruzzese. Entrambi, per la prima volta, vengono accusati di essere entranei a tutti gli effetti alla cosca di ‘ndrangheta, con un «rinnovato spessore criminale». Le attività investigative, infatti, avrebbero consentito di accertare come Marco Abbruzzese si sia reso responsabile di «condotte estorsive ai danni di imprenditori della zona di riferimento», seguendo proprio quel modus operandi già emerso dalle inchieste che, in passato, hanno colpito i familiari. Così come Finizia Pepe, considerata dall’accusa di non essere una «mera connivente» ma «autrice e partecipe delle condotte nel tempo contestate al clan».  

La compagna di “Semiasse”

Fari puntati, dunque, sulla compagna del boss degli Abbruzzese Nicola “Semiasse”, così come già riconosciuto da un sentenza di primo grado, cosca della Sibaritide capeggiata insieme al fratello Francesco “dentuzzo” che aveva sì trasferito il suo potere al figlio Luigi (cl. ’85) ma, tuttavia, la lunga latitanza aveva “costretto” Nicola, fratello di Francesco, a tenere le redini della famiglia e degli affari criminali, estesi anche nel settore degli stupefacenti. La Pepe, inoltre, è figlia di Damiano Pepe “Tripolino”, considerato dall’accusa «partecipe del locale di ‘ndrangheta di Corigliano», nonché «promotore della “Cosca degli Zingari” nell’area coriglianese alle dipendenze di Santo Carelli, sia sull’area cassanese, dove, alleatosi con gli Abbruzzese, «ha promosso la nascita dell’omonimo gruppo, portando avanti la storica contrapposizione con i Forastefano». La ricostruzione delle accuse della Distrettuale antimafia contro la compagna di “Semiasse” si muovono lungo tre direttrici: l‘apporto alla tenuta della contabilità, la trasmissione delle comunicazioni nel clan e la retribuzione dei sodali.  

Estorsioni e narcotraffico

Per quanto riguarda il primo aspetto, ovvero la contabilità, dato per certo che le entrate economiche della cosca erano generate dalle estorsioni agli imprenditori locali o ai privati e dl ricco traffico di droga, gli inquirenti hanno raccolto numerose intercettazioni degli Abbruzzese mentre discutono di «somme di denaro, consegne, distribuzione delle somme», oltre a numerosissimi riferimenti a nomi, somme, termini come “grammi” e “pacchi”. E, in questo contesto, Finizia Pepe non solo «avrebbe scritto le indicazioni che gli venivano impartite, ma avrebbe partecipato ai conteggi, in perfetta conoscenza, consapevolezza e condivisione», secondo l’accusa. La donna, quindi, non sarebbe stata solo una «addetta a trascrivere acriticamente nomi e numeri dettati dal compagno» ma avrebbe compreso «apertamente quanto stava accadendo», ben consapevole che quelli che venivano gestiti erano introiti del gruppo, destinati ai vari sodali ed alle spese collettive.

I messaggi e gli “stipendi”

Tra le accuse mosse alla compagna del boss, anche l’aver trasmesso comunicazioni e messaggi tra i componenti del clan. Attraverso un esame incrociato fra i dialoghi della coppia, le telefonate della donna e i movimenti dell’uomo, avrebbero consentito di far comprendere in maniera altamente indiziaria che «Abbruzzese si muovesse ed incontrasse gli altri correi in appuntamenti che venivano organizzati dalla donna». Infine, il ruolo di Finizia Pepe si sarebbe esteso anche nel compiere le “azioni tipiche” del legame che intercorre tra gli appartenenti allo stesso clan di ‘ndrangheta. Gli inquirenti sono partiti dalla figura di Gianluca Maestri, arrestato nell’operazione “Reset” del settembre 2022 e poi diventato collaboratore di giustizia. Il suo “stipendio”, infatti, verrà poi riscosso dalla compagna che, ogni mese, sarebbe stata contattata via messaggio dalla Pepe, «perché si recasse a Cassano proprio per riscuotere quanto dovuto al compagno», quantificato dallo stesso Maestri in poco più di 1.500 euro. Cifra che, dalla data del suo arresto, era cresciuta fino a 2mila euro evidentemente per far fronte alle maggiori difficoltà della famiglia del sodale finito in carcere, ma non solo. Secondo Maestri, infatti, l’aumento sarebbe stato dovuto anche per mantenere viva “l’affezione” al clan di Maestri del quale probabilmente nel gruppo si temeva una scelta collaborativa. Il tempo, effettivamente, darà loro ragione. (g.curcio@corrierecal.it)

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