CATANZARO Qualche mese fa il presidente del Coni, Giovanni Malagò, in Commissione Antimafia si disse «sorpreso» dalla presenza dei clan della ‘ndrangheta nelle curve di (alcuni) stadi italiani.
Dichiarazioni arrivate a qualche mese dall’inchiesta della Distrettuale antimafia di Milano “Doppia Curva” con l’arresto di diversi esponenti delle tifoserie ultrà di Inter e Milan. Oggi il ministro dello Sport, Andrea Abodi, ha fissato, invece, alcuni punti fondamentali, sollecitato dalle domande poste ad hoc in occasione della sua visita alla Cittadella regionale. L’ex presidente della Lega Serie B di calcio, infatti, ha parlato di «logica», quella che impone, cioè, di «non voltarsi indietro e pensare semplicemente che tanto c’è qualcuno che se ne stia occupando». Per il ministro infatti «gli stadi e in generale tutti i luoghi di sport, devono rappresentare decorosamente la società. Non considero tifosi quelli che decidono di non rispettare le leggi e anche le norme sportive».
C’è poi il tema della responsabilità delle società sportive. Secondo Abodi, infatti, «le società devono farsi carico di collaborare, perché non le lasceremo certamente sole in questa opera di “selezione selettiva”, perché io non credo al giudizio sommario e anche grossolano». Particolare interesse, poi, alle realtà giovanili che per Abodi vanno «conosciute, ascoltate, rispettate, nella misura in cui c’è un rispetto reciproco, e quelli che non rispettano la regola escono non solo dalle curve ma dallo stadio o dal palazzo dello sport e i club». Perché «i tesserati non devono avere rapporti né propri né impropri con soggetti che appartengono a una categoria che è molto chiara e definita che è quella dei delinquenti».
Giudizio netto da Abodi contro le responsabilità dei tesserati, sulla scia di quanto avvenuto nei giorni scorsi contro Inter e Milan e il “patteggiamento” delle squalifiche di mister Inzaghi. Per il ministro «chi sbaglia paga, anche tra i tesserati, chi ha sbagliato e ha pagato mi auguro che abbia compreso, ma tutto questo dobbiamo farlo emergere perché, altrimenti, rischiamo che si emettano giudizi anche da parte dell’opinione pubblica, a volte ingiusti». Perché «non siamo tutti uguali, c’è chi opera in maniera corretta e mi auguro che questo impegno che noi stiamo portando avanti, multidisciplinare e interistituzionale, produrrà gli effetti sperati perché vogliamo restituire al calcio la gioia del calcio». (g.curcio@corrierecal.it)
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