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la ricostruzione

Un «corteo di auto con a bordo Messina Denaro» quando fu ucciso Scopelliti: indagati boss di Cosa nostra e ‘ndrangheta

Secondo gli investigatori a sparare contro il giudice fu il figlio del boss Nitto Santapaola. Tra i 24 indagati anche boss della ‘ndrangheta

Pubblicato il: 20/05/2025 – 21:19
di Mariateresa Ripolo
Un «corteo di auto con a bordo Messina Denaro» quando fu ucciso Scopelliti: indagati boss di Cosa nostra e ‘ndrangheta

REGGIO CALABRIA Mentre l’auto del giudice Antonino Scopelliti precipitava in una scarpata a Piale di Villa San Giovanni, dopo essere stato raggiunto da diversi colpi di fucile calibro 12 caricato a pallettoni, ad assistere alla scena c’era anche Matteo Messina Denaro, che “quale capo mandamento di Castelvetrano ed esponente di spicco di Cosa Nostra”, – secondo gli investigatori – “concorreva a deliberare l’omicidio”. Una ricostruzione fornita nel decreto di perquisizione eseguito nelle settimane scorse dalla Squadra mobile a Messina, firmato dal procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo e dal sostituto della Dda Sara Parezzan. 
Sono 24 le persone iscritte nel registro degli indagati (compresi i boss deceduti) per l’omicidio del giudice Scopelliti, commesso il 9 agosto 1991. Una svolta che arriva a 34 anni dall’uccisione del magistrato che in Cassazione rappresentava la pubblica accusa nel maxiprocesso contro Cosa nostra. Un omicidio, secondo la Dda di Reggio Calabria “deliberato dall’organo di vertice, denominato Commissione, nel corso di una riunione svoltasi a Trapani nella primavera del 1991”. Ad essere indagati anche boss ed esponenti di spicco della ‘ndrangheta che avrebbero dunque agito in concorso con Cosa nostra per eliminare il magistrato. Oltre ai primi 17 ai quali fu notificato l’avviso di garanzia nel 2019 quando la Dda di Reggio Calabria aveva ritrovato il fucile grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Avola, nella nuova inchiesta risultano indagati anche Pasquale Condello, Giuseppe De Stefano, Giuseppe Morabito, Luigi Mancuso, Giuseppe Zito e il boss delle cosche “milanesi” Franco Coco Trovato.

L’omicidio

Dopo aver trascorso la giornata presso il lido il Gabbiano a Santa Trada, il magistrato si era messo a bordo della sua BMW per fare ritorno a casa. Arrivato in località Piale, alle 17.20 del 9 agosto del 1991, contro il giudice reggino furono esplosi diversi colpi da fucile calibro 12, caricato a pallettoni. Ad impugnare l’arma, un fucile “Zabala Hermanos“, secondo la ricostruzione, era Vincenzo Salvatore Santapaola, figlio del boss Nitto Santapaola, a bordo di una moto guidata da Maurizio Avola. I due erano seguiti “da un corteo di autovetture in cui vi erano, a bordo di un’Alfa Romeo 164, Matteo Messina Denaro ed Eugenio Galea, a bordo di una Mercedes, Aldo Ercolano (e successivamente, al momento della fuga, Vincenzo Salvatore Santapaola) e a bordo di una Fiat 1, Marcello D’Agata, presenti al fine di agevolare l’esecuzione e assicurare la buona riuscita del delitto, nonché per garantirsi l’impunità”.

Cosa nostra e il ruolo di Matteo Messina Denaro

Per gli investigatori il defunto boss Matteo Messina Denaro aveva trasmesso “l’ordine omicidiario ad Eugenio Galea, esponente di Cosa Nostra catanese”, “riceveva le informazioni operative relative alle abitudini di vita del magistrato da Salvo Lima“, si legge nel provvedimento, e “curava i contatti con un informatore locale rimasto ignoto che avvisava il gruppo incaricato dell’omicidio in ordine agli spostamenti del magistrato e forniva le indicazione operative necessarie all’individuazione dello stesso“. Il boss siciliano metteva a disposizione dei correi le “informazioni guidandone l’operazione” e presenziò “personalmente alle operazioni fornendo supporto aperativo a bordo dell’autovettura Alfa Romeo 164, a bordo della quale era presente anche il correo Aldo Ercolano, che componeva il corteo in ausilio allo sparatore”.
Benedetto Santapaola, detto “Nitto” – (nei confronti del quale non si procede per precedente giudicato assolutorio) – “a capo di Cosa Nostra catanese e della Sicilia Orientale, pur manifestando la propria contrarietà alla strategia stagista deliberata, avallava l’esecuzione dell’omicidio del magistrato, mettendo a disposizione il proprio gruppo e i legami coltivati con le cosche mafiose della ‘Ndrangheta”, “nella primavera del 1991 – secondo gli investigatori – aveva “fornito “il proprio avallo all’esecuzione del delitto”.

Gli indagati

Maurizio Avola (cl. ’61)
Santo Araniti (cl. ’47)
Pasquale Bertuca (cl. ’57)
Vincenzo Bertuca (cl.’50)
Pasquale Condello (cl. ’50)
Marcello D’Agata (cl. ’48)
Giorgio De Stefano (cl. ’48)
Giuseppe De Stefano (cl. ’69)
Aldo Ercolano (cl. ’60)
Eugenio Galea (cl. ’44)
Luigi Mancuso (cl. ’54)
Matteo Messina Denaro (deceduto)
Luigi Molinetti (cl. ’64)
Giuseppe Morabito (cl. ’34)
Antonino Pesce (cl. ’53)
Giuseppe Piromalli (cl. ’45)
Romeo Francesco (cl. ’40)
Santapaola Benedetto (cl. ’38)
Vincenzo Salvatore Santapaola (cl. ’69)
Giovanni Tegano (deceduto)
Pasquale Tegano (cl. ’55)
Franco Trovato (cl. ’47)
Giuseppe Zito (cl. ’38)
Vincenzo Zito (cl. ’58)

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