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‘Ndrangheta e politica, la “partita a poker” di Giglio: puntare tutto su Tripodi

Dopo il blitz “Libro Nero” e l’arresto di Nicolò il gruppo, pronto a tutto per far eleggere un loro uomo, si tuffa su una figura di riferimento nel mondo sanitario e politico

Pubblicato il: 21/05/2025 – 16:14
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta e politica, la “partita a poker” di Giglio: puntare tutto su Tripodi

REGGIO CALABRIA «Una bella partita a poker, con due mazzi di carte». Basta una frase per racchiudere il senso di una inchiesta (o almeno una sua parte) che all’alba di oggi ha portato all’arresto di 97 persone. Quantomeno ad accendere i riflettori sugli interessi della criminalità organizzata reggina nel mondo della politica, non solo a livello locale e regionale.

Il «gruppo Giglio»

A pronunciarla la frase sarebbe stato Vincenzo Giglio, già condannato in via definitiva e finito, oggi, agli arresti domiciliari insieme a Mario Giglio, Giuseppe Errante e Pasquale Tripodi, un gruppo accomunato da obiettivi elettorali, sebbene poco politici, tutti finiti peraltro ai domiciliari. A proposito di Vincenzo Giglio: secondo quanto emerso dalle indagini, fin dal marzo del 2018, si sarebbe mosso per «orientare il risultato delle successive competizioni elettorali», mettendo in piedi un sistema di procacciamento di voti «fondato sulle cointeressenze maturate, nel corso degli anni, nel sottobosco della criminalità organizzata e dagli altri esponenti del loro entourage». Obiettivo? Ottenere vantaggi personali, sebbene parlasse con il “noi”.

Prima le Europee, poi le Regionali

Dunque, sempre secondo quanto emerso dall’inchiesta, anche grazie alle intercettazioni, il primo step sarebbero state le Europee del 2019, poi le fasi preliminari delle Regionali del 2020. Il “gruppo Giglio”, quindi, si sarebbero mossi per far «convogliare i voti o comunque li promettevano ai candidati Alessandro Nicolò e Sebastiano Romeo», entrambi politici di lungo corso e, all’epoca, consiglieri regionali in carica. Oggi entrambi sono indagati a piede libero mentre su Nicolò pende ancora il giudizio del processo “Libro Nero”.
Quella di Vincenzo Giglio e i suoi collaboratori, dunque, non era dunque un vero spirito di “condivisione” del progetto politico dei candidati, ancora meno una spinta dettata da motivazioni ideologiche.

Pasquale Tripodi o la sua famiglia

Ad ostacolare i loro piani, proprio l’operazione “Libro Nero” e la successiva carcerazione di Nicolò e gli arresti domiciliari per Romeo. Che fare a questo punto? Secondo l’indagine, Giglio avrebbe virato quello che era, in quel determinato momento storico, «il riferimento politico su cui puntare per raggiungere il Consiglio Regionale per la Calabria: Pasquale Tripodi, soggetto impegnato in politica da almeno un ventennio e considerato organico nel settore delle sanità regionale. Dall’inchiesta vergata dalla Dda di Reggio Calabria, richiamando peraltro una informativa dei Carabinieri del 17 maggio 2021, Vincenzo Giglio, alla luce dei rapporti con Rocco Rugnetta (cl. ’67) finito in carcere e un altro soggetto, entrambi ritenuti «appartenenti alla cosca Alvaro di Sinopoli», non esitava a chiedere, una volta che Nicolò fosse uscito dalla scena politica, «appoggio elettorale in favore di Pasquale Tripodi».
C’è però un problema. Il “nuovo politico di riferimento”, infatti, aveva alle spalle precedenti penali, così avrebbe deciso di puntare sulla consorte a questo punto «candidata su cui far confluire i consensi elettorali garantiti dai coindagati, in cambio di future agevolazioni, condizionate dagli interessi mafiosi», annota il gip nell’ordinanza. Le indagini avrebbero documentato «allarmanti accordi con le famiglie di ‘ndrangheta egemoni sul territorio» e, al contempo, plurime ingerenze presso dirigenti e funzionari pubblici, interessando in particolare due campi: tributario e medico-sanitario. Andava così formandosi una “squadra” composta effettivamente da pregiudicati per reati commessi in contesti di ndrangheta o, comunque, da soggetti già coinvolti in procedimenti penali per fatti analoghi: i fratelli Vincenzo e Mario Giglio, Sebastiano Altomonte, Giuseppe Errante e, appunto, Pasquale Tripodi, soggetto che, secondo l’inchiesta, «avrebbe sempre coltivato interessi politico-istituzionali e relazioni con la criminalità organizzata».  

Il “niet” dal nazionale per la moglie di Tripodi

Gli ostacoli, però, non mancano. Il gruppo inizialmente aveva optato di far scendere in campo la figlia di Tripodi ma la condanna della Corte dei Conti in “Rimborsopoli”, e le potenziali polemiche, hanno spinto il gruppo a puntare sulla moglie tra le fila di “Fratelli d’Italia”. L’entusiasmo, però, verrà meno quando dal direttivo nazionale impongono il “niet”, spingendo la compagna a scegliere un’altra lista di centrodestra. Acquisita la candidatura, i Giglio avrebbero messo in piedi una campagna di procacciamento voti massiccia e spregiudicata, cercando – secondo gli inquirenti – non il mero sostegno elettorale alla candidata ma «il sostegno elettorale della criminalità organizzata, in cambio di favori e privilegi». L’inchiesta si fonda in larga parte su un numero elevato di intercettazioni in cui, ad esempio, Giglio, con un certo compiacimento, «specificava di non temere investigazioni a suo carico, essendo ormai avvezzo alle disavventure giudiziarie», mostrando l’elevatissima spregiudicatezza dell’indagato oltre che «la fitta rete di relazioni che egli si vantava di possedere e di sfruttare all’occorrenza». (g.curcio@corrierecal.it)

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