Curarsi in Calabria è possibile. Le storie di Antonella e Palmira dall’Annunziata di Cosenza – VIDEO
Storie di buona sanità. Il no alle cure in Germania e Svizzera. «A Cosenza ho trovato medici e sostegno psicologico»

COSENZA Spesso i pazienti soffrono non solo per le conseguenze della malattia, ma anche per le trappole burocratiche che la sanità genera in modo del tutto paradossale per l’assenza di modelli organizzativi e relazionali, moltiplicando il peso stesso della malattia. Criticità riconducibili al sistema sanitario pubblico, un paziente cagionevole in un contesto ambientale poco favorevole alla guarigione, per gli effetti della lunga stagione di tagli e per i mancati investimenti. Un labirinto che rischia di essere senza uscita con conseguenze sociali, economiche e territoriali. Che ha esasperato le diseguaglianze regionali, ampliando il divario tra Nord e Sud del Paese. Ma quello che leggerete sul Corriere della Calabria arriva come un messaggio opposto e contrario ai tanti che si focalizzano solo sui fatti di cronaca, ignorando chi si adopera a salvare vite umane, di giorno e di notte, rischiando insulti e aggressioni. E’ il luogo adatto per ospitarlo e per offrire spunti di riflessione sulle sfide della sanità calabrese, lontani da visioni parziali, percezioni distorte e per questo spesso pregiudizievoli. Non partendo questa volta dai massimi sistemi, ma semplicemente dalle storie di pazienti oncologici che hanno deciso di curarsi in Calabria. Ed in considerazione del fatto che il racconto è incentrato sulle esperienze personali, conserveremo un distacco obiettivo nonostante la ferma convinzione che sulla sanità le forze politiche dovrebbero deporre le armi e cercare soluzioni bipartisan perché è lecito scontrarsi su tutto ma non sulla gestione della sanità: la salute dei calabresi è una cosa seria. Le istantanee raccolte a Cosenza, Catanzaro, Locri e Reggio Calabria riguardano uomini e donne che ci accompagneranno verso il dibattito “Curarsi è prendersi cura” fissato per il 6 giugno nel Palazzo della Cultura, a Pizzo. Un incontro dedicato all’umanizzazione, il nuovo paradigma che vede al centro dei percorsi di cura la persona malata, un aspetto cruciale ma spesso trascurato nel dibattito sulla sanità pubblica.
“CURARE È PRENDERSI CURA” – Il programma completo dell’evento
Paola Militano
La scelta di restare
Quando ad Antonella viene diagnosticato un tumore, il primo pensiero va ai propri cari, alla figlia, al compagno, ad una diagnosi che inevitabilmente «ti cambia la vita». Smarrimento e incredulità possono diventare opprimenti. Antonella Cupone, racconta al Corriere della Calabria di aver vissuto in Svizzera, dell’inevitabile raccomandazione dei genitori di curarsi in terra elvetica e, al contrario, della decisione di restare e di affidarsi alle cure del reparto di Oncologia dell’Azienda ospedaliera di Cosenza, guidato da Carlo Capalbo. Che in 12 mesi ha incrementato del 131% il numero di visite oncologiche, portando le liste d’attesa da 40 a 6 giorni.
«Vivo a Roggiano Gravina ed all’ospedale Annunziata ho trovato un’equipe medica disponibile. Mi hanno spiegato tutto in maniera tempestiva. Ho conosciuto il dottor Salvatore Turano e ho deciso di restare qui».
Il perché della scelta. «Sono contenta, sarebbe stato difficile per me abbandonare temporaneamente i miei affetti, la famiglia. Qui ho accorciato i tempi di attesa previsti nelle grandi strutture. Sono una paziente attenta (sorride, ndr), i medici sono sempre disponibili e questo rende tutto più semplice». I momenti difficili, la paura, le cure. Antonella, quando la incontriamo in ospedale ha appena concluso il “follow up”. Il suo percorso è stato complesso. «Ho vissuto una fase difficile, ero impaurita per quanto stesse accadendo, per le terapie che avrei dovuto affrontare. I medici mi sono stati vicino anche nella fase iniziale della chemioterapia quando hai l’impressione di cominciare a combattere seriamente, ad armi pari, contro questo mostro» e sottolinea l’importanza del sostegno psicologico nel percorso di cura. «La cura della salute mentale è importante al pari di quella fisica perché arriva un momento in cui ti guardi allo specchio e non ti riconosci più». Antonella non nasconde la commozione, ma con sorriso luminoso, aggiunge: «Sono riuscita a tenere i nervi saldi ed avere accanto professionisti pronti a sostenermi, questo è fondamentale». Poi l’appello «Curarsi in Calabria è possibile, ma bisogna investire perché fare il medico a queste latitudini è difficile e lo stesso discorso vale anche per gli infermieri: in queste strutture si trovano sorrisi anche dopo tante ore di lavoro. Possiamo contare su grandi professionisti anche in Calabria ed in tutti i campi», ribadisce e incalza: «Restare vuol dire soffrire meno, gli affetti sono vicini e per un paziente è davvero importante».
I momenti difficili, la paura, le cure
Oggi sorride Antonella, quando la incontriamo in ospedale ha appena concluso una visita di routine. Il suo percorso, tuttavia, è stato complesso. «Ho vissuto una fase difficile, ero impaurita per quanto stesse accadendo, per le terapie che avrei dovuto affrontare. I medici sono stati sempre vicini, dall’inizio della chemioterapia – quando hai l’impressione di iniziare a combattere seriamente ad armi pari contro questo mostro – fino al prezioso supporto psicologico». La salute mentale è importante al pari di quella fisica, «arriva un momento in cui ti guardi allo specchio e non ti riconosci più». Antonella si commuove, il ricordo di quei momenti difficili è ancora vivo ma riacquista il sorriso e aggiunge: «Sono riuscita a tenere i nervi saldi ed avere accanto dei professionisti pronti a sostenerti. questo è fondamentale».
«Curarsi in Calabria è possibile»
In una regione, costretta a fare i conti con la carenza degli organici e con i numeri della “migrazione sanitaria”, ci sono anche storie che raccontano un’altra realtà. «Curarsi in Calabria è possibile, bisogna investire perché fare il medico a queste latitudini è difficile, lo stesso discorso vale anche per gli infermieri: in queste strutture si trovano tanti sorrisi anche dopo tante ore di lavoro. Possiamo contare su grandi professionisti anche in Calabria e in tutti i campi», sottolinea Antonella Cupone. Che poi chiosa: «Restare vuol dire soffrire meno durante i viaggi, gli affetti sono vicini e per un paziente è davvero importante».
Dalla Germania in Calabria, la storia di Palmira
Come Antonella, anche Palmira Abruzzino – pensionata di Cosenza – ha scelto di affidarsi ai medici dell’ospedale Annunziata. «I medici, gli infermieri e gli oss sono diventati la mia seconda famiglia». Le prime cure, la paziente, le ha ricevute in una struttura tedesca. «Sono stata fuori, in Germania, perché avevo dei parenti che vivono e lavorano in ospedale. Poi sono tornata in Calabria e mi trovo benissimo». Palmira racconta i dettagli della terapia.

«La mattina arrivo e tutti mi salutano, come se fossi una di loro. E’ importante perché ogni settimana devo recarmi in ospedale per delle cure e ogni 21 giorni devo sottopormi a terapie». L’ultimo ringraziamento è per il dottore Turano. «Mi è stato sempre accanto, è stata la prima persona che ho conosciuto in ospedale». (f.benincasa@corrierecal.it)
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