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Pd, resa dei conti dopo il congresso: la nuova direzione e le ricadute in ottica Regionali – NOMI

A Cosenza prende corpo l’accordo Adamo–Capalbo attorno all’ipotesi Pino Le Fosse segretario. La partita del candidato governatore (non dem)

Pubblicato il: 03/06/2025 – 10:53
di Eugenio Furia
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Pd, resa dei conti dopo il congresso: la nuova direzione e le ricadute in ottica Regionali – NOMI

COSENZA Una resa dei conti interna che, dopo aver ridisegnato gli organismi del partito, prepara soprattutto il campo e ricalibra gli equilibri in vista delle regionali 2026. Dietro la riconferma – scontata – di Nicola Irto, unico candidato alla segreteria regionale del Pd, si muovono dinamiche che esulano dalla chiamata congressuale e investono le prossime scadenze elettorali, più che i congressi provinciali, oltre a interessare i rapporti di forza nei territori. Prendiamo il Cosentino.

Accordo Adamo-Capalbo su Pino Le Fosse

Alla faccia del protagonismo delle quote rosa, nella provincia più estesa e dunque con più tesserati, due Nicola (Adamo e Irto) e due Pino (Capalbo e Le Fosse) sembrano muovere le pedine del risiko. Tra i dem bruzi le indiscrezioni parlano di un possibile accordo Adamo–Capalbo attorno al nome di Le Fosse, espressione del Pd di Corigliano-Rossano, vicino al segretario cittadino uscente Franco Madeo, che avrebbe convocato un direttivo per domani.
Una prospettiva che ha spinto alla mobilitazione le componenti contrarie: da Bevacqua a Iacucci, da Guccione a Mazzuca, fino al gruppo dei dissidenti guidati da De Simone e Bozzo. Questi ultimi starebbero valutando la possibilità di convergere su una rosa di nomi unitaria, come reazione all’assetto imposto.
Più che nei congressi provinciali, è probabile che le scelte che emergeranno parlino già di candidature al prossimo consiglio regionale, e di eventuali ticket territoriali, come un’alleanza tra Cosenza città e Corigliano-Rossano.

Le polemiche interne

Fin qui le ricadute nel Pd cosentino, notoriamente e storicamente squassato da correnti interne. Ma anche durante l’assemblea regionale del Partito democratico che ha preceduto il congresso, non sono mancate altre polemiche: alcuni delegati avevano già sollevato forti perplessità sulla fretta con cui è stato approvato il regolamento congressuale: distribuito in appena cinque copie cartacee in una sala con oltre cento presenti, è stato messo in votazione prima ancora che potesse essere letto o discusso.
Quel regolamento, a detta di molti, conteneva alcune evidenti «stranezze». Innanzitutto, il calendario congressuale anticipa il congresso regionale rispetto alle elezioni amministrative, scaricando l’eventuale bilancio politico dei risultati elettorali sui congressi provinciali e di circolo. Inoltre, i termini per la presentazione delle candidature alla segreteria regionale sono apparsi estremamente stretti, con un meccanismo di raccolta firme poco agevole e tutt’altro che trasparente.
Altro punto critico è la composizione della platea congressuale, che non si limita agli iscritti 2024, ma include anche i rinnovi effettuabili fino all’ultimo giorno utile (qui la notizia). Una scelta che rende di fatto impossibile conoscere in anticipo il numero effettivo degli aventi diritto al voto.
Secondo alcune interpretazioni interne, il congresso sarebbe stato accelerato anche per motivi di equilibrio politico nazionale. In particolare, c’è chi ritiene che l’obiettivo fosse blindare il ruolo di Nicola Irto nel partito, così da poterlo candidare al Senato in caso di sconfitta alle prossime elezioni regionali – ipotesi che in molti ritengono concreta. Una candidatura che potrebbe rientrare in un più ampio accordo di coalizione, in cui la presidenza della Regione verrebbe concessa a un esponente di un altro partito, mentre al Pd resterebbe la rappresentanza parlamentare.

Nubi sulla nuova direzione regionale

A pochi giorni di distanza, nuovi misteri sembrano aggiungersi ai precedenti. L’assemblea regionale dello scorso sabato, convocata per eleggere la nuova direzione, «si è svolta senza alcuna trasparenza» lamentano fonti interne al partito, e «la lista dei componenti è stata letta rapidamente in aula e non è mai stata pubblicata ufficialmente».
Tuttavia, grazie all’ascolto di una registrazione video in possesso del Corriere della Calabria, siamo in grado di ricostruire i nomi della maggior parte degli eletti (si attende comunque l’ufficializzazione: i ritardi nelle procedure sono legati alla pausa imposta dalla Festa della Repubblica), tra i quali spicca l’assenza di Vittorio Pecoraro, segretario uscente della federazione cosentina cui pare Irto avesse prefigurato un posto in direzione come “ricompensa” per il lavoro svolto e il passo indietro. In ogni caso non si esclude – spiegano vertici regionali del partito – che già alla prossima assemblea di metà luglio la direzione, come da statuto, potrà essere integrata con l’aggiunta di altri nomi.
Ecco comunque l’elenco ufficioso emerso: Francesco Colelli, Antonio Iannello, Concetta Castiglione, Salvatore Giorno, Pino Capalbo, Isabella Cario, Ermanno Cennamo, Giuseppe Ciardullo, Francesco Oliva, Rosanna Mazzia, Gianluca Falbo, Tania Abbruzzese, Gabriele Petrone, Giuseppe Ciacco, Renzo Gravino, Mariella Pecora, Enzo Giacco, Francesca Dorato, Giusy Panzea, Valerio Romano, Serena Minucci, Mimma Pacifici, Daniela Arfuso, Paola Carbone, Caterina Belcastro, Lucia Nucera, Maria Teresa Aiello, Gino Polimeni, Bruno Maiolo, Giuseppe Fortugno, Luigi Guglielmelli, Sergio Campanella, Giuseppe Dell’Aquila, Francesco Aiello, Francesca Reda, Rosanna Bianco, Paolo Pappaterra, Laura Pugliese, Daniela Russo, Giuseppe Candreva.
Secondo fonti interne, la nuova direzione sarebbe stata costruita anche per lanciare un messaggio in vista dei congressi provinciali: ridimensionare il ruolo dei segretari uscenti e riequilibrare il peso – giudicato eccessivo – dei consiglieri regionali.
Proprio nel Cosentino, ad esempio, appare evidente il premio assegnato al gruppo Bruno Bossio–Adamo, che otterrebbe ben quattro posti (tutti uomini): Gabriele Petrone, Enzo Giacco, Giuseppe Ciacco e Giuseppe Candreva. Questo, nonostante ad altri sia stato imposto di indicare due nomi, nel rispetto della parità di genere (il 50% di presenze femminili si calcola però sul totale degli eletti).
Il clima, insomma, è tutt’altro che disteso. E il congresso rischia di trasformarsi in un campo di battaglia tra strategie calate dall’alto e resistenze territoriali pronte a far valere il proprio peso. (e.furia@corrierecal.it)

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