COSENZA C’è qualcosa di vagamente surreale, e allo stesso tempo tremendamente familiare, nell’incontro di martedì scorso tra il sindaco Franz Caruso e Rita Scalise, amministratore unico del Cosenza calcio. Uno scatto – faccia tirata, sguardi rigidi – che racconta tutto (vedi foto in basso): un incontro dovuto, più che voluto, consumato in quell’anticamera della diplomazia che serve solo a prendere tempo quando non si hanno soluzioni.
La concessione dello stadio San Vito-Marulla per l’iscrizione al campionato di serie C è arrivata, come previsto. Il sindaco, messo di fronte a un bivio scomodo, ha scelto la responsabilità istituzionale. Ma la decisione (inevitabile, forse) è stata letta da molti come una resa. Non al buonsenso, ma al potere inamovibile della proprietà di Eugenio Guarascio.
Non a caso, da giorni Franz Caruso è finito nel mirino di molti tifosi. Complice, lo chiamano, nonostante abbia più volte dichiarato la sua avversione nei confronti del patron rossoblù (sempre martedì in una tv siciliana ha affermato che non è più una sua ambizione incontrare e confrontarsi con Guarascio). In questo stato di caos e sfinimento collettivo, Caruso è considerato complice del club dalla parte più calda della tifoseria non tanto per quello che ha fatto, quanto per quello che non ha fatto. In fondo, è questo il vero paradosso di questa storia: la politica locale è riuscita a mostrarsi fragorosamente presente solo nelle dichiarazioni, e drammaticamente assente in tutto il resto. Sui tavoli dove si decide davvero – quelli delle strategie, delle pressioni e delle scelte – non s’è vista anima viva. Solo comunicati.
Poi c’è Rita Scalise. Che prima aveva annunciato che non sarebbe andata all’incontro con Caruso per non esporsi mediaticamente – cosa legittima, in teoria – salvo poi presentarsi. E in effetti, mediaticamente, si è esposta. Eccome.
«È stato fatto l’impossibile, anche dal punto di vista finanziario, per mantenere la squadra in serie B». È questa la frase che ha fatto sobbalzare gran parte della tifoseria, non nuova alle dichiarazioni disallineate con la realtà, ma pur sempre sensibile al paradosso. Perché se questa era la versione “impossibile”, sarebbe interessante conoscere quella “normale”: una retrocessione, un mercato di riparazione evanescente, una squadra lasciata sola e una frattura profonda e irreparabile con il proprio pubblico.
Già, il pubblico. Quello contro cui il club ha preso decisioni miopi, che si sono ritorte contro la squadra stessa, come sottolineato anche dal tecnico Massimiliano Alvini. E allora forse il vero impossibile, in questa stagione, è stato riuscire a peggiorare ogni aspetto del rapporto con la piazza. Missione compiuta.
Sul futuro, poi, resta l’ambiguità. Il sindaco ha chiesto una cessione rapida, ma Scalise ha gettato acqua gelida sulle aspettative: «La società è privata, i tempi non sono velocissimi». Una risposta che stride con le recenti dichiarazioni ufficiali della stessa società, dove si parlava di trattative “positive” e “prossime alla definizione”. Ora, come spesso accade quando il Cosenza entra in modalità “riflusso”, tutto sembra di nuovo fermo. Anche l’interesse dell’imprenditore Vincenzo Oliva pare aver perso il ritmo iniziale.
Intanto la città aspetta, come sempre. Aspetta che qualcosa si muova, che qualcuno compri, che qualcun altro molli. Il teatrino è noto: promesse, incontri, smentite, sfiancamento. È il mercato delle illusioni, il grande classico della politica calcistica di provincia. La proprietà non vende, ma fa sapere che ci sta pensando. La politica si indigna, ma non incide. La tifoseria si arrabbia, ma è ormai esausta.
Il dato di fatto, è che il Cosenza calcio oggi è un club senza guida riconosciuta e senza legame emotivo con la propria gente. E in questo vuoto si consuma l’ennesima crisi di una città che ama la sua squadra ma non sa, o non può, difenderla. (f.veltri@corrierecal.it)
Il Corriere della Calabria è anche su Whatsapp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x