LAMEZIA TERME Una tesi che alla vigilia del ballottaggio di Lamezia Terme circolava molto tra gli addetti ai lavori e gli analisti politici era che Doris Lo Moro, candidata sindaco del centrosinistra, avrebbe potuto avvantaggiarsi, nel ballottaggio contro il candidato sindaco del centrodestra Mario Murone, anche del possibile “traino” del referendum. La tesi in pratica era che il sì ai cinque quesiti proposto dalla Cgil in primo luogo ma sostenuto fortemente anche dal Pd e dagli altri partiti di centrosinistra avrebbe dato un’ulteriore spinta a Lo Moro nella comunque difficile sfida al suo competitor. Ma analizzando i dati, anzitutto i dati del ministero dell’Interno riferiti alla città di Lamezia Terme, questa tesi viene clamorosamente e platealmente smentita, nel senso che i dati dicono che a sinistra i conti non tornano. E soprattutto non tornano a Doris Lo Moro. Perché – giusto per fare un esempio – domenica e lunedì al primo quesito referendario – quello sul reintegro del lavoratore dopo un licenziamento illegittimo – il sì a Lamezia Terme ha riportato oltre 16mila voti (16.188 per l’esattezza), oltre tremila voti in più di quelli che nelle stesse ore Lo Moro avrebbero ottenuto al ballottaggio (per Lo Moro alla fine dello spoglio i voti sono stati 12.097, per la precisione). E lo stesso trend si può notare anche per il sì agli altri quesiti del referendum. In definitiva, un “saldo” negativo per Lo Moro che autorizza sicuramente qualche interrogativo, anche abbastanza inquietante, un interrogativo dietro cui potrebbe celarsi un disimpegno di ampie aree del centrosinistra nella corsa della candidata sindaco. Basti pensare che la differenza tra Murone e Lo Moro è di 2.600 voti qualche riflessione, nel campo largo, forse dovrebbero farla… (a. c.)
Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x