Gratteri: «In Calabria siamo andati in profondità fino ai santuari degli intoccabili»
Il procuratore torna a Lamezia Terme: «Le mafie sono contemporanee, non sparano ma ci sono. Quando Nordio parla di pedinamenti mi viene da ridere»

LAMEZIA TERME «Durante i miei 7 anni in Calabria eravamo soli, non avevamo le spalle coperte da nessuno. Siamo andati in profondità e abbiamo toccato i santuari degli intoccabili, gente di cui si aveva pure paura a ripetere il nome, ottenendo risultati straordinari. Ma la cosa più importante è che abbiamo restituito fiducia ai calabresi». Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Napoli Nicola Gratteri, tornando a Lamezia Terme ospite del Festival Trame. Nella Piazzetta San Domenico, il magistrato ha dialogato con Emiliano Fittipaldi, presentando il suo ultimo libro Una Cosa Sola. Come le mafie si sono integrate al potere, scritto insieme ad Antonio Nicaso.
«Da 60 anni sento parlare di cani sciolti, le mafie sono contemporanee»
«Questa storia della sovrastima delle mafie la ascolto da quando ero bambino. Ogni volta che succedeva qualcosa si diceva che si trattasse di cani sciolti, che la mafia non c’era più. Sono sessant’anni che sento parlare di cani sciolti, ma le mafie sono contemporanee e fanno parte della società. Esisteranno per sempre se continueranno ad avere consenso». Su questo concetto insiste il Procuratore: «Fin quando la mattina andremo al bar a prenderci il caffè con il capomafia del paese, fino a quando andremo nei supermercati costruiti con i soldi della cocaina perché ha i prezzi migliori le mafie continueranno ad esistere». Un consenso quotidiano che si nasconde anche nella più banale delle azioni. «A Milano ci sono supermercati gestiti dalla ‘ndrangheta, mentre nel centro locali di lusso a cui vanno calciatori e attori a divertirsi. L’obiettivo non è solo quello di riciclare, ma di tessere rapporti sia per gli affari che per il consenso. Ai mondiali in Germania del 2006 c’erano ristoratori e imprenditori calabresi vicino ai quartieri generali delle squadre di calcio che avevano stretto rapporti con stelle del calcio mondiale».
Il cambio di passo delle polizie europee
Le mafie, spiega Gratteri, oggi «non sparano, sono mutate. Ma non significa che non ci sono più». Negli anni, però, si è evoluto anche il lato investigativo: se l’Italia fino a qualche anno fa poteva vantarsi degli investigatori migliori sul campo, oggi – spiega Gratteri con amarezza – non riesce a tenere quasi il passo dei paesi esteri. «Fino a 6-7 anni fa nessuna polizia giudiziaria poteva competere al mondo. Le polizie olandesi, francesi, tedesche venivano qui per imparare le nostre tecniche. Poi è successo che hanno iniziato a investire in software per intercettare ed entrare nel dark web. Io nel 1989 andavo in Olanda per spiegare dove fosse la ‘ndrangheta, poi a un certo punto la polizia olandese ha iniziato a “bucare” le piattaforme, ovvero i nuovi mezzi di comunicazioni delle mafie, che erano state in grado di costruirsi un proprio Whatsapp o Telegram. Quando mi ha chiamato il procuratore di Rotterdam per dirmi che avevano 20 mila file audio e foto e video della cocaina per me è stata un’umiliazione. Anche con i tedeschi, che quando è successa la strage di Duisburg sono venuti in Italia a chiederci aiuto, oggi ci danno migliaia di file».
«In Italia siamo ipocriti e falsamente garantisti»
È come se l’Italia, dal punto dell’evoluzione tecnologica investigativa, si fosse fermata. Per il procuratore ci sono due motivazioni, a partire da quella politica: «Chi ha governato non ha avuto una visione. Ricordo un politico che diceva che dovremmo fare una giornata con tutti gli errori giudiziari, io dico che dovremmo farla con tutti gli errori della politica. Non è corruzione, è proprio ignoranza e incompetenza. Il dramma dell’Italia è che ci sono persone sedute su una sedia e non sanno nemmeno come hanno fatto ad arrivare lì». Ma è anche colpa, aggiunge, dell’ipocrisia: «Se io inserisco uno spyware all’interno di un telefono, in tribunale devo spiegare come ho fatto a inserirlo. Ma all’avvocato deve interessare solo che il giudice mi ha autorizzato a farlo, non il come. Siamo ipocriti e falsamente garantisti, noi vogliamo sapere solo come si è riusciti per non incappare la prossima volta». Una piccola critica la lancia anche, con amarezza, alla nuova generazione di forze dell’ordine e di magistrati. «Sicuramente sono più preparati di noi dal punto di vista tecnico, ma non vedo l’attaccamento e la voglia di fatica. Una volta chi entrava in polizia ambiva a far parte del reparto mobile, lo stesso nei carabinieri e nel nucleo operativo. Anche in molti magistrati di oggi non vedo questo “sacro fuoco” che avevamo prima». Infine, un commento sul ministro Nordio e sulle intercettazioni: Pronunciandosi sul Ministro della Giustizia Carlo Nordio ha poi aggiunto: «Quando il ministro Nordio dice che bisogna tornare ai pedinamenti perché si esagera con le intercettazioni mi viene da ridere. Oppure quando, tre mesi prima che diventasse ministro, diceva che le intercettazioni costano troppo. Bisogna dire che con le intercettazioni lo Stato ci guadagna, la Procura di Napoli è la procura che spende più di tutto, 5 milioni di euro all’anno, però poi si vedono i risultati». (redazione@corrierecal.it)
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