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memoria e impegno

Due madri coraggio, un dolore senza fine: Elsa e Sara ancora in attesa di giustizia

Di Francesco Vangeli e Matteo Vinci, uccisi entrambi nel 2018, non resta neanche un corpo su cui piangere. La lunga attesa che la giustizia faccia il suo corso

Pubblicato il: 26/06/2025 – 6:46
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Due madri coraggio, un dolore senza fine: Elsa e Sara ancora in attesa di giustizia

VIBO VALENTIA Ne hanno versate di lacrime in questi anni. Da sole, nel silenzio delle loro case, o in pubblico, avvolte dall’abbraccio delle persone. Entrambe accomunate dall’immenso dolore di due donne a cui è stato sottratto, con violenza e disumanità, il figlio. Ogni giorno Elsa, nel piccolo paese di Scaliti di Filandari, passa di fronte il volto di Francesco, raffigurato in un ritratto nel centro della piazza. Così come Sara, a Limbadi, guarda suo figlio Matteo e quello striscione che dal 2018 non si è mosso dalla facciata di casa sua. Entra vittime di due storie tragiche, emblematiche della violenza ‘ndranghetista che per anni ha pervaso il territorio vibonese.

Due storie tragiche

Francesco Vangeli aveva solo 25 anni quando, attirato in una trappola, è stato sparato, chiuso ancora vivo in un sacco della spazzatura e gettato nel fiume Mesima. Il suo corpo non è mai stato più ritrovato, aggiungendosi alla tragica lista delle vittime di lupara bianca calabresi. Si era innamorato della ragazza sbagliata, “contesa” anche dal rampollo di una famiglia legata agli ambienti malavitosi. «Quel giorno (il 9 ottobre 2018, ndr) mio figlio mi salutò, mi disse “ci vediamo dopo”. Non è più tornato. A me non resta neanche un corpo su cui piangere» raccontò in lacrime mamma Elsa pochi mesi fa. Anche del corpo di Matteo Vinci, ucciso il 9 aprile 2018 con un’autobomba, non è rimasto niente. Una violenta «contesa di vicinato» alla base del suo omicidio, come hanno scritto i giudici d’appello. I genitori, Sara e Francesco, da anni denunciavano le vessazioni subite dai vicini per una piccola striscia di terra contesa. Un motivo futile dalle conseguenze tragiche: una bomba piazzata sotto la Ford Fiesta della famiglia Vinci, innescata a distanza da un telecomando. Fu colpito in pieno il biologo di 42 anni, mentre ne uscì gravemente ferito il padre Francesco, che già in passato era stato violentemente aggredito. La mamma Sara, un anno fa ai microfoni del Corriere della Calabria, aveva detto: «Matteo non ce lo ridarà nessuno, ma chiediamo certezza della pena».

Per la giustizia bisognerà ancora aspettare

A distanza di 7 anni Elsa e Sara cercano ancora giustizia. La prima, insieme a Libera e circondata dall’amore dei figli Marco e Federico, trova il coraggio e la forza d’animo di parlare nelle scuole agli studenti che commossi ascoltano le sue parole. A loro si rivolge anche Sara, che pochi giorni fa ha presieduto alla premiazione per la borsa di studio che porta il nome di suo figlio. Hanno cercato di trasformare quel dolore eterno, che non potrà mai essere lenito, in impegno e speranza da donare ai giovani, a un territorio in cerca di futuro e giustizia. Quest’ultima che però tarda ad arrivare: i due principali imputati nei rispettivi processi, condannati in appello all’ergastolo e a 29 anni di carcere, sono stati scarcerati dopo che la Cassazione ne ha annullato con rinvio la pena. Per Rosaria Mancuso, ritenuta mandante dell’omicidio di Matteo Vinci, e Antonio Prostamo, considerato esecutore dell’omicidio di Francesco Vangeli, sono scaduti i termini della misura cautelare. Si attenderanno ora le motivazioni della sentenza degli ermellini, poi ci sarà un nuovo giudizio in appello. Sacrosanto il diritto a difendersi e la giurisprudenza, ma resta il dolore dei famigliari che dovranno aspettare ancora per la verità processuale sulla morte dei figli. «È come se avessero ucciso Francesco una seconda volta» è il commento doloroso di mamma Elsa. In attesa del verdetto dei giudici, alla società civile l’impegno e la responsabilità di non lasciare sole Elsa e Sara. (ma.ru.)

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