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La tragedia del luglio 1985

Quarant’anni fa moriva Gianluca Canonico, il bambino ucciso “per caso”

Si spense dopo giorni di agonia a Reggio Calabria, a soli 10 anni. Fatale un proiettile vagante, sparato dopo una rissa tra giovani

Pubblicato il: 08/07/2025 – 11:53
di Antonino Casadonte
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Quarant’anni fa moriva Gianluca Canonico, il bambino ucciso “per caso”

REGGIO CALABRIA Ci sono fiumi di pagine di giornale, caterve di programmi televisivi e una miriade di storie relative alle vittime innocenti della violenza, che si tratti di persone cadute per mano della mafia o a causa di proiettili destinati ad altri “obiettivi”. In quest’ultima categoria rientra uno degli episodi più significativi e tragici in assoluto: quello riguardante Gianluca Canonico, bambino di dieci anni ucciso “per sbaglio” a Reggio Calabria l’8 luglio del 1985, esattamente quarant’anni fa. Nell’anniversario della sua morte, ripercorriamo uno dei casi più strani e sfortunati avvenuti nella nostra Regione e, forse, in tutta Italia.

La storia

Erano gli anni Ottanta, il periodo delle crisi politiche, delle rivendicazioni sociali, delle novità nel campo della musica, della moda e della tecnologia e, in Calabria, anche delle guerre di ‘ndrangheta. Un clima certamente ostile, che però non interessava il piccolo Gianluca Canonico. Perché lui era solo un bambino di dieci anni e, come tanti ragazzi e ragazze della sua età, pensava a divertirsi, a sognare, a vivere di speranze e miti. Il piccolo viveva a Roma con la madre, ma nel luglio del 1985 si trovava a Reggio Calabria per fare visita al padre Pietro, un poliziotto in servizio nella “Città dei Bronzi”. La sera del 3 decise di uscire fuori dalla sua casa, situata in via Fratelli Spagnolo, nel rione Pescatori, periferia Sud della città, per giocare, come spesso amava fare. Un qualsiasi bambino del mondo, con la mente innocente e lontana dalla violenza come la sua, mai avrebbe potuto immaginare quello che sarebbe avvenuto di lì a poco: un colpo di pistola destinato a un altro “obiettivo” lo raggiunge alla testa. È il dramma. Il piccolo viene trasportato d’urgenza all’ospedale Riuniti in condizioni critiche, lotta per quasi cinque giorni sul sottilissimo confine tra la vita e la morte. Poi, l’8 luglio, il tragico epilogo: Gianluca Canonico, dieci anni, è deceduto.

L’antefatto, il killer, la condanna

Lo stesso giorno Francesco Nicolò, 17 anni, si costituì, dichiarando di aver sparato per reagire ad un’aggressione. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, infatti, c’è un antefatto dietro il colpo di pistola esploso quella sera del 3 luglio. Nicolò, insieme ad altri due amici, ebbe un diverbio con un gruppo di quattro ragazzi in via Torricelli, a due passi dallo stadio “Granillo”. Giovanni Laganà, Gaetano Germoleo e i fratelli e Alfredo e Sebastiano Vinci, questi i loro nomi, lo accusarono per un parcheggio eseguito male e, forse, per una questione di ragazze. Ne scaturì una rissa dalla quale Nicolò, insieme ai compagni Angelo Quartuccio e Natale Grenzi, ebbe la peggio. Per vendicarsi, salì in sella a una moto guidata da un complice, mai identificato, e puntò dritto verso casa Vinci, dove nel frattempo si era recato il gruppo “avversario”. Scorse il “nemico”, tirò fuori la pistola e fece fuoco: non colpì l'”obiettivo” desiderato, ma il povero Gianluca. Una vicenda paradossale, dopo la quale seguì il processo: in primo grado il Tribunale dei Minori lo condannò a dodici anni e mezzo, pena aumentata a 14 anni e 6 mesi in Appello perché i giudici non riconobbero le attenuanti della provocazione subita e della non piena consapevolezza. Giustizia fu fatta si direbbe, eppure il caso è più intricato di quanto sembra e ancora oggi non si hanno alcune risposte: ad esempio sul complice di Nicolò, che guidava la moto quella sera, non è mai stata fatta luce, oppure sull’arma del delitto, visto che la pistola consegnata da Nicolò, secondo i rilievi, non era la stessa dalla quale partì il colpo il 3 luglio.

«Nessuno mi ha mai chiesto scusa, non perdonerò mai»

Protagonista di questa assurda vicenda è stato, inevitabilmente, anche il padre di Gianluca: ha vissuto da testimone la morte del proprio figlio, un dolore inimmaginabile, si è costituito parte civile a processo, ha sofferto e soffre tutt’ora. Oggi Pietro Canonico va in giro per l’Italia a raccontare la storia del piccolo, un impegno per tentare di sensibilizzare soprattutto i più giovani sul tema della lotta alla violenza. Anni fa, gli venne chiesto cosa ne pensasse del killer, rispose: «Nessuno mi ha mai chiesto scusa, non potrò mai perdonare». Già, perché la ferita per la perdita di un figlio, per giunta ucciso “casualmente”, è forse troppo ampia per potersi rimarginare. Un qualcosa che, a distanza di quarant’anni da quella maledetta sera dell’8 luglio del 1985, non si può e non si deve dimenticare.

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