La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, quei “punti di vista” che fanno bene all’Italia
Nessuna “invasione di campo”, quindi, nessuna limitazione della sovranità

«Bisogna riconoscere che non sempre -e non in ogni periodo della sua lunga storia- la giurisdizione ha dato prova di effettiva indipendenza e, per quel che ora m’interessa evidenziare, ha dato dimostrazione di resistere ad istanze autoritarie.
Durante il Ventennio, ad esempio, la giurisdizione, salvo rare eccezioni, si addormentò in un lungo letargo civile e, soltanto sotto la luce della Costituzione riprese animo, a cominciare dalle prime decisioni della Corte Costituzionale (che peraltro intervennero dopo molto tempo dalla sua istituzione), un organo che forse ad oggi ha dato la miglior prova di “tenuta” fra le nostre istituzioni democratiche.
Come noi operatori del diritto ben sappiamo, il governo italiano ha innescato, oramai da tempo, un “braccio di ferro” con la Magistratura nella materia dell’immigrazione, ”rea” di applicare la legge inflessibilmente e con interpretazioni coerenti rispetto alla Costituzione ed alle Convenzioni internazionali.
Su questo tema – ma ve ne sono molti altri sui quali, qui ed ora, non conviene discorrere: si pensi alla riforma costituzionale della separazione delle carriere imposta a colpi di maggioranza secondo una metodologia tutt’altro che condivisibile…- i giudici italiani, rispetto a respingimenti illegali di “poveri cristi” in cerca di un mondo migliore ed a lager fuori dai confini nazionali, hanno opposto una resistenza civile ammirevole, relegando le istanze autoritarie, che stanno avvelenando le basi dell’accoglienza e della solidarietà (sulle quali è fondato il patto sociale degli italiani), nel recinto della illegalità e sottraendo ai governi non il diritto ma la facoltà di decidere da soli circa la sicurezza dei paesi di provenienza di questa povera gente.
Ed è qui che la giurisdizione può e deve intervenire nel vietare un’applicazione della legge contraria ai principi di umanità e di solidarietà che ogni specifico caso richiede.
Perché, vedete, per ciascuno di questi migranti le storie sono differenti, l’approccio con le leggi degli Stati di provenienza -e la loro applicazione- si atteggia secondo realtà ogni volta dissimili e tante volte diseguali anche negli stessi ambiti territoriali, ciò che impone uno scrutinio particolare che soltanto la giurisdizione può compiere. Di qui il richiamo alla sicurezza per l’intera popolazione, ossia anche per fasce sociali “senza diritti”.
Nessuna “invasione di campo”, quindi, nessuna limitazione della sovranità: semmai qui viene in gioco il precipuo compito della Magistratura di applicare le leggi secondo una visione costituzionalmente e convenzionalmente orientata, in linea con i principi fondamentali della nostra democrazia.
Ed è per questo motivo che la Corte di Giustizia europea, ha dovuto sottolineare un “punto di vista” che appartiene alla comunità degli Stati d’Europa, ossia che la legge è uguale per tutti ma è il giudice a doverla applicare al caso concreto, guardando a ciascuno; ed in primo luogo alla persona umana che, peraltro, nel nostro Ordinamento italiano, è assistita da garanzie inviolabili.
Vedete, questa è una delle cose più belle del nostro aver aderito ad una giustizia sovranazionale: perché essa ci consente – oltre a questo vi sono moltissimi altri casi simili…- di ritrovare il senso di alcuni principi che, nella temperie normativa di governi di segno diverso, finiscono per smarrirsi.
Perciò, il “punto di vista” del giudice sovranazionale ci può aiutare, come in effetti ci soccorre, nel ritrovare quei limiti invalicabili che la legge nazionale talvolta non si accorge di valicare.
E che spesso, per ragioni politiche nazionali, neanche le Corti sovrane nazionali riescono a scrutinare.
Questo “punto di vista” esterno rispetto al sistema nazionale, dunque, è capace di trasformare ciò che si vede (Leibniz),facendo ritrovare l’orizzonte della corretta applicazione delle regole condivise.
Ed è comprensibile che chi credeva di poter fare tutto soltanto con l’occupazione (per carità legittima) del potere, rimanga deluso.
Il nostro, infatti, è un sistema nel quale ogni potere, fra i tre, non può prevalere sull’altro e ciascuno di essi trova freni e contrappesi (checks and balances) negli altri, ossia ogni potere dello Stato (legislativo, esecutivo e giudiziario) ha la capacità di influenzare e limitare l’azione degli altri, così garantendo un equilibrio istituzionale e la tutela dei diritti dei cittadini.
Mi rendo conto che il richiamo al doveroso scrutinio della giurisdizione può far “masticare male” qualche “ducetto de noantri”, ma la vera anomalia non è certo questa: il paradosso è che proprio in Italia, per affermare un principio elementare di civiltà del diritto, sia dovuta intervenire la Corte di Giustizia dell’Unione Europea. E questo la dice lunga sui tempi che viviamo…».
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